ABBIAMO UN VICEPARROCO
GLI OCCHI LIMPIDI DI ALFONSO BELLANDO
I 40 ANNI DELL’AUTOSCUOLA ALPINA
MOSTRA TROFEI E MESSA DI S. UBERTO
* * *
CERIMONIA DI CONSEGNA
DEI DIPLOMI DI
RICONOSCIMENTO A.N.A.
AI REDUCI DELLA 2ª GUERRA
MONDIALE
25 aprile 2006
Gli Alpini premiati.
Da sinistra: Aldo Allemand, Antonio Vallory, Luigi Ferrero, il fratello di Giuseppe Nuvolone ed i figli di Giorgio Chareun e di Ezio Visintainer.
LA RICORRENZA della
celebrazione della Liberazione, il 25 aprile 2006, è stata quest’anno arricchita da una toccante cerimonia svoltasi su iniziativa dell’Associazione Nazionale
Alpini ed organizzata dal Gruppo Alpini di Bardonecchia.
In occasione del 61° Anniversario di quella pagina di storia
fondamentale per il nostro Paese rappresentata dalla Liberazione, è stata
infatti celebrata la Santa Messa, officiata da don Franco Tonda, presso la
chiesa parrocchiale di Sant’Ippolito, alla presenza delle autorità civili e
militari, delle Associazioni Combattentistiche e dell’Associazione Nazionale Ex-Internati,
cui è seguita la deposizione di una corona d’alloro presso il Parco della
Rimembranza al Monumento ai Caduti.
La giornata è poi proseguita presso la Sala Consiliare del Comune
di Bardonecchia, dove il Sindaco Francesco Avato, i delegati del Comitato di
Presidenza Nazionale dell’Associazione Nazionale Alpini e gli stessi Alpini
della locale Sezione, hanno consegnato agli ultimi Alpini di Bardonecchia,
reduci della Seconda Guerra Mondiale, un Diploma di riconoscimento firmato dal
Presidente Nazionale Corrado Perona.
Si è trattato, infatti, del compimento di un’iniziativa che ha
interessato tutta l’Italia e con la quale l’A.N.A, in occasione del 60°
Anniversario della conclusione del Secondo Conflitto Mondiale, ha voluto
omaggiare gli Alpini ancora in vita che vi hanno combattuto e che meritano,
insieme ai loro Compagni “andati avanti”, un giusto tributo di riconoscenza e
gratitudine.
È stato dunque con viva emozione da parte di tutti che i
concittadini Aldo Allemand, Giorgio Chareun, Luigi Ferrero, Giuseppe Nuvolone,
Antonio Vallory ed Ezio Visintainer hanno ricevuto il Diploma. A ritirare la
Pergamena di Riconoscimento per gli Alpini Giorgio Chareun ed Ezio Visintainer
sono stati i rispettivi figlia e figlio, poiché, nel corso dei mesi intercorsi
tra il nascere dell’iniziativa e l’effettiva organizzazione della cerimonia di consegna,
questi due Alpini sono purtroppo mancati. Per Giuseppe Nuvolone,
impossibilitato
da motivi di salute, invece, il Diploma è stato ritirato dal
fratello, Alpino anch’egli.
Di lì a pochi giorni, purtroppo, anche lui è poi mancato.
Con i discorsi del Delegato di Comitato di Presidenza Nazionale,
del Presidente della Sezione A.N.A. di Bardonecchia, Renato Nervo, del Sindaco
(Alpino) Avato e di Chiara Marino, sono stati brevemente ricordati i giorni
della guerra del 1940 e delle battaglie combattutesi tra Italia e Francia sul
Monte Tabor, i giorni della partenza dei soldati per il fronte (Francia,
Jugoslavia, Grecia, Albania, Russia), i giorni della resa e della deportazione,
dei lager tedeschi ed austriaci (rievocati ogni anno con la Giornata della Memoria),
della fame, della morte, del dolore ed i convulsi giorni della
primavera del 1945 e della Liberazione.
I partecipanti hanno poi avuto l’occasione di poter ascoltare uno
dei premiati, l’Alpino Luigi Ferrero, che, con ammirevole lucidità, ha narrato
parte della sua esperienza di guerra.
