17/01/14

Cesare Ferro pittore torinese

Dalle Alpi al lontano Siam
Cesare Ferro pittore torinese
Maria Luisa Moncassoli Tibone

 
 A Torino, nel clima modernista delle arti
Frontespizio del libro curato da Gian Giorgio Massara
e Maria Luisa Moncassoli Tibone

1902. È l'anno in cui si apre, a Torino, la grande Esposizione d'arte decorativa e industriale. Dedicata alla produzione ormai ampiamente diffusa di decori e di oggetti 'utili per rendere piacevoli gli spazi della vita" era una grande operazione, anche mediatica, volta a «socializzare il sentimento dell'arte [...] sollevare le coscienze più semplici e le più complesse alla sua comprensione, rendere gli uomini desiderosi dell'impero della Bellezza». Le parole di Leonardo Bistolfi nel discorso inaugurale così ne definivano il carattere. Vi dominava il modernismo, detto art nouveau dal negozio di Parigi specializzato in arti decorative ma anche floreale per la prevalenza di elementi botanici fluenti. Determinante sarà la definizione inglese di liberty, dal negozio di tessuti d'arredo in Regent Street. Un nome di successo, durato a lungo anche per l'assonanza con la libertà proposta dal nuovo secolo XX.
 A Torino, affiancata all'Esposizione al Valentino era una Quadriennale d'arte che mostrava tutte le novità dell'epoca, organizzata dalla Società Promotrice delle Belle Arti.

Cesare Ferro. Portatori di slitte al monte 1902-1907 
Olio su tela cm.124x80. 
Usseglio, Museo Civico Alpino Tazzetti (foto L.De Vero)

 Cesare Ferro era allora un giovane artista ventiduenne, già bene inserito in quel momento d'arte. Aveva esordito alla Esposizione generale italiana di Torino nel 1898. esponendo due miniature in avorio. In quei primi anni di lavoro si era dedicato soprattutto alla figura. Produceva ritratti a olio di belle signorine come Maria Calvi, sua compagna di studi accademici, che diverrà la moglie dell'architetto Annibale Rigotti, un personaggio che avrà molta parte nel momento culminante della giovinezza dell'artista: l’invito al Siam.
 In quegli anni della formazione fu prediletto da Giacomo Grosso. il maestro che lo stava scoprendo e che lo esortò ad approfondire l'approccio al disegno, disciplina accademica di cui proprio nel 1899 Cesare acquisì l’abilitazione all'insegnamento. Nel 1901 espose a Livorno tre opere per cui ottenne una medaglia d'oro e gli incoraggianti complimenti di Giovanni Fattori.
 Sempre in quell'anno fu presente alla Promotrice con un Ritratto , un Crepuscolo, un Interno, mentre al Circolo degli Artisti presentò Un fiore a olio e la Bambina a pastello. Quest'ultima fu particolarmente apprezzata dal maestro Grosso; a lui l'allievo volle donarla nel 1903 . Ancora nel 1902 partecipava alla mostra della Promotrice con tre ritratti: del pittore Bozzalla, della bambina Diatto e di una Signora in nero. Nella Quadriennale del 1902 Giuseppe Pellizza da Volpedo esponeva Fiumana (1898), antecedente del celebre Quarto stato (1901 ). Carica di interessi sociali, questa opera doveva vincere il premio degli artisti, ma le fu preferita la grande scultura del Monumento equestre al principe Amedeo di Davide Calandra Certamente Ferro conosceva Pellizza e partecipava alla sua passione sociale. Così quando si diede, in quell'anno 1902. con i primi dipinti di Usseglio, alle figure nel paesaggio, le volle ispirare proprio alle istanze sociali che fra i giovani artisti si facevano strada.

