PELLEGRINAGGIO A ROMA (2ª
PARTE)
II pellegrinaggio alle tombe dei martiri,
tra il II e il IX secolo
A Roma, già dai primi tempi della diffusione del cristianesimo, la
visita alle tombe dei martiri fu un motivo di devozione e un’occasione per
fortificare la fede. Molti studiosi ritengono che la base del sorgere del
Pellegrinaggio alle Catacombe,1 derivi dalla consuetudine degli abitanti di
Roma, di onorare i propri defunti: chi andava presso la tomba di un parente,
non mancava di soffermarsi vicino a quelle dei martiri sepolti in quel
complesso cimiteriale; quando con il passare delle generazioni, si affievolì il
ricordo di quel defunto, rimase l’abitudine di recarsi presso le sepolture dei
martiri, soprattutto nel loro dies natalis,2 per invocarne la
protezione.
Inizialmente, i cristiani furono sepolti nelle stesse aree
funerarie usate dai pagani, ma ben presto sorse in loro il desiderio di avere
delle aree proprie, per continuare, dopo la morte, il loro senso di comunità,
per celebrarvi i riti funerari di suffragio e per garantire una sepoltura
dignitosa ai fratelli più poveri. Dato che leggi romane, proibivano di
seppellire i cadaveri all’interno della città,3 le tombe erano poste
all’esterno delle mura, prevalentemente lungo strade. Le famiglie facoltose che
possedevano terreni propri lungo le vie o che avevano la possibilità di
acquistarli, vi facevano erigere delle tombe monumentali, sulle cui pareti
esterne, erano poste le iscrizioni che elencavano le cariche ricoperte in vita,
dai vari personaggi inumati.4 Il costo dei terreni intorno alla città, era
molto alto; per ovviare a questo, coloro i quali appartenevano al ceto medio,
spesso si riunivano in associazioni di mestiere e comperavano uno spazio su cui
costruivano un colombario, un edificio che aveva molte cellette, in cui
disponevano le urne con le ceneri dei defunti. Lo stato romano aveva disposto
che per i più poveri, che non potevano permettersi una sepoltura individuale,
per evitare che i corpi rimanessero insepolti, ci fossero delle fosse comuni;
qui finivano le salme di molti cristiani, che, in maggioranza, appartenevano
alle classi più umili. Questo fatto, era causa di dolore per i Cristiani che
intendevano salvaguardare l’integrità dei loro resti mortali in attesa della
resurrezione; è da notare che, mentre i pagani chiamavano gli spazi funerari
“necropoli”, città dei morti, i cristiani, li chiamavano “cimiteri”,5 cioè
luoghi dove i defunti riposano in attesa della resurrezione.
Il primo cimitero comunitario fu quello che sorse, agli inizi del
III secolo, tra la via Ardeatina e la via Appia, quando, il papa Zefirino
incaricò il diacono Callisto di predisporre un’area in cui i Cristiani potessero
trovare sepoltura;6 in seguito, ne vennero predisposti altri, su terreni donati
da benefattori o acquistati con il contributo dei fedeli; a metà del IV secolo
erano oltre sessanta, dislocati lungo le vie che, dalle mura, si inoltravano
nel suburbio. Il nome delle aree funerarie, era quello della persona che aveva
donato il fondo o quello della località in cui si trovavano, ma molto spesso
quest’ultimo era sostituito dal nome dei martiri che vi erano sepolti. Questi
cimiteri, avevano una parte a cielo aperto e un’altra sotterranea: infatti, per
sfruttare al meglio lo spazio, nel sottosuolo, vennero scavati più piani di
gallerie,7 lungo le cui pareti si ricavavano i loculi, sovrapposti in pile
anche di sette; qui le salme erano deposte avvolte in un lenzuolo, prive di
ornamenti e di corredo funerario; la chiusura era effettuata mediante tegole, lastre di
pietra o di marmo di reimpiego. Per parecchi decenni, le tombe rimasero
anonime, poi, ad iniziare della seconda metà del III secolo, dapprima alcune,
poi sempre in maggior numero, le chiusure recarono il nome del defunto, gli anni
in cui era vissuto e, talvolta, la professione esercitata (v. fig. 1).
---
1 Il termine “catacomba” è di uso medievale: i Romani le
chiamavano cryptae e sono quel che resta delle aree funerarie dove, per oltre
tre secoli, furono sepolti i cristiani di Roma.
