FORTE BRAMAFAM - Veduta aerea |
Costruito tra
il 1874 ed il 1889 sul colle che domina la conca di Bardonecchia, il Forte
Bramafam venne concepito allo scopo di proteggere lo sbocco della Galleria del Frejus
da eventuali puntate di truppe francesi che non fossero state arrestate dai
sistemi di distruzione interni al tunnel ferroviario.
Il forte visto dalle pendici del Colomion. |
Dotato di un
armamento di prim’ordine, due torri corazzate della Gruson per pezzi da 120/21,
quattro cannoni a tiro rapido da 57 mm in torrette a scomparsa, sei pezzi da 87
B.R. ret. e due da 149 G, fu suddiviso in tre distinte parti, visibili ancora
oggi: la piazza d’armi, il forte principale e l’avanforte, situato verso
l’estremità occidentale della montagna. Nel 1892 una relazione del Deuxième Bureau,
il servizio di spionaggio francese, segnalava come il forte poteva ormai definirsi
completo. La guarnigione era assicurata
da truppe del presidio di Torino e del 6º reggimento Artiglieria da Fortezza.
Il presidio di guerra comprendeva 200 uomini, mentre nei capaci alloggiamenti
potevano trovare ricovero, su giacigli paglia a terra, ben 280 soldati. Adibito
durante la Prima Guerra Mondiale a campo di concentramento per i prigionieri
austriaci, ritornò a svolgere la propria funzione difensiva negli anni Trenta,
quando i rapporti con la Francia si erano nuovamente deteriorati. Risalgono infatti a questo periodo i lavori di
potenziamento delle difese esterne, caratterizzati, in particolare, dalla
costruzione di opere in caverna per mitragliatrici e cannoni anticarro. La più
importante, il Centro 14, che si affacciava sui versanti nord e ovest dell’altura,
era armata con sei mitragliatrici e presidiata da 42 uomini.
Come tutte le
opere della zona di Bardonecchia, anche il Forte Bramafam fu affidato all’VIII
Settore della Guardia alla Frontiera. I due pezzi da 120/21, ancora operativi,
andarono così a formare la 516ª batteria G.a.F.
Allo scoppio
della Seconda Guerra Mondiale, i suoi cannoni non intervennero, ma il 21 giugno
1940, giorno in cui iniziò la breve offensiva italiana, il sito subì un
bombardamento aereo.
la sala del cannone da 12 GRC |
Dopo l’8
settembre 1943 il Bramafam fu occupato dalle truppe tedesche che vi mantennero
un piccolo presidio utilizzandolo sino al 1945 come comando del 100º Reggimento
Gebirgsjàger; il forte fu definitivamente abbandonato dagli ultimi difensori
all’alba del 27 aprile.
Nel primo
dopoguerra subì un sistematico saccheggio che fu completato, nella sua azione
devastatrice, dallo smantellamento imposto dalle norme del Trattato di Pace di
Parigi del 1947.
Fino agli
inizi degli anni Novanta il Bramafam è stato oggetto di asportazioni e atti
vandalici: tutte le parti metalliche sono state rimosse, così come sono
scomparsi i manufatti lapidei e demoliti numerosi tramezzi e muri di
tamponatura per il recupero dei mattoni pieni. Risale al 1993 l’idea di
salvaguardare finalmente questa
fortificazione dal definitivo degrado. Promotrice dell’iniziativa, così come del
progetto di riqualificazione e recupero del forte, è l’Associazione per gli
Studi di Storia e Architettura Militare di Torino. Nata nel 1990 dall’incontro
di un gruppo di amici che, seppur provenienti da esperienze diverse, si
sentivano accomunati dall’interesse per l’architettura militare moderna e
contemporanea, l’Associazione era già conosciuta sulla piazza torinese per le
sue conferenze, per l’organizzazione di visite guidate a fortificazioni e siti
storici e per la partecipazione a numerose mostre e manifestazioni.
Dopo una lunga
trafila burocratica, il 18 maggio 1995 l’Associazione è riuscita ad ottenere in
affidamento dal Ministero delle Finanze il Forte Bramafam e, grazie al decisivo
contributo di alcuni enti pubblici e privati, nonché all’infaticabile impegno degli
associati, ha dato l’avvio al suo progetto di ricostruzione. Proprio quest’impegno
di volontariato, caratterizzato dal tradizionale impiego di pale, picconi e
carrette, ha consentito di dar corso ad interventi che in altro modo non si
sarebbero potuti realizzare.