Ritratti fra i monti

Due sono le opere che vengono realizzate a Usseglio nei primi anni del secolo. La prima fu studiata a lungo e probabilmente ripresa anche in tempi successivi, fra 1902 e 1907. Dipinge i cavatori di lose che nel Piemonte furono importanti fornitori di materiali edilizi, attivi soprattutto nel  Cuneese donde traevano la celebre pietra di Luserna. Ritraendo quelli operosi a Usseglio mentre salgono con le slitte di legno sulle spalle. Cesare Ferro perpetua anche i lavoratori della sua valle e li iscrive con straordinaria perfezione in un clima di fatica umana viva e vera a cu fa riscontro il sereno progressivo illuminarsi del paesaggio.
Il bellissimo disegno preparatorio, che viene donato dalla famiglia Ferro al Museo di Usseglio con il grande quadro dei “Portatori di slitte” del 1902, fa fede della ricerca puntuale  di rappresentazione della umana fatica che era, in quel momento giovanile, ben congeniale a Cesare Ferro. Infatti l’altra opera, coeva a quella oggi donata, dal luminoso titolo ‘Alba a Benot’ rappresenta un’altra fatica umana, quella delle due pastore che vigilano sul gregge. Le due opere, apoteosi dell’umile lavoro della gente di montagna, si completano con l’opera coeva, oggi alla Galleria di Arte Moderna di Torino, il ‘Ballo in montagna’.
Un momento di gioia da ricordare, una siesta festosa: da un lato i giovani che danzano, con i suonatori di fisarmonica che li animano; dall’altra gli anziani, davanti alle vecchie amate baite, che assistono al vivace e fragoroso ballo. Ma proprio dopo questa opera il momento di solidarietà sociale dell’arte di Ferro è destinato ad interrompersi - insieme alla serie grande dei ritratti che gli valsero a Parigi, al Salon del 1904, la medaglia d’oro- con l’avvento dello straordinario episodio del primo soggiorno siamese.

Nell’Estremo Oriente la passione per l’Occidente
 
Il regno di Thailandia, all’inizio del secolo XX ancora chiamato Siam, era retto da un sovrano di grande cultura. Appassionato di varia umanità il re Chulalongkorn della dinastia Chakri, detto Rama V, si era posto ripetutamente in contatto con l’Occidente di cui apprezzava fortemente la produzione d’arte, di tecnica e di scienza.
Nel 1897 un lungo viaggio gli aveva fatto conoscere le principali città di quasi tutte le nazioni europee. In Italia era stata importante la sosta a Firenze  dove aveva incontrato artisti allora famosi come Edoardo Gelli e Michele Gordigiani. Nello studio di quest’ultimo il sovrano aveva posato per ritratti prestigiosi. Fu un’occasione di contatto artistico e culturale di prim’ordine durante la quale maturò, nel sovrano Rama V, l’idea di invitare in Siam artisti, ingegneri e architetti italiani a cui affidare l’occidentalizzazione della  cultura e lo sviluppo della tecnica del paese. Tra i primi era stato il colonnello Girolamo Emilio Gerini, giunto a Bangkok  per riorganizzare l’esercito ma divenuto anche esperto di infinite ricerche, scientifiche ed archeologiche.
 Nel 1890 era pervenuto in Siam l’ingegnere varesino Carlo Allegri che aveva collaborato a Torino con l’equipe urbanistica  guidata da Carlo Ceppi, che era attiva nella trasformazione della città, con la progettazione della diagonale di via Pietro Micca.
 Divenuto capo del Dipartimento di Ingegneria del neonato Ministero del Lavori pubblici siamese, Allegri era stato seguito dall’arrivo a Bangkok di altri esimi colleghi, tra i quali erano gli architetti Mario Tamagno, Annibale Rigotti , Ercole Manfredi e Francesco Montalenti. Tutti torinesi e protagonisti del rinnovamento urbano.
 Tra le prime opere progettate da Mario Tamagno, Annibale Rigotti e Carlo Allegri a Bangkok era una piccola ma raffinata villa reale: Pratinang Amphorn, in italiano Ambara Villa. Era un edificio di gusto liberty che richiedeva di essere completato con belle pitture.
 Nel 1904 è proprio Annibale Rigotti ad estendere a Torino l’invito per Bangkok a Cesare Ferro, a cui si voleva affidare la decorazione pittorica di quella residenza. Abbiamo già ricordato che consorte di Rigotti era quella Maria Calvi, già compagna di Accademia di Ferro, da lui amichevolmente ritratta. Ma l’occasione di apprezzamento delle capacità d’arte del giovane pittore era stata anche la sua partecipazione già citata al Salon parigino di quell’anno, dove era stato ripetutamente premiato.
 E’ così che Cesare Ferro, pittore accademico ma anche appassionato ricercatore della bellezza ed esegeta attento della vita della montagna nella Valle di Usseglio, decide di dare una svolta alla sua esistenza partendo su una nave per il lontano Oriente. Reca con sé i messaggi dell’art Nouveau, assorbiti dalle grandi Esposizioni ma è pronto a trasformare la sua arte per servire il grande paese dell’Asia che per un triennio gli offrirà la continua scoperta della sua atmosfera vivace e sognante. A Bangkok, nella Venezia d’Oriente, si immergerà in una bellezza struggente che fisserà in fotografie e schizzi e che saprà trasferire nella rappresentazione pittorica che trasfigura i miti del mondo siamese in immagini ispirate al rinnovamento delle arti determinato da quell’art nouveau segnatamente vivo nella Parigi del tempo, come in altre importanti città d’Europa.
 