La grande emozione che ha pervaso tutti, a conclusione di questa
indimenticabile giornata, può essere riassunta esprimendo felicità per aver
potuto condividere la preziosa esperienza di aver ascoltato la voce di chi ha
sacrificato la propria giovinezza combattendo, rammarico ed omaggio alla
memoria per coloro i quali sono “andati avanti”, gratitudine poiché a loro
dobbiamo la costruzione della nostra Italia e della nostra Europa su basi di civiltà,
fratellanza ed eguaglianza ed infine monito e segno di Pace per le generazioni
future, affinché il sacrificio degli Alpini e di tutti i soldati del Secondo
Conflitto Mondiale non venga mai vanificato.
Chiara Marino
ABBIAMO UN VICEPARROCO
ASEI ANNI DI DISTANZA dalle ultime due Ordinazioni, sabato 1° luglio 2006 la Diocesi di Susa ha la gioia di avere in dono dal Signore un nuovo Sacerdote.
È don Antonello Taccori, che il Vescovo di Susa ha benevolmente destinato come viceparroco alla nostra Parrocchia di Bardonecchia.
L’Ordinazione è avvenuta nella Cattedrale di Susa gremita di fedeli. Assai significative le parole del Rettore del Seminario, con le quali ha presentato l’ordinando al Vescovo: «... la principale caratteristica di don Antonello è quella di non fermarsi davanti alle difficoltà e di trovare sempre una soluzione ad ogni problema. Questo gli permetterà di essere uno strumento di pace, che seminerà dove andrà ad offrire il suo ministero». Anche l’omelia del Vescovo Mons. Alfonso Badini Confalonieri si è rivelata di particolare spessore, ed ha richiamato quelli che devono essere i pilastri principali della vita del Sacerdote: l’Eucaristia e il ministero della Riconciliazione: «Con il Sacerdozio che oggi ti viene conferito dovrai essere instancabile ponte tra Dio e l’umanità, ma ricorda ... che il sacerdote deve essere innanzitutto uomo di preghiera. Solo l’unione con Dio potrà rendere fecondo il tuo ministero pastorale e la tua stessa vita».
Don Antonello, dopo alcune esperienze, prima come seminarista e poi come Diacono, in alcune differenti Parrocchie, compie nella nostra Parrocchia di S. Ippolito la sua prima esperienza come sacerdote novello. Viene in una parrocchia a vocazione turistica, e ha bisogno di un periodo di allenamento, prima di conoscere le sue particolari caratteristiche. Gli domandiamo soprattutto di occuparsi dei ragazzi e dei giovani, perché abbiano in lui una guida per la loro formazione umana e cristiana. L’entusiasmo non gli manca e riuscirà
sicuramente a lasciare traccia nel cuore di tanta gioventù.
«Un buon pastore, secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare a una Parrocchia, e un dono dei più preziosi della misericordia di Dio» (S. Curato d’Ars).
[foto Giorgio Elia- omessa]
GLI OCCHI LIMPIDI
DI ALFONSO BELLANDO
COME PER EFFETTO di
una scelta, Alfonso Bellando, il cui nome suona così familiare agli abitanti di
Bardonecchia (e in realtà una parentela lo univa al Monsignore che per tanti
anni aveva guidato la Parrocchia) si è spento improvvisamente fra le nostre montagne.
Piace pensare che l’ultima immagine cosciente che i suoi occhi hanno
contemplato siano stati i pini del Colomion, che fronteggiavano la finestra
della stanza in cui lui lavorava a dare gli ultimi tocchi al libro sulla
vocazione europeistica di quella Torino che per tutta la vita aveva amato e
celebrato. Quella stanza era il luogo in cui la penna scorreva più facilmente,
con la stessa scioltezza che aveva permesso la nascita dei suoi articoli e dei
suoi libri su Torino e sul carattere internazionalistico di questa città così
ricca di cultura.
Aveva gli occhi limpidi, Alfonso. Fin da quando, da ragazzina,
avevo letto un libro di Virgilio Brocchi intitolato “Gli occhi limpidi”, questa
formula si è trasformata in me in un paradigma a cui automaticamente ho
commisurato nella vita le persone che mi avveniva di conoscere. Quanto sono
rari gli occhi veramente limpidi! Ebbene, negli occhi di Alfonso era rimasta
intatta la capacità di meravigliarsi, di capire, di partecipare e soprattutto
di credere in una umanità rivolta al bene, all’aiuto reciproco, e di
trasmettere questa fiducia agli altri, senza rinunciare per questo
all’equilibrio volterriano e spiritoso di un critico benevolo qual è sempre
stato, capace di frantumare qualsiasi fanatismo. Con estrema limpidezza e
onestà era da sempre rimasto fedele a questa sua vocazione europeista e
internazionalista, svolgendo un’attività che considerava una missione,
identificandolo con la propria vita.