2 Per i cristiani il dies natalis, è il giorno della morte,
perché la nascita in Dio.
3 Già una legge delle XII Tavole, prescriveva che, all’interno
dell’Urbe, non ci fossero né cremazioni né sepolture; il divieto, dovuto a
norme igieniche, era giustificato dal fatto che la città, sotto la protezione
degli dei superi, non poteva accogliere le salme, che appartenevano agli dei
inferi.
4 I passanti, leggendole, ne rievocavano la memoria e quindi una
certa forma di riviviscenza.
5 Dal greco κεɩμαɩ, io giaccio, riposo.
6 Questo complesso funerario, prese poi il nome di “Catacombe di
S. Callisto”.
7 II sottosuolo della zona di Roma, è costituito da tufo, una
roccia vulcanica che può essere scavato abbastanza agevolmente e che dopo
essere stato lavorato, da una buona garanzia di stabilità.
Fig.
n. 1: Lastra tombale della Catacomba Ad Decimum, al Decimo Miglio della
Via Latina, Grottaferrata (Roma); metà del IV sec.: Proficius lect(or) et
extorc(ista)/ Istercoriae coiugi b(ene) m(erenti)/se vivofec(it} cum q(ua)
v(ixit) a(nnos) XXIIII m(enses) VI d(ies) XXVI; ICUR N S. VI715721:
Proficio, lettore ed esorcista, da vivo fece a Istercoria, moglie benemerita (questa
tomba), con la quale visse ventiquattro anni sei mesi e ventisei giorni. Come
spesso accade, non sono ricordati gli anni vissuti dalla moglie, ma quelli in
cui era vissuta con il marito. Proficio ricopriva la carica di “lettore” delle Sacre
Scritture, durante le funzioni religiose, nonché, in altri momenti, quella di
esorcista, un altro dei sette gradi della gerarchia ecclesiastica di quei tempi.
Si noti il nome Istercoria: è uno dei nomi ingiuriosi che i cristiani dei primi
secoli, si davano, come forma di penitenza (collez. G. Bava).
Già
dopo le prime persecuzioni, i vescovi di Roma, avevano promosso una liturgia
che si svolgeva nei pressi delle tombe dei martiri e che aveva lo scopo di
esaltarne la figura e di portarla ad esempio; per questo gli Editti di
persecuzione degli imperatori del III secolo, e in particolare quelli di Valeriano,
vietavano ai Cristiani, pena la morte, di frequentare i cimiteri. Il giorno 6
agosto dell’anno 258, il papa Sisto II, sorpreso mentre stava officiando in
quello di S. Callisto, fu ucciso dalle guardie imperiali, che decapitarono
anche i sei diaconi che si trovavano con lui e arrestarono il protodiacono
Lorenzo, che fu martirizzato nei giorni seguenti.
La
libertà di culto concessa da Costantino ai Cristiani, nell’anno 313 e i
provvedimenti successivi presi a loro favore, contribuirono ad aumentarne
notevolmente il numero; vi furono le conversioni di massa, cui però fece
seguito un certo lassismo dei costumi; contemporaneamente, alcune famiglie di rango
senatorio, si adoperavano per un ritorno del paganesimo.
Il
Papa Damaso, durante il suo pontificato (a. 368-384), per dare un segno di
unità alla comunità dei Cristiani di Roma, per rinsaldare nella fede quelli che
durante il sia pur breve regno dell’imperatore Giuliano l’Apostata (a. 361-63),
avevano tentennato, promosse e favorì il culto dei martiri. Si rifece ai
documenti di archivio della Chiesa Romana, alle tradizioni ben attestate e alle
testimonianze di chi aveva certezza del modo in cui era avvenuto quel martirio;
eliminò quelle figure popolari, oggetto di culto spontaneo, per le quali
mancavano i requisiti per un riconoscimento da parte dell’autorità ecclesiastica.
Esaltò le figure dei martiri e il loro sacrificio, proponendoli come esempi;
monumentalizzò le tombe che ne racchiudevano le spoglie, le abbellì e le ornò
di lapidi in cui si descrivevano le circostanze del martirio; vicino a quelle
che si trovavano nelle gallerie, aprì dei lucernari e creò degli spazi in cui i
fedeli potessero sostare in preghiera; fece aggiungere delle scale discesa e di
risalita e, per regolare il flusso dei pellegrini, ideò dei percorsi
sotterranei a senso unico.