Una suggestione di spazi per un’esperienza nuova

 Questa svolta di vita determinante, Cesare Ferro l’aveva raccontata anni dopo quando, nell’ agosto 1930, fu incaricato di ricevere all’Accademia Albertina il principe siamese Damrong, in visita con le figlie. Pronunciò allora un ampio documentato discorso di benvenuto. Nelle sue parole, molto sobrie, c’era una viva rievocazione dell’esperienza orientale che il biografo Ernesto Lugaro ci tramanda.
Il Siam fu per lui una rivelazione
“come il bramanesimo trovò al Siam un’interpretazione più umana e serena e il buddhismo la sua più chiara espressione, così l’arte dell’Estremo Oriente si riveste al Siam di una più perfetta grazia; più armonica è l’architettura, più elegante ed aggraziata la sua linea, più nobili le proporzioni, più armoniosi i particolari, più austeri gli interni delle sue chiese, più delicata la policromia … La profusione dell’oro e delle ceramiche è ricchezza meravigliosa e non sfarzo, i mille dettagli sono bellezza e non superstruttura…”
E ancora
“non si dimentica facilmente l’interno del Wat Phra Keo colle sue meravigliose armonie di colori e d’oro, le sue pareti a losanghe dorate, i suoi pilastri policromi, i suoi capitelli intagliati squisitamente,le sue porte in nero e madreperla, le sue decorazioni di ceramiche, la maraviglia d’incastri della struttura di legno…Non si dimenticano le maraviglie del Wat Suthat, del Wat Pho, la slanciata cuspide del Wat Chieng, la bellezza del Wat Rajiabopit colle sue pareti rivestite di ceramiche, la sua  pianta circolare, il porticato esterno e il cortiletto interno pieno di fascino e di mistero”
Quando Ferro giunse al Siam  fu certamente  colpito  dagli originali esiti dell’arte di occidente là presenti. All’interno di Ambara Villa, il lavoro importante a cui era stato chiamato, trovò accenni all’art nouveau, ma anche ambienti rievocanti, specie nelle aperture, l’antica architettura del paese. Guardando ai templi di Bangkok, in particolare al Wat Arun, tempio dell’Aurora, Ferro reinventò simboli mitici, uccelli sacri e, variandoli nelle diverse sale, riscoprì i temi floreali  della tradizione che ripropose con evidenza. La cultura e la sensibilità d’arte che ben aveva ravvisato in lui il suo maestro Giacomo Grosso, lo portavano a queste attente riflessioni. Il suo ruolo di uomo di cultura si affiancava alle appassionate realtà della sua pittura.
 Nella villa  reale le stanze da affrescare sono  grandi e ariose e richiedono un impegno che è anche fatica fisica. Nei pochi momenti di sosta che gli consente il lavoro di decorazione di Ambara Villa egli cerca i contatti con il paese e con l’obiettivo fotografico fissa le immagini che non vuole dimenticare.  Ma al suo fianco è sempre anche l’album degli schizzi che diverranno, ripensati nello studio, brillanti acquerelli.

