I
combattenti di Bardonecchia nella
1ª Guerra Mondiale (1914-’18)
In loro
ricordo nel 90º anniversario dalla fine del conflitto
Illustrano l’articolo alcune foto in rappresentanza di tutti i soldati bardonecchiesi che partirono per la guerra ( N.d.R. ).
«[...] Questo
è l’Isonzo e qui meglio mi sono riconosciuto una docile
fibra dell’universo
[...] Questa è
la mia nostalgia che in ognuno mi traspare ora ch’è notte che la mia
vita mi pare una corolla di tenebre» (Giuseppe
Ungaretti - I Fiumi - Trincee del Carso - 16 agosto 1916)
Nel 2008
ricorre il 90º anniversario della fine del Primo conflitto mondiale, poiché il
4 novembre 1918, all’indomani della vittoriosa battaglia di Vittorio Veneto e
della firma dell’armistizio da parte dell’Austria-Ungheria, terminarono le
ostilità su tutto il fronte italiano. Ed è pensando al tempo trascorso da quel giorno
che si è deciso di dedicare ai nostri coraggiosi concittadini che hanno
partecipato alla “Grande Guerra” questo affettuoso ricordo, poiché essa
richiese un tributo di giovani vite anche a Bardonecchia.
Remigio Bompard (papà di Milena e Nella Bompard |
Dalla
documentazione in nostro possesso risulta che circa un centinaio di abitanti
del paese e delle sue frazioni partirono dalle montagne che conoscevano e amavano,
chi alpino, chi fante, chi bersagliere, chi artigliere, per le zone di guerra:
di essi ventisette morirono, sui campi di battaglia o per malattia contratta al fronte,
lasciando vedove, orfani, padri e madri senza conforto e senza sostegni, in una
realtà ancora rurale e sostanzialmente povera. Coloro che tornarono salvi ebbero
l’animo segnato per sempre dal ricordo indelebile
della guerra di trincea, dei commilitoni morti, del freddo e della fame che
patirono. Ancora oggi i lricordi, narrati dai figli e dai nipoti, parlano del
dolore incancellabile provato dal momento in cui, nel furore delle battaglie,
furono costretti ad uccidere e ad assistere a vere e proprie carneficine, ma
parlano anche di eroismi, di grande solidarietà e di altruismo.
Tra le
valorose gesta dei soldati bardonecchiesi e valsusini si annovera la gloriosa
conquista del Monte Nero, la cui vetta (2.245 metri), ora in territorio
sloveno, si trova tra le conche di Plezzo e Tolmino, in quella che era una
posizione strategica per le sorti della guerra italo-austriaca: all’alba del 16
giugno 1915 gli alpini del Battaglione Exilles (appartenente al III Reggimento
Alpini), del quale facevano parte molti dei soldati bardonecchiesi che qui
omaggiamo, al comando del capitano Arbarello e del sottotenente Picco (che morì
in questa valorosa azione), espugnarono le difese austroungariche assicurando
così all’Italia il con trollo del massiccio montuoso.
L’ardita impresa
degli alpini dell’Exilles completò l’opera di tutto il III Reggimento Alpini: in
particolare fu determinante il contributo del Battaglione Susa, al quale
apparteneva il sottotenente Barbier di Pier-
remenaud (Oulx), per la presa del contrafforte del Vrata-Potoce. La
conquista del Monte Nero valse la medaglia d’argento al III Alpini ed è
definita dalla sto- riografia militare come «uno splendido esempio di guerra da
montagna, una delle imprese più importanti del primo periodo del conflitto».
Nel corso
degli anni Sessanta del Novecento i reduci della Prima Guerra Mondiale vennero
insigniti dell’onorificenza del Cavalierato di Vittorio Veneto.
Nessuno di
questi cento combattenti è più tra noi, la loro voce si è spenta dunque per
sempre, ma noi vogliamo perpetuare il ricordo di quello che fecero e di quello
che furono: essi ci hanno preceduto vivendo la drammatica esperienza del Primo
conflitto mondiale, ma non erano soltanto soldati, fanti, alpini, bersaglieri,
artiglieri, ma erano, anche e soprattutto, i nostri padri, i nostri nonni, i nostri
bisnonni e, dunque, una parte della
nostra vita, una parte del nostro cuore.
Gli anni che
vanno dal 1914 al 1918 videro l’Italia e l’Europa coinvolte in quella che è
stata poi definita la “Grande Guerra”: un conflitto che sconvolse profondamente
il cuore del nostro Continente, l’ultimo condotto sulla base di dottrine di
guerra e strategiche di stam po sette-ottocentesco ed il primo tecnologicamente
moderno, esteso su larga scala.
La scintilla
dello scoppio della guerra è convenzionalmente associata all’assassinio
dell’erede al trono asburgico, avvenuto a Sarajevo il 28 giugno 1914 per mano
di un indipendentista slavo, ma le ori-gini del conflitto risiedono in realtà nelle
fragili condizioni delle relazioni fra le potenze europee tra la fine del XIX e
gli inizi del XX secolo, rese assai delicate dalle politiche coloniali, dalla
questione balcanica e dalle rivalità anglo-tedesca e franco-tedesca.
