03/06/10

LA MOSTRA “I SANTINI” (2009)

Notizie dal Museo

LA MOSTRA “I SANTINI”

La locandina della mostra. Grafico: Manuel Bosc.
«Ecco un piccolo strumento che potrà aiutarvi! Cercate di avere un’immagine oppure un dipinto di Nostro Signore e non
accontentatevi di portarlo sul cuore, senza mai guardarlo, ma usatelo per conversare con lui». È con questa frase di S. Teresa d’Avila, espressa nel 1566, che si vuole presentare il tema del 2009, trattato dal Museo di Arte Religiosa Alpina di Melezet: Santini, Devozioni tascabili.
In occasione della festa dello Scapulaire, sabato 18 luglio è stata inaugurata l’esposizione di immaginette sacre del XIX e XX sec., messe gentilmente a disposizione dai sigg. Ginevra, Nuvolone, Popolla, Raiteri oltre che dalla Parrocchia di Melezet. Per questioni di spazio non è stato possibile esporre tutto il materiale pervenuto, sono state individuate
alcune tematiche che hanno contestualizzato l’esposizione rispetto al territorio,valorizzandolo all’interno delle teche offerte dall’Associazione Pro Loco di Bardonecchia.
Si è partiti dai ricordini delle Comunioni Pasquali della Parrocchia S. Ippolito di Bardonecchia, dall’anno 1895 al 1948 e a quelli della Parrocchia S. Antonio Abate di Melezet, dal 1890 al 1956, per passare alle Ordinazioni Sacerdotali, alla collezione che rappresenta i Santi Titolari delle Cappelle della conca di Bardonecchia, a quella riguardante la Madonna del Carmine, titolare della Cappella che ospita il Museo, la Vergine dei Sette Dolori, titolare della Cappella del Tabor, la Vergine Nera, del Santuario dello Charmaix, anticamente venerata presso l’attuale Cappella Maria Ausiliatrice di Les Arnauds e la Madonna del Rocciamelone con il Trittico che tutti conoscono.





Hanno suscitato interesse i Santini Reliquiari, i Pii Erbari e quelle immagini a protezione degli eserciti, che sono stati definiti “Guerrini”. Alcune Mini Serie provenienti da Svizzera e Francia hanno rappresentato le case editrici più importanti per ’800 e inizio ’900, come la Bensiger, la Bouasse, Letaille e Turgis, deliziando gli appassionati di Filiconia.
L’espositore centrale era dedicato alle immagini merlettate che sono state molto ammirate, ai collage e a quelle che evidenziavano le varie tecniche di incisione a stampa come la xilografia (matrice in legno), la litografia (matrice in pietra calcarea), cromolitografia (stampa litografica a colori) e la siderografia (matrice in acciaio).
L’originale locandina della mostra è stata creata dal giovane grafico Manuel Bosc. L’immaginetta sacra devozionale, destinata a sostenere la fede dei fedeli, con funzione divulgativa, educativa e catechetica ha origini lontane nel tempo. Riproponiamo per il Bollettino il testo di “storia dei santini” che accompagnava la mostra: «Nella seconda metà del XIV secolo, nei monasteri inizia la diffusione di queste immagini con piccoli dipinti su pergamena, ma il vero sviluppo di questo oggetto avviene nelle abbazie di Cluny e Chiaravalle, dove con la nuova tecnica della xilografia (l’arte di incidere  su legno per ottenere una matrice per la stampa su carta, pergamena o stoffa) si riproponevano i soggetti delle miniature che avevano abbellito Messali e Libri d’Ore.
Oltre alla xilografia si sviluppa l’incisione su rame che ebbe inizio in Germania e nelle Fiandre, a partire dal XV secolo. Intanto, proprio in quel secolo, avvenne la scoperta deicaratteri mobili da parte del Gutemberg, che rivoluzionò tutto il mondo della stampa.
Anche il XVI secolo vede una diffusione notevolissima di questi Santini, soprattutto ad Anversa, ricca città delle Fiandre, che per realizzarli riuscì a coinvolgere importanti artisti; ma la Francia non fu da meno e l’attività dei suoi incisori di  Parigi arrivò a rivaleggiare con la produzione di Anversa.
In Italia l’arte popolare delle immagini sacre parte in ritardo ed in tono minore rispetto al resto d’Europa e si sviluppa nel XVII secolo, principalmente a Bassano del Grappa con la famiglia Remondini e a Modena con la famiglia Soliani, mentre nell’Italia meridionale alla fine del ’700 degli artigiani detti “stampa-santi” producono Santini soprattutto a Napoli e Palermo. Fu in quel periodo che da esclusivo oggetto di devozione, il Santino diventa augurio, premio, annuncio di festività religiose o “luttino” utilizzato per annunciare la scomparsa di una persona cara, assumendo così un ruolo sociale.
Fino al XVIII secolo si cercherà di abbellire sempre di più queste immaginette anche con la realizzazione di Santini chiamati “canivet”, dal piccolo arnese, simile ad un temperino a lama stretta (in francese = canif) che si utilizzava per intagliare la carta o la pergamena dando origine a volute e disegni raffinati ed eleganti. Della stessa epoca risalgono i manufatti di intagli-collages eseguiti nei monasteri femminili in Italia e all’estero; piccoli capolavori, unici nel loro genere, realizzati con l’uso di semplici forbicine e l’utilizzo di materiali quali seta, broccati, velluto, fili d’oro... Altra produzione da analizzare riguarda i cosiddetti Scapolari, ovvero piccoli pezzi di panno, lino o seta ricamati a mano con immagini e simboli. Erano e sono utilizzati ancora oggi come oggetti devozionali.
Nella prima metà del XIX secolo Parigi diventa il centro più importante d’Europa per la produzione di Santini. Qui operava una foltissima schiera di editori concentrati nei quartieri S. Sulpice e S. Jacques dando origine al cosiddetto stile “sulpicien”. Inoltre l’uso delle nuove tecniche a stampa a pressa e punzone, abbinate alla siderografia (incisione su acciaio ottenuta con agenti chimici o per via meccanica) permettono la produzione dei Santini di pizzo a matrice che resteranno per sempre nella storia e che costituirono l’ideale proseguimento dei “canivets” del secolo precedente. Le case editrici più note erano la Bouasse-Lebel, la Letaille, la Turgis... Sempre in Francia, allo scopo di stupire il devoto, si idearono anche i Santini a sorpresa, cioè creati con un sistema a più ante, ripiegate e apribili, ornate da fiori essicati o altri elementi o i Santini con foto a partire dal 1850 o quelli in celluloide decorati a mano.
Purtroppo nel XX secolo la produzione artistica peggiora notevolmente, le tirature diventano più commerciali, le linee più essenziali per una diffusione popolare più ampia.
Le immaginette odierne sono molto meno ricche di un tempo, si rifanno a quelle del passato, ma senza il calore di una volta e trasmettono con difficoltà i messaggi di fede.
Negli ultimi decenni, un nuovo interesse da il via ad una vera e propria caccia ai Santini del passato; nasce la Filiconia, il fenomeno del collezionismo di queste immagini, strappate ai mercanti di carta, comprate alle aste, ritrovate nei Messali di famiglia e riapparse negli albums dei collezionisti, nuovamente cariche del loro primordiale fascino».

(Tratto da: G. TONI, Primo catalogo internazionale dei santini, C.I.F. srl, Milano 2009)
I volontari del Museo:
Valeria Bosc - Daniela Ferrero