 Miti e natura e il ‘fresco-secco’: una nuova tecnica

 La scelta pittorica del tema degli affreschi nella preziosa residenza principesca è nuovo e singolare, così come nuova e singolare ne è la tecnica. Il fresco-secco e l’encausto, dall’artista elaborati, permettono di creare opere durevoli in ambiente di forte umidità. I temi naturalistici, le ricche creazioni fitomorfe splendono nell’impaginazione delle cornici: è un  preciso sapere liberty che egli celebra là nel 1906, apponendo la sua firma.
 I grandi occhi circondati da fastose decorazioni mistilinee sotto l’importante fregio fitomorfo connotano una grande sala che abbiamo definito “dei miti silvani”. Figure di donna dal busto fiorente in atteggiamenti agresti si affacciano alternate a giovinetti, a putti, ad immagini di vecchi e di satiri. Una allegoria della forza vitale della natura e delle stagioni in cui il pittore si esprime in modo forte e originale, accordando gli splendidi colori: rossi, verdi, aranciati  con la sensibilità di un grande maestro italiano. Nei particolari di questa importante opera firmata e datata,  Ferro impostò una decorazione lussureggiante in cui alberi e uccelli, paesaggi, figure umane ed animali, quadrature e cartigli si fondono con eccellente fantasia.
 Le stanze  di Ambara Villa sono illustrate , come s’è detto, con temi mitologici e simbolici che attingono alla tradizione e alla natura così dell’Occidente come dell’Oriente: giovinetti con la tonsura, satiri e ninfe, coppie di amanti, una ripetuta allegoria di Vertunno e di Bacco. Il pittore torinese inventa liberamente i partiti decorativi cui la linea sinuosa dell’art nouveau conferisce  elegante fascino.
 L’apparato ligneo delle porte e delle sovrapporte, una sorta di moderne musharabie – finestre  trasparenti in legno traforato- necessarie a far filtrare aria fresca nelle sale, segue l’idea creativa che offre all’opera la sua immagine unitaria.
 Sulla parete della scala che conduce al primo piano della villa, sta il più importante dipinto siamese di Cesare Ferro. E’ una famosa scena che elabora con stile moderno d’Occidente un mito della letteratura thai: la cattura di una Kinnari, inseguita da un cacciatore con un serpentello. La donna- uccello insieme con le compagne viene sorpresa al bagno come Nausicaa da Ulisse. Inciampa  e cade. Ampie ali si dipartono dai fianchi lasciando scoperto il busto fiorente.
 Sullo sfondo le compagne assistono, impaurite. I volti hanno fattezze appena segnate dal tratto orientale; i corpi ostentano una casta nudità di stampo occidentale. Sul capo coroncine bianche creano un riflesso simbolista. La natura è un plein air sobrio, memore forse del Déjeuner sur l’herbe di Manet, ma ricco di un cromatismo sfatto, ancora di marca simbolista. Di quest’opera la famiglia Ferro conserva  alcune foto e disegni preparatori, attraverso i quali si legge la genesi impegnata del dipinto. Sono busti e volti di alcune figure. Resta anche una foto  che ritrae a Bangkok il pittore con la tavolozza in mano, accanto all’opera pressoché terminata.
 