Giovanni Agnès (nonno di Rosanna e Augusta Chareun, deceduto a causa di malattia contratta al fronte). |
Da quel
momento i fatti si susseguirono rapidi con l’attacco dell’Austria alla Serbia,
l’immediata reazione della Russia zarista e l’entrata in guerra di Germania,
Francia e Inghilterra: si misero dunque in moto i meccanismi delle alleanze
militari e della mobilitazione generale, che richiesero il coinvolgimento di masse enormi di persone ed il massimo sforzo
produttivo da parte delle economie dei Paesi belligeranti.
Si trovarono di fronte due schieramenti: la Triplice Alleanza, comprendente
Germania, Impero Austro-Ungarico e Impero Ottomano (cui successivamente si
aggiunsero Turchia e Bulgaria), e la Triplice Intesa, formata da Francia, Gran
Bretagna e Impero Russo (cui si unirono poi Italia, Belgio, Serbia, Romania,
Portogallo, Stati Uniti d’America, Giappone, Canada, Australia, Cina, Brasile).
Nei teatri bellici fecero la loro comparsa le armi chimiche, le mitragliatrici,
i lanciafiamme, i carri armati, l’aviazione militare utilizzò i bombardieri e
nella guerra sul mare vennero impiegati i sottomarini. A nulla valse l’accorato
appello del Pontefice, Benedetto XV, che a più riprese invocò la fine
dell’«inutile strage, vergogna dell’Umanità»:
il conflitto, da guerra di movimento, si trasformò ben presto in una logorante
guerra di posizione, simboleggiata dalle trincee e caratterizzata dall’uso imponente
dell’artiglieria e dei gas tossici.
La guerra di
trincea fu un inferno di fuoco e fango a cielo aperto, dove per quattro anni
milioni di soldati furono costretti a combattere, sotto terra e senza alcun
riparo dalle intemperie e dal freddo, in balìa di attacchi nemici, malattie, fame,
sete e di disastrose condizioni igieniche. Sanguinose battaglie costate
innumerevoli vite umane spesso non portavano che alla conquista di qualche
metro di terreno: «l’efficienza del massacro sopravanzava così ogni considerazione
umanitaria», tanto che moltissimi furono i casi di shock psichico, di nevrosi,
di autolesionismo e di diserzione. Alcune tra le più grandi e cruente battaglie
della storia vennero combattute proprio nel corso del Primo conflitto mondiale:
Marna,
Tannenberg e
Laghi Masuri, Ypres, Verdun, Somme, Passchendaele, Jutland, Isonzo e Caporetto.
L’Italia,
alleata di Germania e Austria-Ungheria, aveva, allo scoppio del conflitto,
dichiarato la sua neutralità, ma visse, tra l’agosto del 1914 ed il maggio del 1915,
un lacerante dissidio interno con Parlamento e opinione pubblica divisi tra neutralisti
e interventisti, dissidio che si risolse con la firma del Patto di Londra e
l’entrata in guerra a fianco delle potenze dell’Intesa (24 maggio 1915).
L’esercito italiano (agli ordini del gen. Luigi Cadorna e, dopo il 1917, del
gen. Armando Diaz), mobilitò circa 6 milioni di uomini e si scontrò dal 1915 al
1918 con quello austro-ungarico su un fronte che ebbe come teatro l’arco alpino
dallo Stelvio al mare Adriatico. Lo sforzo bellico si concentrò in Friuli,
nella Carnia e in Cadore e tra le battaglie principali combattute si annoverano
quelle dell’Isonzo, dell’alto Cadore, di Asiago, di Gorizia, del Monte Ortigara
e del Monte Grappa, del Piave, la disfatta di Caporetto e la vittoria di
Vittorio Veneto.
Reduci e Caduti di Bardonecchia - Guerra 1915-1918. |
L’anno 1917
vide il ritiro della Russia, sconvolta dalla Rivoluzione d’Ottobre, ed il
decisivo intervento statunitense; la Prima guerra mondiale terminò nel 1918 con
le offensive combattute sul fronte occidentale che determinarono la vittoria delle
potenze dell’Intesa, il crollo dell’Impero asburgico e la capitolazione della Germania.
Nel 1919 i trattati di pace di Parigi e Versailles sancirono alfine il nuovo
assetto geopolitico europeo. Il tristissimo computo finale della guerra riporta
che le vittime, morte sui vari fronti o per malattia, furono circa 10 milioni, di
cui 650.000 italiane.
Da allora sono
passati ben novant’anni, il Novecento si è concluso ed il mondo ha conosciuto
profonde trasformazioni ma l’avvento del nuovo millennio, purtroppo, non ha
coinciso con l’instaurarsi di una pace universale duratura: la guerra è ancora
una costante della geo-politica attuale e molti conflitti perdurano ed
insanguinano vaste regioni del pianeta, rendendo ancora di urgente attualità
l’accorato appello che Papa Benedetto XV rivolse al mondo durante gli anni della
Grande Guerra.
Chiara Marino