Andando indietro nel tempo incontro i primi uffici della S.I.O.I. (Società
Italiana per l’Organizzazione Internazionale) l’organismo che lui ha da sempre
guidato a Torino con passione e onestà, aiutato dalla sua grande fede nella
vocazione unitaria dell’Europa, che percorreva spesso per partecipare a
convegni internazionali, Questi primi uffici si trovavano in via Po, nel
palazzo dell’Università; lì noi professori giovani alle prime armi imparavamo a
conoscere le istituzioni europee e mondiali.
Più tardi la sede della S.I.O.I. si trasferì a Palazzo
Bricherasio, dove Alfonso lavorò per tanti anni, convocando storici,
diplomatici, economisti, per continuare ad alimentare e illustrare ai giovani
le idee di pace e collaborazione internazionale, allargando sempre più le sue
attività al settore studentesco e favorendo gli scambi fra vari Paesi e vari
Continenti. Le conversazioni si svolgevano in quella bellissima sala piena di
dorature, di stucchi e di dipinti che anche oggi la Fondazione Bricherasio
riserva alle cerimonie e alle mostre più prestigiose. Successivamente la S.I.O.I. si allargò al B.I.T.
di Italia ’61, trasferendovi la sua ricca biblioteca (ricordo di averla sfruttata ampiamente per la mia tesi
di psicologia) e collocando lì definitivamente i suoi uffici e i corsi
internazionali a cui affluivano studenti da tutte le parti del mondo per
seguire i trimestri di perfezionamento nelle materie in cui erano
specializzati. Questo è stato l’ambiente dal quale sono usciti tanti disposti a
mette98 re una parte della loro vita (che per il
resto rimane una vita normalissima, fatta di famiglia e di lavoro) al servizio
di ideali che prescindono dalle frontiere, al servizio di persone meno
fortunate, con generosità e con semplicità, non solo a Strasburgo e a Ginevra,
ma spesso sul campo, nelle zone più difficili, come fa suo figlio Costanzo,
responsabile dell’associazione NUTRIPA, passando in Africa un mese all’anno
della sua vita di pediatra professionista al servizio dei bambini del Rwanda.
L’internazionalismo ha segnato anche la vita del figlio maggiore, Edoardo,
giornalista all’ONU. Tutte queste attività Alfonso le ha svolte con la serenità
che è sempre riuscito a diffondere su quanti lo circondavano e che derivava
dalla sua onestà, dalla sua dirittura aliena da qualsiasi tipo di compromesso,
dalla sua fedeltà agli ideali che erano stati fin dal primo dopoguerra quelli del gruppo di giovani descritto nel più noto dei
suoi molti libri, “Quei ragazzi del Caffè Fiorio”, scritto per i cinquant’anni
della S.I.O.I. torinese nel 1996. Già nel titolo, che echeggiava il gruppo
romano (I ragazzi di via Panisperna) che sta all’origine di una delle più
grandi scoperte di portata mondiale, viene sottolineata la vocazione
internazionalista della nostra città, proprio quella che costituiva l’argomento
del libro che stava terminando. La vocazione di Torino affonda le sue radici
nei secoli. In quel libro la crescita e lo sviluppo dell’ideale europeo e internazionale ci
scorrono davanti agli occhi, diffusi con fede dal drappello di quei giovani che
Bobbio ha definito “irenici”, portatori convinti dell’ideale della pace.
Logico che tanta limpidezza di sentire si trovasse in armonia con
le montagne di Bardonecchia e il cielo al di sopra di esse, a cui Alfonso
Bellando pareva ispirarsi durante tutti i mesi in cui aveva scelto questo luogo
per lavorare ai suoi libri. Le nostre montagne sono come un tempio, e a chi
riesce ad entrare in consonanza con esse non possono che ispirare pensieri alti che gli allargano lo
spirito. Sono gli stessi sentimenti che a Bardonecchia riesce a far provare il
tradizionale concerto di altura che fino a pochi anni fa anche Alfonso veniva
ad ascoltare a Pian del Sole, in mezzo a quella chiostra che mi ha sempre
ricordato la perfezione brevissima di “Mezzogiorno alpino”.
Elena Cappellano
I 40 ANNI DELL’AUTOSCUOLA
ALPINA
PER IL geom. Anastasio
Sciarrillo gestire un’autoscuola non significa solo gestire un’impresa, bensì
“educare persone”. «L’autoscuola è una scuola a tutti gli effetti, è un luogo
dove si impara, non solo a guidare un
veicolo, ma a rispettare prima di tutto se stessi e poi il prossimo». Così il
geom. Sciarrillo, ricorda i suoi 41 anni di insegnamento presso la scuola da
lui fondata e gestita, fino a qualche mese fa, cioè fino a quando ha lasciato
le redini a Stefania Contu, la nuova titolare.