Per la memoria: disegni e fotografie
 
 Negli anni del suo primo soggiorno in Siam Cesare Ferro schizzò a carboncino, a sanguigna molti angoli di Bangkok allora ancora ricca di klongs (canali) che la facevano definire Venezia del Siam. Disegnò figure di giovinetti, monaci, suonatori, danzatrici e con buona tecnica cercò di fotografare ogni angolo dello straordinario paese di cui cominciava a conoscere storia e cultura. Nell’archivio della famiglia Ferro è un grande album: raccoglie più di quattrocento immagini. Sono in gran parte fotografie scattate nel suo  primo soggiorno (1904-1907).
 Si aggiungono un certo numero di cartoline da lui acquistate come souvenir o ricevute dagli amici negli anni successivi al suo ritorno.
 Nel 1907 egli arriva, verosimilmente prima dell’estate, a Torino, lasciando in Siam ricordi e rimpianti. Gli scrivono soprattutto gli amici Moreschi, Tavella, Tamagno. Esprimono spesso il desiderio di rivederlo a Bangkok.


Cesare Ferro Portatore di slitta 12 agosto 1907. Carboncino su carta cm.48x60. Usseglio, Museo Civico Alpino Tazzetti (foto L.De Vero)


 Le fotografie scattate da Cesare Ferro in Siam si possono, grosso modo, dividere in alcune tipologie. Dapprima le rappresentazioni ufficiali, le cerimonie fastose, le sfilate militari, un corteo che mostra l’erede al trono principe Vajravudh. Barche reali sul Me-nam Chao Phya  si accostano ad una ricerca precisa del folclore nel mercato galleggiante. Poi figure di donna, suonatori, danzatrici, venditori e botteghe, monaci sono fissati  in serene gestualità  o allineati in ordinate schiere, sempre indagati con un occhio fotografico dal taglio sicuro.
 Vi sono poi i ritratti degli amici e degli assistenti della colonia italiana a Bangkok: figure spesso inquadrate su scalinate di templi. Tutte le immagini esprimono naturalezza e accurata ricerca dei particolari. L’occhio del pittore -che è un grande ritrattista- guida la realizzazione di queste immagini che ben rappresentano la sua forza evocativa, affiancata ad una buona preparazione tecnica.
 Alcune fotografie sono preparatorie di dipinti come quella di una giovinetta che fu poi ritratta in un quadro acquistato dal principe Umberto di Savoia (come conferma una nota manoscritta a tergo dell’opera).
 Nei circa tre anni trascorsi a Bangkok a contatto con persone sempre importanti, come il sovrano stesso  Rama V, i principi Damrong e Naris, uomini di spiccata cultura, Cesare Ferro ebbe  momenti molto significativi  per la sua presenza artistica.
 Capace di elaborare con stile originale gli elementi dell’arte d’Oriente con lo stile liberty imperante in Occidente, egli sarà autore di progetti grafici per francobolli, monete e medaglie, banconote,  per  servizi di porcellana e d’argento che continueranno a venirgli commissionati anche dopo il suo ritorno a Torino, nell’estate del 1907. Per più di quindici anni egli sarà richiamato a continuare la sua pittura nel Siam, con ripetute offerte giuntegli nel tempo, suffragate dalle sollecitazioni anche degli amici rimasti laggiù.
 Ferro aveva riportato in Italia con sé disegni a carboncino, a china, a sanguigna, raffinati pastelli. Ritraggono bambini e ragazzi, ballerine danzanti, bonzi e sacerdoti. Dipinti a olio, molti particolari di templi, con le tipiche cupole a prang e chedi.  Poi i klongs, tipici canali dalla mobilità specchiante fra i barconi del mercato galleggiante e le case di legno. Un mondo spettacolare e tipico, oggi quasi scomparso.
 Il primo soggiorno siamese lascerà profonde tracce nel pittore che non dimenticherà più la suggestione degli spazi della città di Bangkok, il fascino della Venezia d’Oriente, i suoi ponti, le sue vie d’acqua …

