Anche quest’anno dunque, martedì 19 maggio alle ore 7 ci troviamo, circa cinquanta pellegrini, sulla Piazza della fiera, pronti per il nostro viaggio: meta la Certosa di Pavia e visita della città. Al desiderio di conoscere la bellezza del luogo ed in particolare la Certosa, si aggiunge la curiosità per la vita monastica dei Certosini; infatti, oggi più che mai, l’ideadi una vita vissuta in un monastero di clausura ci stupisce e ci affascina.
Il viaggio sereno, su un confortevole pullman, la recita delle preghiere, qualche canto, il passaggio dai paesaggi montani della nostra valle alla dolcezza della pianura nel pieno rigoglio della tarda primavera non ci fanno sentire la lunghezza del tragitto durato quasi quattro ore. Le 11 sono l’ora fissata per la visita della città di Pavia con partenza dal castello dei Visconti davanti al quale ci troviamo. Una simpatica e preparata accompagnatrice racconta la storia di questa città che fu capitale del Regno longobardo e, in seguito, importante Comune medievale. Notiamo i torrioni angolari del castello di cui manca il quarto a nord, distrutto nel 1527 e mai ricostruito, ammiriamo i due ordini di bifore gotiche e l’armonia dell’insieme.
Alla Certosa di Pavia. (foto Mario Bompard) |
Passando davanti all’Università e accanto alle tre torri romaniche giungiamo al Palazzo del Broletto e l’abside del Duomo. Ci fermiamo di fronte ad altre bellissime chiese come quella del Carmine e la romanica chiesa di S. Michele, il più insigne monumento di Pavia, dove vennero incoronati re ed imperatori.
Il Corso Garibaldi ci porta al Ponte coperto sul Ticino, ricostruito nel dopoguerra, ma non più simile a quello del 1354. Ripensiamo alle splendide facciate romaniche delle chiese di Pavia, immagini che non vorremmo dimenticare.
Intanto arrivano le 13, ora del pranzo, e sull’autobus ci dirigiamo verso la campagna. Dopo un breve tragitto giungiamo ad un ristorante “all’aperto”, ma coperto da una tettoia quasi nascosta dalla vegetazione. Siamo immersi nella natura in una giornata tiepida e soleggiata, consumiamo il nostro pranzo, come sempre nei pellegrinaggi, scelto con cura e buon gusto e, soddisfatti, continuiamo la nostra giornata che comprende ancora una visita importante, quella della e buon gusto e, soddisfatti, continuiamo la nostra giornata che comprende ancora una visita importante, quella della Certosa che sorge a una decina di chilometri dalla città, poco lontano da dove ci ritroviamo ora.
L’Abbazia della Certosa di Pavia è uno dei principali monumenti rinascimentali lombardi. Fu fondata nel 1500. Essa ci appare, dopo aver percorso un breve viale, nella sua bianca facciata marmorea. L’interno che prelude all’arte del rinascimento, ha in fondo una cancellata del 1660 e porta, ai lati, numerose Cappelle, tutte ricche di pitture e sculture di grandi artisti. Nel transetto sinistro si trovano le statue tombali di Beatrice d’Este e di Ludovico il Moro. Nel transetto destro c’è il sepolcro di Giangaleazzo Visconti. Il presbiterio è ricco di affreschi e di un artistico coro ligneo intarsiato.
Dopo aver visitato la chiesa, in una Cappella partecipiamo alla S. Messa celebrata dal nostro Parroco e preghiamo secondo le intenzioni che abbiamo nel cuore, aiutati dal raccoglimento e dalla spiritualità del luogo.
Dalla chiesa passiamo nel chiostro piccolo, artistico ed armonioso ed in seguito in quello grande, ornato da decorazioni in terracotta e da qui ci avviciniamo alle celle dei Certosini. Ci piacerebbe saperle abitate, vorremmo pensarle come celle di monaci che vi passano parte della loro giornata in preghiera, nello studio, nella copiatura e decorazione amanuense dei libri; come pure vorremmo vedere un refettorio gremito di monaci, un coro affollato di Certosini, ma quelli che incontriamo sono soltanto tre e pare che questo grande complesso non ne ospiti più di cinque. Eppure il pensiero va alle numerose ore diurne e notturne trascorse in preghiera da tanti monaci che vi sono vissuti; va alle loro ore di lavoro manuale nei campi e nei chiostri, va alla continua lode al Signore cantata in questo luogo nei secoli passati. La gran parte delle celle oggi è vuota, la navata della chiesa in due finestre presenta un trompe l’oeil e vediamo un monaco affacciato osservare e benedire: ma è soltanto un’immagine! La domanda che segue è la solita: «Perché non ci sono più vocazioni?». Eppure la presenza del Signore che tutti sentiamo, il meraviglioso chiostro, il silenzio, la semplicità delle celle hanno un grande fascino e quasi dispiace allontanarsi.
C’è un’ultima visita al negozietto dove si vendono liquori, essenze, tisane, profumi, medicinali, preparati dai monaci, insieme ad altri articoli ricordo che ci fanno pensare a chi abbiamo lasciato a casa e che vorremmo qui con noi. C’è tempo per scrivere una cartolina, gustare un caffè o una bevanda e si risale sul pullman con il cuore colmo di immagini sacre ed artistiche che invitano alla preghiera.
Milena Rossetti