Verso
la fine del secolo IV, nel suburbio di Roma, c’erano circa sessanta cimiteri,
dislocati lungo le vie consolari, Appia, Ardeatina, Ostiense, ecc. (v. nota
n. 3).
In
quegli stessi anni, S. Girolamo, giovane studente, come racconta egli stesso,8
la domenica mattina, aveva l’abitudine di recarsi, con i suoi compagni, in una
specie di “tour”, a pregare presso le tombe degli apostoli e dei
martiri.
8
Cfr. Ezechiele, XII, 40.
Fig.
n. 2: Pianta di Roma e del suburbio (fine sec. IV). La città, già dalla metà
del III secolo, era stata suddivisa in sette regioni ecclesiastiche, che
ricalcano, a due a due, quelle 14, volute dall’imperatore Augusto (fig. 2). In
ognuna di esse è presente un luogo per il culto, in cui officiano i presbiteri,
coadiuvati dai lettori, nella liturgia e nella catechesi; vi erano poi i diaconi,
che avevano funzioni amministrative: curavano i beni della chiesa e
provvedevano all’assistenza dei poveri, degli orfani e delle vedove. Ogni regione
aveva, di sua competenza, uno o più cimiteri, che si trovavano tutti
all’esterno della città, lungo le vie consolari, Appia, Ardeatina, Ostiense,
ecc. (v. nota n. 3) (collez. G. Bava).
Fig.
n. 3: Contesto topografico della Basilica di S. Paolo: si noti il percorso
della Via Ostiense, che il quella zona, fino all’anno 390, formava una
biforcazione (collez. G. Bava).
Il
Pellegrinaggio alla Basilica di San Paolo
San
Paolo fu martirizzato verso l’anno 67, durante la persecuzione voluta da
Nerone; secondo la tradizione, il suo discepolo Timoteo, ne fece trasportare il
corpo dalla località Ad Aquas Salvias, dove era avvenuto il martirio, ad
una necropoli poco distante, al secondo miglio della via Ostiense; la sua
tomba, come quella di San Pietro, divenne ben presto oggetto di venerazione e
meta di pellegrinaggi; intorno alla metà del II secolo, fu monumentalizzata con
la costruzione di un’edicola, alta circa cm. 150, protetta da un tetto a due spioventi;
nei primi anni del III secolo, il diacono Gaio la chiamò Trofeo11 e ne indicò
l’ubicazione. Qui, Costantino fece erigere una basilica a tre navate, in cui la
tomba di San Paolo, racchiusa in un parallelepipedo sormontato da una croce
dorata, si trovava in prossimità dell’abside, in una posizione decentrata; il
pavimento era destinato ad accogliere le spoglie dei defunti. Le dimensioni di
questa basilica risultarono di molto inferiori a quelle di San Pietro; i motivi
di questa differenza, possono essere dovuti, sia al fatto che lo spazio per la
costruzione era limitato, per la vicinanza del corso del Tevere e della via
Ostiense (v. fig. 3), sia perché l’imperatore volle dare il massimo risalto
alla Tomba di Pietro, il Principe degli Apostoli, a cui si sentiva accomunato
per dignità e importanza.
10
Papa Liberio (352-366), aveva affermato il Primato della Chiesa di Roma, Sedes
apostolica; il fondamento teologico del primato, è indicato nel passo di
Matteo 16,17-19. Secondo Papa Darnaso (366-384), il primato e l’autorità della
Chiesa Romana, non si fondano su alcuna costituzione conciliare, ma
direttamente sulla parola del Signore, la vox Domini. Nell’anno 386, il
Concilio, tenutosi a Roma, affermava il primato del vescovo di Roma.
11
Dal greco tropaion, trofeo, segno della vittoria, ottenuta con il
martirio; cfr: Eusebio da Cesarea, Historia Ecclesiastica, 2-25; 5-7.
Fig. n. 4: Sotto l’attuale altare papale, si
trova la lastra tombale12 (m 7,12x1,27), formata da più pezzi e che porta l’iscrizione
PAULO APOSTOLO MART; è del IV-V secolo; i fori che presenta ricordano l’uso
romano di versare liquidi o profumi nelle tombe. Accanto alla lettera “A”, è
presente un segno: è una foglia di edera stilizzata, che dal periodo del Tardo
Impero, nelle lapidi non ufficiali, aveva la funzione di staccare le parole
scritte in stampatello maiuscolo; qui, è una decorazione, un abbellimento
(collez. G. Bava).