A Torino il padiglione siamese nella mostra del 1911

 Sarà la partecipazione, dopo il ritorno nel 1907, alla grande Esposizione Internazionale per il Cinquantenario dell’Unità d’Italia nel 1911, a suggellare la produzione siamese di Ferro, negli acquerelli e nelle numerose “cartoline” che egli stilerà degli spazi di Bangkok per la mostra torinese e che confluiranno anche nella realizzazione dell’Almanacco Sasso 1912. 
 Voluta dai produttori del celebre Olio Sasso, parenti del celebre poeta Angelo Silvio Novaro, la pubblicazione era stata sollecitata da questi a Ferro, attraverso comuni amici, tra cui  Felice Carena. L’Almanacco è un testimone importante delle novantasei opere che Ferro espose nel 1911 nel Padiglione siamese sulle rive del Po, costruito dagli architetti Tamagno e Rigotti ed illustrato dal bel catalogo del colonnello Girolamo Emilio Gerini, che così lo presentava: “Svoltando verso la Il parete di sinistra non si potrà fare a meno di soffermarsi  dinanzi alla splendida collezione di schizzi e dipinti di paesaggi siamesi che l’adornano, la quale, meglio di qualunque descrizione, ci fa conoscere le caratteristiche dell’architettura e delle vita sociale del paese”.
Il concetto veniva ripreso dai giornali che sottolineavano – come Il momento- la calda nota di vita presente nei dipinti
 Di queste opere non ci resta un elenco preciso. Di esse, oltre alle tredici immagini presenti nell’Almanacco Sasso , crediamo di aver ravvisato altri tredici fra oli, acquerelli carboncini, acqueforti,  presenti negli Archivi della Galleria di Arte Moderna di Torino e ancora un esemplare nell’acquerello donato da un magnanimo acquirente al Civico Museo Alpino di Usseglio.
 
Ritratto di Bangkok nella Galleria di Arte Moderna
 
Bangkok, Palazzo Reale.
Conservati con cura,  firmati, i tredici dipinti restano  come  preziosa testimonianza  della passione paesaggistica del pittore torinese.  Li abbiamo rivisti in buone condizioni di conservazione. Fecero parte di una donazione fatta dai familiari dell’ingegner Giovanni Canova che  “attivò gran parte delle ferrovie siamesi”.
Rappresentano quanto resta di ciò che Cesare Ferro volle ritrarre - a ricordo del suo soggiorno a Bangkok - con diverse tecniche pittoriche di grande efficacia e che espose in gran numero -novantasei, si dice- nel Padiglione siamese dell’Esposizione del 1911 al Valentino.

 Nei dipinti alla GAM si legge un panorama variegato di quel mondo lontano.
 Due sono acquerelli ( mm.275 X 205): il primo raffigura “Birmani presso un tempio” che potrebbe essere il Wat Benjamabopit o Tempio di Marmo e il secondo  un “Esterno di tempio con Buddha e devoti” (Wat Po?).
 A carboncino abbiamo un  “Concerto” di famiglia intorno alla lanterna (mm.380 X 610).
 All’acquaforte, stampata in un foglio di mm.287X196, un’immagine ritrae la danzatrice indiana Roshanara conosciuta da Ferro proprio nell’ Esposizione torinese.
 A matita, pastello e tempera sono due carte: la prima presenta la figura di un ragazzo siamese in costume rosa (mm 409X244), la seconda una figura di lama che un’etichetta intitolava “Vecchio orientale in giallo” (mm 447X288).
Ritratto con oggetti siamesi (Collezione privata).
 I rimanenti sette dipinti della GAM sono ad olio. Uno solo, che rappresenta  la parte anteriore dell’atrio del Wat Phra Keo (tempio del Buddha di smeraldo), è su tela (mm 275X375). Altri cinque ritraggono su tavola in modo diverso gli ingressi e gli atri di quel tempio.
 Uno di questi, (mm.330X265), reca una dedica: “All’amico carissimo G. Canova Cesare Ferro 1916”; segno che  anche in anni più tardi il pittore donava i suoi ricordi di Bangkok agli amici più cari.
 Nell’ultimo  olio su tavola,  un più vasto panorama si apre a rappresentare il Fiume Menam a Bangkok sul quale navigano due imbarcazioni (mm.265X388). E’ l’unico sguardo fuori dalle mura della città che qui si conserva.
 I dipinti di Ferro alla GAM sono accuratamente incorniciati. Potrebbero essere tratti dai depositi e costituire una piccola sezione di iconografia d’Oriente.
 Ad essi possiamo accostare per analogia di tema e di tecnica  l’“Interno a Bangkok”, l’acquerello su carta donato al Museo di Usseglio.
 