Dopo circa tre
anni il forte inizia a rivivere. Quei vecchi ruderi in declino stanno
lentamente scrollandosi di dosso la polvere dell’oblio, mentre qua e là
riemerge il fascino delle originarie strutture. Disinfestata da una vasta
quanto incolta vegetazione, è così riaffiorata la severa architettura delle
mura di cinta, l’ampia bellezza della piazza d’armi e del fossato, l’austera
eleganza del blocco ufficiali. All’interno del forte, i vasti locali,
pazientemente ripuliti da cumuli di macerie, parzialmente risanati dalle
infiltrazioni che nel corso degli anni ne avevano accelerato il degrado, e,
soprattutto, resi sicuri da numerosi interventi, quali il rifacimento
di gradini, parapetti, infissi, serramenti e putrelle di sostegno delle volte,
offrono al visitatore, attraverso un percorso di visita facilmente accessibile,
un inedito viaggio a ritroso nel tempo.
Interno salone ufficiali. |
Dal 1995 ad
oggi gli interventi di recupero, oltre a bloccare le devastazioni e le
asportazioni di materiali, hanno portato alla realizzazione di un’area museale di
circa 2.000 metri quadri, nucleo del progetto che trasformerà il Bramafam in un
museo unico nel suo genere sull’evoluzione dell’architettura e della storia
militare tra
Ottocento e Novecento. Le uniformi, i reperti, le testimonianze che si stanno
raccogliendo al Bramafam sono realtà uniche nel loro genere.
Una
particolare attenzione è stata prestata nella ricostruzione con arredi d’epoca,
decorazioni parietali sino ad arrivare agli impianti elettrici in ceramica, di alcuni
locali di fine Ottocento: la stanza dell’ufficiale di picchetto, una camerata truppa,
l’ufficio del comandante, la cucina degli ufficiali, infine lo spaccato di un apprestamento
difensivo del primo conflitto mondiale, la cui visita consente non soltanto di
apprenderne finalità e modalità costruttive, ma soprattutto di calarsi negli
stati d’animo di coloro che vissero la drammatica realtà della guerra di
trincea. Infine non ultima la ricostruzione di un’opera in caverna del Vallo
Alpino, con i suoi diversi ambienti: il ricovero truppa, uno spaccato di una
postazione d’arma, il
locale spolettamento ed una casamatta d’artiglieria che ospita un cannone da
75/27 su affusto decouville, un pezzo unico nel suo genere ricostruito in tutti
i suoi particolari.
In questi
ambienti è ospitata una collezione di uniformi del Regio Esercito, giudicata
tra le prime in Italia, che va man mano ampliandosi grazie a successive
acquisizioni e donazioni; sono ormai un centinaio le uniformi esposte che
ambientano le ricostruzioni storiche realizzate all’interno del Museo Forte Bramafam.
Ognuno di noi
ha un sogno riposto da qualche parte, lasciato lì sopito nella speranza di
poterlo realizzare. Parlo soprattutto di quei sogni ad occhi aperti, di quei
pensieri oziosi che utilizziamo per staccarci da una realtà che a volte non è
la nostra. Ed in questi casi più i sogni sono assurdi e più sono affrancanti. Noi
una di queste fantasie l’abbiamo realizzata, avere un forte e cercare di
salvarlo. A posteriori ripensando alle condizioni del Bramafam più che un sogno
può sembrare tutto una follia...
A distanza di oltre
dieci anni dall’inizio di questa avventura queste parole sono sempre vive, l’impegno
del volontariato non è venuto a scemare, nonostante l’evidente disinteresse da
parte degli enti che dovrebbero incentivare e pubblicizzare una simile iniziativa,
l’unica nel suo genere nelle Alpi occidentali.
Le linee guida
che ci siamo posti in questi anni sono state quelle di recuperare e acquisire
materiale storico che illustrasse l’arco di tempo che va dal 1880 sino all’ultimo
conflitto mondiale. Con questo materiale si è creata un’area espositiva di
oltre 2.500 metri quadri, in cui attraverso una serie di attente ricostruzioni
ambientali,
completate da 150 manichini con uniformi originali, 20 cannoni di diverse
epoche, oltre 1.800 reperti di vita militare, si può effettuare un inedito viaggio
a ritroso nel tempo, permettendo di ridare vita a quegli uomini che difesero
queste fortificazioni. Anche quest’anno vi è l’inaugurazione di alcune nuove
sale: dei
coscritti, della guerra d’Etiopia, di una casamatta per cannone anticarro, dell’Esercito
del Sud e della posta militare.
Pier Giorgio Corino