La
Basilica venne consacrata, il 18 novembre 324, da papa Silvestro I, ma si rivelò
ben presto inadeguata per accogliere i numerosissimi pellegrini, perciò
nell’anno 391, per volere degli imperatori Teodosio, Graziano e Valentiniano
II, venne demolita e ricostruita in dimensioni maggiori, ma con orientamento
opposto; per la necessità di poter usufruire di uno spazio più ampio, il corso della
via Ostiense, era stato rettificato. Era a cinque navate, divise da 80 colonne
di spoglio, ma eguali in altezza ed era preceduta da un ampio quadriportico. Fu
consacrata nel 390 dal papa Siricio e completata nel 395 dall’imperatore Onorio.
Galla Placidia, la figlia di Teodosio, verso l’anno 440, commissionò la
costruzione dell’arco trionfale e la sua decorazione musiva; durante il papato
di Leone I (440-461), le navate furono decorate da mosaici con scene
dell’Antico Testamento e degli Atti degli Apostoli; in questo periodo, iniziò
la serie dei tondi con i ritratti papali, cominciando da quello di san Pietro.
Le
Basiliche circiformi
Nella
prima metà del IV secolo, per il volere di Costantino e dei Papi, furono
costruiti degli edifici funerari, che presentavano una particolare planimetria,
che richiamava quello dei circhi romani;13 infatti, in queste basiliche, le
navate laterali continuavano nell’abside, seguendone la curva. Sorsero nel suburbio,
presso quei complessi cimiteriali, in cui si trovavano le tombe dei martiri più
cari ai Romani, Lorenzo, Sebastiano e Agnese; avevano la funzione di grandi
cimiteri coperti, nel cui pavimento e lungo le pareti, su diversi ripiani,
potevano trovare posto migliaia di sepolture; soddisfacevano inoltre, il
desiderio dei fedeli di essere sepolti vicino ai martiri. All’esterno, lungo le
pareti, si allinearono molti mausolei, le tombe delle famiglie più illustri che
si erano convertite. Preceduti da un quadriportico, si presentavano come degli
immensi capannoni; le loro coperture, molto ampie, crollarono nei secoli
successivi, quando la manutenzione, che era loro necessaria, venne a mancare.
Accanto a queste basiliche, vi erano le triclia, strutture di ricezione,
spesso in forma semplice, come i pergolati, talvolta invece, in muratura, con
arcate e bancali lungo le pareti; qui si celebravano i refrigerio, i
pasti comunitari che si tenevano sia dopo le esequie, che all’ottavo, al
trentesimo giorno dopo la morte e nel dies natalis
12
Costantino non solo si riteneva isapostolos, cioè pari in dignità agli
apostoli, ma, come imperatore, a quella di s. Pietro, il principe degli
apostoli; quindi, la basilica vaticana, era di molto maggiore per dimensioni,
dovendo rispecchiare la preminenza delle due figure e degna di confrontarsi con
i grandi edifici romani destinati al pubblico, quali gli anfiteatri, i circhi e
le terme.
13
La parete di ingresso era obliqua rispetto all’asse principale, con evidente
richiamo all’inclinazione che negli edifici circensi, aveva la linea di fondo,
dove vi erano i punti di partenza, i carceres. L’eguale planimetria,
ricordava che i giochi del circo, erano nati come cerimonie in onore dei
defunti.
Fig.
n. 5: I ruderi della basilica circiforme e il mausoleo di Costantina, visti
dall’alto (collez. G. Bava).