Un dono recente e prezioso

 Acquisita in un’ asta presso le Gallerie Santagostino, l’opera  dai ricchi colori e dall’accurato disegno prospettico  rappresenta l’interno di una Sala da the o di una casa antica di teak da visitarsi da parte del pubblico come ne esistevano all’epoca del primo Novecento a Bangkok.
 Una di queste, ancora aperta al pubblico una quindicina di anni fa, è la Casa di Jim Thompson, un americano re della seta che si fece costruire un’antica casa di legno di teak, inserendovi una interessante raccolta di arte e di antiquariato. Un’altra è la Kamthieng House della Siam Society che si occupa di ricerca e mantenimento di beni culturali thailandesi.
  L’opera  “Interno a Bangkok” aggiunge un significativo tratto alla  presenza delle opere di Cesare Ferro  nel Museo di Usseglio portando una testimonianza unica, originale e vivace della presenza dell’artista nel lontano Oriente,
 E’ infatti questo dipinto il documento di come, nel primo soggiorno siamese, l’artista desiderasse conservare ricordo immediato della sua presenza laggiù, disegnando con cura tanti particolari degli ambienti e ricreandone con vivace attenzione il carattere. In questo dipinto tipiche siamesi sono finestre, pareti, soffitto, tappeti, la maschera sul tavolo, mentre di gusto liberty sono gli arredi, in particolare le sedie.

Usseglio: primi passi.
 Ritorno dall’Oriente

 Tornato dal Siam Ferro riprese il vivo contatto con la cultura torinese. Fu nominato all’Accademia Albertina docente “aggiunto per merito eminente”. Da Bangkok continuavano a giungergli sollecitazioni perché potesse là ritornare, dove un nuovo palazzo stava sorgendo a poca distanza da Ambara Villa.
 La prima  pietra era stata posta nel novembre 1908. Gli architetti Mario Tamagno e Annibale Rigotti l’avevano progettato e gli ingegneri Carlo Allegri ed Emilio Gollo ne seguivano la costruzione, realizzata  sotto la direzione siamese di Chao Praya Yomarai. Lungo più di cento metri in marmo di Carrara bianco venato di grigio, il nuovo Palazzo del Trono attendeva una decorazione pittorica da realizzarsi secondo il progetto culturale elaborato  dal dotto principe Naris.  Cesare Ferro, che aveva dato in Ambara villa prova di realizzazione di affreschi di grande respiro decorativo e che vi aveva sperimentato una nuovs tecnica, quella del fresco-secco, venne ripetutamente chiamato per  riprendere, in quello spazio prestigioso, la sua opera. Ma egli non acconsentiva  a tornare colà.
 In sua vece fu chiamato il toscano Galileo Chini che partì nel marzo 1910.
 Da Torino, piazza Emanuele Filiberto 6, e da Usseglio, Borgata Quagliera, Cesare Ferro continuerà a svolgere un fitto carteggio con il Siam. C’era richiesta di bozzetti per monete, medaglie, francobolli, argenterie… Opere per le quali l’artista viene nominato da Bangkok “Cavaliere Phraradaborn della Corona..”
 Intanto la vita di Ferro si era fatta densa di successi. Era la sua, come si è detto, una presenza importante nell’Esposizione per il Cinquantenario dell’Unità d’Italia nel 1911 dove, a cura del colonnello Gerini una grande mostra riscuoteva successo nel padiglione del Siam sulle rive del Po. Come s’è detto, proprio  in essa un singolare filmato avanti lettera era stato costituito dalle pitture di Ferro e dai bozzetti di cui rimangono i citati tredici pezzi a Torino, nei depositi della GAM.
 Tuttavia, a lungo cercato negli anni 1913-15, Ferro non accettava di ritornare a Bangkok, pur rimanendo in contatto epistolare con molti amici.
 
