Quel trittico
tutto astigiano in vetta al
Rocciamelone
PORTATO 650
ANNI FA DAL ROTARIO,
NEL 1958
L’IMMAGINE TAUMATURGA FU AD ASTI
Il 31 agosto e
il 1º settembre 2008, la città e la Diocesi di Susa hanno festeggiato
l’anniversario di una storica scalata: sono trascorsi, infatti, 650 anni da quando
un astigiano, tal Bonifacio Rotario, portò sulla vetta del Rocciamelone un trittico
in ottone con l’immagine taumaturga della Vergine.
Alle
celebrazioni della Valsusa si sono uniti anche gli alpinisti della Sezione di
Asti del C.A.I. per una sorta di gemellaggio naturale nel nome di Bonifacio Rotario.
Una storica ed
antica amicizia, dunque, lega le due città “romane” di Asti e Susa.
Mons. Rossi
incorona la Vergine
Fu ancora un
astigiano a legare il suo nome alla Madonna del Rocciamelone, Patrona della
Valsusa: Mons. Umberto Rossi (1879-1952), originario di Casorzo Monferrato
(Diocesi di Casale, ma provincia di Asti), fu nominato Vescovo di Susa da Papa
Benedetto XV il 13 giugno 1921; consacrato Vescovo il 14 agosto 1921, fece il
suo ingresso solenne in Susa il 6 novembre successivo.
Mons. Rossi
aveva promesso di fare del “Rocciamelone” uno degli scopi della sua cura
pastorale, e mantenne la parola. Il 12 agosto 1923 inaugurò, alla presenza del
Duca di Pistoia, la nuova cappella-rifugio da lui fatta erigere sulla vetta, a
3.535 metri d’altezza.
Nel 1925
indisse e guidò personalmente un pellegrinaggio diocesano che si spinse fino
alla vetta. Il 10 agosto 1930, alla presenza di S.A.R. Umberto di Savoia (erano
presenti, inoltre, i Vescovi di Casale, Novara, Aosta, Acireale, Pinerolo e Mons.
Angelo Bartolomasi, Arcivescovo Ordinario Militare d’Italia), incoronò solennemente
la Madonna nella Cattedrale di Susa, ed il 15 agosto andò ad incoronarla in
vetta.
La cartolina raffigurante il Trittico con Annullo Speciale delle Poste Vaticane, datato 1 settembre 1358-2008. |
Ecco la
testimonianza di un pellegrino presente all’incoronazione (Archivio Storico
Diocesano di Susa, La Valsusa del 30 agosto 1930): «Mi fu pure concesso di assistere
all’Incoronazione del Trittico leggendario: fu il brivido e l’attimo per cui
eravamo venuti, e parve l’intera montagna un altare solenne flagellato, e tutto
il pellegrinaggio e tutta la sofferenza un’unica, infinita Messa divina di
preparazione: - ditemi, o compagni più degni di me, se quando il Vescovo Rossi
portò sulla soglia il Sacramento
a benedire
tutto il mondo, voi non abbiate visto la Vergine più bianca della neve, il Bronzo
dei Bimbi d’Italia, alzare sulla Patria le braccia unite, e sorridere?».
Il
trittico ad Asti 600 anni dopo
All’inizio di
settembre del 1958, indetto dal Vescovo Giacomo Cannonero, la Diocesi di Asti
celebrò il suo settimo Congresso Eucaristico e Mariano. Tale Congresso coincise
con tre importanti ricorrenze: nel Centenario di Lourdes, nel sesto centenario
del trittico di Rotario e nel decennale della “peregrinatio Marie” (Madonna
Pellegrina).
Il ritorno
provvisorio ad Asti del famoso trittico venne concesso dall’indimenticabile Vescovo
di Susa, Mons. Giuseppe Garneri: l’opera sacra, dopo una breve sosta a Villanova
d’Asti, raggiunse il santuario della Madonna del Portone. Qui Mons. Cannonero incensò
l’immagine e migliaia di fedeli astigiani passarono a baciarla.
Il Vescovo di Asti ricordò i vincoli di
fraternità che uniscono le Diocesi di Susa e di Asti nella memoria benedetta
del venerando Vescovo di Susa e poi di Asti (per vent’anni, dal 3 luglio 1932
al 6 agosto 1952), Mons. Umberto Rossi.
«Il Congresso Eucaristico-Mariano
– disse il Prelato – risponde
agli intimi evidenti rapporti che vi sono tra Maria SS. e Gesù. Maria è
Mediatrice in quanto nel presente ordine della redenzione non c’è grazia che ci
venga data senza che c’entri la Madonna: come Gesù è nostro avvocato presso il
Padre, così la Vergine veglia sulle nostre necessità e le presenta a Dio».
Infine, sul
sagrato del santuario, il Vescovo Cannonero baciò per tutti gli astigiani il
trittico di Bonifacio Rotario, che fu sistemato sulla macchina del prevosto del
Duomo di Susa, mons. Marra, e partì, fra ovazioni, battimani e lacrime di commozione,
alla volta di Susa, dove seicento anni prima lo aveva portato il nostro
illustre concittadino.
Stefano Masino