Pianta |
Tra
il III e il IV miglio della via Appia, c’erano un avvallamento del terreno e
delle cavità, dovute ad antichi sfruttamenti di cave di pozzolana; la zona era
chiamata “Ad Catacumbas”;14 in questa zona, l’imperatore Traiano (a. 96-117)
permise che i più poveri, potessero trovare sepoltura; ben presto lo spazio
venne occupato sia da tombe di pagani che di cristiani. In seguito, vi furono
costruiti dei colombari, uno dei quali reca dei segni che richiamano i simboli
cristiani. Nell’area adiacente, nel III secolo, sorse un cimitero, formato dal
sopratterra e dalle gallerie; qui, verso l’anno 330, fu costruita la basilica circiforme,
intitolata “Memoria Apostolorum”, in ricordo del culto lì praticato, già dalla
metà del III secolo, a San Pietro e a San Paolo; come le altre basiliche
circiformi era a tre navate e preceduta da un grande atrio quadrangolare;
concepita come un grande cimitero coperto, vi trovarono sepoltura, migliaia di
cristiani. Era adiacente all’area funeraria, nelle cui gallerie, erano stati
sepolti numerosi martiri, tra cui Eutichio e Sebastiano. Quest’ultimo, militare
di origine narbonese, fu martirizzato durante la persecuzione di Diocleziano;
il suo culto si diffuse rapidamente e la basilica, poi, vox popuìi, intitolata
al suo nome, divenne meta di continui pellegrinaggi. Nei secoli successivi, a
causa di crolli, solo alcune gallerie, collegate alla basilica, rimasero
percorribili e furono visitate per tutto il Medioevo; per questo, il toponimo Ad
Catacumbas, passò ad indicare anche gli altri cimiteri cristiani
sotterranei.
La
basilica di San Lorenzo
L’arcidiacono
Lorenzo, fu martirizzato il 10 agosto dell’anno 258, durante la seconda persecuzione
voluta dall’imperatore Valeriano; il suo corpo fu deposto nel cimitero ipogeico
di Ciriaca, lungo la via Tiburtina. La testimonianza di fede proclamata con il
martirio e l’atrocità della sua esecuzione, fecero sì che Lorenzo divenisse
oggetto di grande venerazione e che il suo sepolcro fosse meta di continui
pellegrinaggi. Qui, verso l’anno 325, Costantino, fece erigere una basilica; la
tomba del martire, fu decorata di marmi preziosi e recintata da plutei;
inoltre, per facilitare l’accesso dei devoti, fu costruita una scala doppia. Il
poeta Prudenzio, che all’inizio del V secolo visitò la catacomba, si rammaricò
per l’eccessivo numero di pellegrini presenti nelle gallerie.15
14
Ad Catacumbas, cioè presso le cavità; il toponimo Catacumbas è
formato dalla preposizione greca katà (presso) e dalla parola kymba (avvallamento).
Fig. n. 6: Mosaici della volta del Mausoleo: scene di vendemmia (collez. G. Bava). |
Venne
realizzata lungo la via Labicana, nella tenuta imperiale Ad duas lauros, presso
il cimitero che aveva preso il nome da quello dei suoi due martiri più
venerati. Ad essa era collegato il grande mausoleo rotondo di cui è rimasto il
rudere che, in questi ultimi anni, è stato oggetto di studi e di restauri, che
hanno rilevato che le pareti interne erano decorate da mosaici; quasi
sicuramente era stato destinato ad accogliere le spoglie dell’imperatore; vi
venne invece sepolta, in uno splendido sarcofago di porfido, la madre Elena.16
La
Basilica di Santa Agnese
Presso
la via Nomentana, accanto alle Catacombe di Santa Agnese, su richiesta di
Costantina,17 la figlia dell’imperatore, vennero realizzati la basilica omonima
e il mausoleo. Della basilica circiforme rimangono unicamente una parte della
parete laterale di sinistra e di quella dell’abside, mentre il mausoleo,
divenuto battistero, poi chiesa autonoma dall’anno 1254, si è conservato quasi
integralmente e testimonia la fase finale dell’architettura romana,18 (v. fig.
5).
15
Cfr. Aurelio Prudenzio: Peristephanon, XI, 159-168.
16
II sarcofago, che rappresenta scene di battaglia, si trova ora nei Musei
Vaticani.
17
Durante il Medioevo, il nome di Costantina, fu sostituito da quello di Costanza
e fu venerata come santa.
18
Gli architetti del Rinascimento, lo misurarono, lo studiarono, e lo presero a
modello per i loro edifici a pianta centrale
I mosaici del IV secolo, che la
decorano, sono i più antichi mosaici monumentali cristiani, rimasti a Roma. In
quelli della volta dell’ambulacro, si alternano riquadri con motivi geometrici,
pavoni, colombe, ad altri, con tralci di vite e scene di vendemmia.19 Nelle due
lunette delle nicchie, sono rappresentate due scene che esulano dalla
Tradizione Evangelica: nella prima, Cristo, tra i due Principi degli Apostoli,
affida loro la pace, nell’altra invece, consegna le chiavi a Pietro.20 Nella
nicchia centrale si trova la copia del sarcofago in porfido,21 realizzato per
Costantina, in cui sono riprodotti girali di vite e scene di putti vendemmianti.