«Per 41 anni ho insegnato a tutta Bardonecchia e dintorni,
comprese le discendenze», racconta con un po’ di nostalgia. «Facendo un
calcolo, molto approssimativo per difetto, all’incirca saranno cinquemila le
persone a cui ho insegnato a guidare, ma ribadisco: a rispettare delle regole.
Fra gli allievi di spicco; i due sindaci, Mario Ambrois e l’attuale Francesco Avato,
molti assessori e consiglieri, il vigile urbano Adriano Bertrando». Il geom.
Sciarrillo, originario della Puglia, appena approdato a Bardonecchia nel 1963,
trovò un immediato impiego come geometra presso un’impresa edile, ma dopo due anni
decise di dare una svolta alla sua vita. «Da tempo avevo constatato che in
tutta l’Alta Valle non esisteva un’autoscuola, perciò a settembre 1965 diedi
inizio a questa attività. Non ero solo imprenditore, ma insegnante ed
istruttore. Al mio fianco rimase sempre mia moglie Angela, in qualità di
segretaria, e per diversi anni svolse funzioni di direttore il geom. Mario
Rossetti. Abbiamo lavorato molto, anche perché eravamo gli unici in Alta Valle.
Avevo anche chiesto l’autorizzazione a svolgere corsi a Sestriere e ad Oulx.
Credo di aver percorso circa 400.000 km con gli allievi», prosegue il geom.
Sciarrillo, mescolando le stranezze con qualche episodio poco piacevole.
«Ricordo che una volta allontanai, con l’intervento dei Carabinieri, un marito
geloso, che pretendeva di sorvegliare a vista la moglie durante una normale
lezione di teoria tenuta ad una ventina di allievi. Siccome ssssla moglie era
analfabeta, si sentiva in obbligo di tradurre il mio italiano in calabrese, disturbando
naturalmente l’intera lezione. Posso affermare però che solo in un’occasione non
sono riuscito ad insegnare a guidare: incredibile a dirsi, ho dovuto arrendermi
di fronte ad un professore universitario di lettere: accademico di Francia!».
Ma il geom. Sciarrillo non è ancora riuscito a staccarsi
definitivamente dall’autoscuola. Nonostante Stefania Contu sia la nuova
titolare ed insegnante, coadiuvata da Andrea Giovannini e Maximilian Fardella, occasionalmente
il geom. Sciarrillo si mette ancora al volante ad insegnare ai neofiti. «E pensare
– dice il neopensionato –, quando in gioventù abitavo a Roma avevo iniziato a
lavorare come giornalista». Ma forse quella sua segreta passione non l’ha mai
abbandonato ed un saggio lo ha già offerto lo scorso anno scrivendo sul
Bollettino parrocchiale la storia di sette Parroci, dopo un’approfondita
ricerca eseguita tra gli archivi parrocchiali.
Luisa Maletto
MOSTRA TROFEI E MESSA DI
S. UBERTO
IN ALTO Trofei di Capriolo e di Camoscio. In primo piano la Messa
di Sant’Uberto celebrata da don Antonello Taccori, da poco Viceparroco di
Bardonecchia, e conclusa con la preghiera del cacciatore di montagna letta dal
col. de Franceschi. Presenti anche il Sindaco Francesco Avato, il presidente
del C.A.TO.2 Pierpaolo Court e l’avv. Mauro Carena Presidente della Comunità
Montana Alta Valsusa, che hanno avuto parole di saluto e di compiacimento. La
Messa è stata celebrata domenica 16 luglio 2006 nell’ambito della “Mostra Trofei” realizzati sul territorio del Comprensorio Alpino
“Alta Valle Susa” nelle stagioni venatorie 2004/2005 e 2005/2006. L’esposizione
si è svolta nei locali della Scuola Elementare di Viale Bramafam, ottimamente
allestita dai cacciatori coordinati da Carlo Florindi: 160 erano i Trofei di
cervo, 390 di camoscio e 150 di capriolo.
Nel pomeriggio di sabato si era anche svolto un incontro sul...
“Lupo in Valle Susa”! Notevole è stata nei due giorni la partecipazione di
pubblico e visitatori, non solo di cacciatori...
(testo
e foto a cura del t.col. G. de Franceschi)