PENNELLATE
BARDONECCHIESI DI MONSIGNOR BONACCHI NEL DECENNALE
DELLA MORTE (2006-2016)1
Vocazione
sacerdotale “bardonecchiese”
Un bravo regista troverebbe – rovistando un po’– ottimo
materiale per un film biografico su mons. Bonacchi, intrecciando una umanità
ricca e sapida, qual era la sua, ad una fede granitica e luminosa. L’incipit
del film (o della biografia) potrebbe essere quello di un giovane ufficiale alpino
(tenente medico ...stava per laurearsi) che, ormai all’imbrunire, sale per la
centrale via Medail di Bardonecchia, con il suo pesante zaino, verso la chiesa
parrocchiale del Borgo Vecchio. Ma il suo fardello è l’inquietudine che si
porta dentro, che lo attanaglia e che si risolverà, sciogliendosi in una
percezione quasi mistica, come quella della sua vocazione. Bisogna lasciar
raccontare da lui stesso, come fa nei ricordi dal diario di Bardonecchia,
quando il 1º gennaio 1971 inaugura il primo anno di vita della casa “Chez Nous”
di Bardonecchia: «Non avrei mai pensato, più di un quarto di secolo fa,
quando mi trovavo in guerra su questi monti, che un giorno, sacerdote, avrei
riunito qui, in una famiglia, i miei ragazzi “gaudium et corona mea!”». E
dopo alcune osservazioni pedagogiche e pastorali aggiunge: «Chiedo al
Signore, che è stato tanto buono con me, di volermi concedere ancor questo:
come una lontana sera fece sentire a me chiara la voce che mi chiamava al
sacerdozio, mentre salivo, sotto un cielo stellato, la lunga strada bianca di
neve che porta alla chiesa parrocchiale di S. Ippolito, così faccia sentire ai
ragazzi più buoni e generosi che formeranno una famiglia in questa casa, quanto
è bello fare l’esperienza totale del suo Amore nel suo servizio».