Le
basiliche del IV secolo, di committenza papale
Oltre
alle grandi basiliche di fondazione imperiale, nel suburbio, accanto a quasi
tutti i cimiteri, per volere dei papi, ne furono edificate altre, di dimensioni
modeste, che, costruite per lo più nel sopratterra, per le ingiurie del tempo,
andarono perdute; una di queste era quella a tre navate, posta sulla tomba di
S. Ippolito, sulla via Tiburtina; secondo la tradizione, in queste basiliche,
furono sepolti i papi di quel periodo.
Il
pellegrinaggio a Roma tra il V e il IX secolo
La
grande disponibilità di spazi funerari, conseguente all’edificazione, nel IV
secolo, delle numerose basiliche funerarie, fece sì che nel periodo successivo,
le sepolture nelle catacombe divenissero meno frequenti; dalla metà del secolo
VI, cessarono del tutto, se si eccettuano quelle nelle aree ad retro sanctos,22
cioè poste dietro o in prossimità delle tombe dei martiri. I cimiteri
comunitari furono così frequentati solo in funzione devozionale; per agevolarne
la visita, dal V secolo, i pontefici, con l’allargamento delle gallerie in cui
si trovavano le tombe venerate, crearono degli ambienti completamente o in
parte sotterranei, delle piccole basiliche ad corpus, in cui la tomba
del martire coincideva con l’altare; decorazioni pittoriche, cibori ed elementi
di recinzione, conferivano a queste chiese, aspetto e ripartizione interna
simili a quelli degli edifici costruiti in superficie.
Le
vicende tragiche che afflissero Roma tra il V e il VI secolo: l’assedio e il
saccheggio perpetrati dai Visigoti nel 410, il terribile terremoto dell’anno
508, il sacco operato da Genserico nel 455 e la guerra Greco-gotica (536-553),
avevano ridotto notevolmente il numero degli abitanti della città: alla fine del
secolo VI, non erano più di 30.000, riuniti nella zona tra Ponte Milvio e la
basilica di San Pietro. La campagna era disabitata ed era pericoloso
avventurarvisi. Per un cambio di mentalità, cadde l’antico divieto di inumare
in città e le tombe incominciarono ad occupare gli spazi all’interno delle
mura.
La
ripetuta presenza di eserciti barbarici nel suburbio, causò molti danni ai
santuari sotterranei, che furono riparati dai papi della seconda metà del
secolo VI.
Malgrado
le guerre, le calamità naturali e le pestilenze, i pellegrinaggi continuarono;
la presenza delle reliquie apostoliche e di quelle di innumerevoli martiri,
attraevano i pellegrini: sulle pareti vicine alle tombe più venerate, si vedono
dei graffiti: sono invocazioni, preghiere e firme di persone, i cui nomi propri
e le particolari grafie, attestano l’appartenenza a persone venute da regioni
lontane.
Numerosissimi
erano coloro che provenivano dalle regioni settentrionali d’Europa, da poco
cristianizzate.
19
Abbandonati i temi di salvazione (Daniele, Susanna), propri del periodo delle
persecuzioni, l’iconografia della Chiesa Trionfante, cerca nuovi temi
simbolici. La ripetuta presenza di tralci di vite, simbolo della vita che si
rinnova e di scene di vendemmia, ha fatto sì che per molto tempo, si sia
creduto che, in origine il mausoleo fosse stato un tempietto dedicato a Bacco,
il dio del vino, ma anche della rinascita
20
L’intento di queste due raffigurazioni è quello di affermare il primato della
Chiesa di Roma, ribadito dalla scena a mosaico dell’abside dell’antica basilica
di San Pietro e da affreschi (IV sec.) di cubicoli di catacombe, che avevano lo
stesso soggetto: la Traditio Legis, la consegna della Legge, al Principe
degli Apostoli, di cui i vescovi di Roma, erano i successori ed i vicari.
21
L’originale si trova nei Musei Vaticani.
22
Si era diffusa credenza che la vicinanza al sepolcro di un martire, comportasse
per i defunti, grazie all’intercessione del santo, un qualche beneficio ai fini
della ricompensa eterna. Questo spesso generò una “gara” per ottenere quegli
spazi, ritenuti privilegiati.
Per
soccorrere i poveri e i pellegrini, i papi del V e VI secolo, nei pressi delle
basiliche di San Pietro, di San Paolo e di San Lorenzo, fecero costruire
diaconie e ospizi, forniti di dormitori, di bagni e di cucine. Per i Franchi, i
Sassoni e i Longobardi, alcuni stranieri e sovrani dei paesi del Nord d’Europa,
venuti in pellegrinaggio, fondarono le Scholae nazionali, una per
ciascun popolo; erano composte da un edificio per l’accoglienza, fornito di
cucine e di bagni, con annessi un oratorio e un cimitero; sorte dal sec. VIII e
funzionarono fino alla fine del Medioevo.
Sin
dal secolo VII, per agevolare gli spostamenti dei pellegrini, erano state compilate
delle guide, gli “Itineraria”, in cui si indicavano i percorsi da
seguire per raggiungere le chiese, poste all’interno delle mura e le vie su cui
inoltrarsi per raggiungere le tombe dei martiri situate all’esterno della
città. Partendo dalla Porta Capena, inoltrandosi sulla via Appia, i pellegrini
al III miglio, incontravano il complesso dei cimiteri di s. Callisto, con le
tombe di Cecilia, di Tarcisio e quelle dei papi dei primi secoli; non lontano,
vi era quella di s. Sebastiano; assai vicino, sulla via Ardeatina, vi erano le
tombe dei martiri Nereo e Achilleo; percorrendo quindi una via trasversale,
chiamata poi via s. Sebastiano, trovavano le tombe di altri santi molto
venerati; arrivano poi sulla via Ostiense; dove onoravano le tombe di San Paolo
e di San Timoteo. Evitando di ritornare alle mura, da cui iniziavano le vie
consolari, ma utilizzando le vie trasversali di collegamento così da passare,
da una via all’altra. I pellegrini, procedendo sia in senso orario che in senso
antiorario, potevano raggiungere, impiegando più giorni, tutti i santuari
martiriali; era il cosiddetto loca sanctorum martyrum circuire.23
L’“indotto
devozionale”, dovuto alla presenza di pellegrini, fu senza dubbio notevole:
esso dovette avere una forte ricaduta sulla povera economia di Roma del VII
secolo; inoltre, la frequentazione dei santuari martiriali, costituì un fattore
fondamentale per la conservazione della viabilità principale e secondaria
nell’Alto Medioevo.
Le
incursioni e l’assedio dei Longobardi del, secolo VIII24 e quelle dei Saraceni
nel secolo IX, la presenza nel suburbio, di gruppi di sbandati, causarono altre
gravi devastazioni alle basiliche sotterranee; i papi provvidero ancora ai
restauri, ma l’impossibilità di una manutenzione e di una difesa idonea dei
santuari, di fronte alle profanazioni causate dalle soldatesche e ai continui
furti di reliquie, ad opera di presbiteri e di abati soprattutto delle regioni
settentrionali d’Europa, resero necessario un provvedimento più radicale,
quello di trasportare, i corpi venerati nelle cripte delle chiese della città.
Le
traslazioni, sporadiche alla metà del secolo VII, divennero sistematiche nei
secoli VIII e IX. Privati dell’oggetto primario della loro frequentazione, le
catacombe caddero nell’oblio. Restarono accessibili, per tutto il Medioevo,
solamente quei settori delle catacombe, connesse con alcune basiliche martiriali,
che conservavano ancora le spoglie dei martiri eponimi, come San Sebastiano,
San Pancrazio, San Lorenzo e Sant’Agnese; per il resto, l’abbandono e l’oblio
dei cimiteri comunitari continuarono, fino alla “rinascita” del secolo XVI.
Dicembre 2018
Graziella Bava
23
Queste guide, pervenute a noi in redazioni molto più tarde, permisero agli
archeologi, nei secoli XIX e XX, di trovare e di identificare una cinquantina
di catacombe.
24
Nel 756, il re longobardo Astolfo, aveva ridotto a stalle per i suoi cavalli,
molti santuari sotterranei.