 La bella famiglia e il faticoso ritorno a Bangkok
La famiglia, 1930, olio su tela
(Vicenza collezione privata;
foto Francesco Ferro Milone 2000)

 Gli anni dl primo conflitto mondiale interruppero questi rapporti. Nel 1916, come tanti, anche il pittore Ferro vestiva la divisa. Verso la fine della guerra, sul lago di Garda , egli conosceva Andreina Gritti, di un’antica famiglia di dogi: la sposerà nel 1920.
 Ormai quarantenne, affermato come docente e poi come Presidente dell’Accademia Albertina, si dedicherà con passione alla realtà domestica e con la consorte e i tre figli tornerà ogni estate ad Usseglio dove riprenderà a dipingerne la montagna in una nuova iconografia, protagonista la famiglia.
 A fatica quindi, nel dicembre 1923 - ancora una volta sollecitato da Bangkok per la decorazione della nuova villa Norasingh, detta per lo stile veneziano la Cà d’Oro - decideva di ripartire.
 L’offerta era pressante, il compenso stabilito allettante. Ora c’era una consorte amatissima ad attenderlo, con i primi due bimbi in tenera età. Una famiglia che costava, che stava richiedendo una nuova casa…
La decorazione progettata per Villa Norasingh sarà di nuovo stile, geometrizzante…Al rigoglio di frutti, fiori, foglie, uccelli di Ambara Villa, nella Cà d’Oro Ferro sostituiva grottesche, stemmi con aquile, palmette, racemi, puttini, bimbe con collane… Durante l’opera venne colpito da una malattia; fu ricoverato in ospedale e, senza terminare la decorazione, costretto a ripartire per l’Italia. La somma che gli fu comunque consegnata gli permise l’acquisto di una villetta in Valsalice dove vivrà con la famiglia in mezzo ai ricordi e dove spesso ospiterà gli allievi per far loro conoscere le bellezze e le rappresentazioni della Thailandia lontana. Testimone di questo periodo di vita sarà l’acquerello di un’allieva, Neni Maccagno, che nello studio di strada Tadini  ritrasse un bruciaprofumi siamese appoggiato ad un giornaletto a colori degli anni Trenta.
 
Ritorno a Usseglio

Le tre Marie, 1932, fresco-secco su tavole di cotto ricoperte da intonaco
(Usseglio, cappella funeraria della famiglia Ferro Milone;
foto Francesco Ferro Milone 2000) 
 Ma i dipinti che suggellano l’opera di Cesare Ferro saranno ancora una volta quelli realizzati ad Usseglio. Prima di partire per Bangkok , nell’estate 1923, aveva ritratto “ I primi passi di Marco” . “La madre con bambino”, “La Quagliera” e “Interno a Usseglio”:  Al ritorno dall’Oriente tornerà in queste montagne. Del !927 sarà il “Paesaggio verso Malciaussia” e, sempre di quell’anno, l’idillica rappresentazione di “Checco e la mamma”. Sorteggiata fra i Soci della Società di Belle Arti di Genova- oggi alla Galleria di Arte Moderna di quella città- l’opera gli valse la medaglia d’argento del Ministero della Pubblica Istruzione.

 L’apertura nel Civico Museo Alpino di Usseglio di una sezione dedicata all’artista - che lì è sepolto  in una cappella nel piccolo cimitero- celebra, con il dipinto dei “Portatori di slitte” , con il suo Disegno preparatorio e con l‘acquerello “Interno a Bangkok” la presenza importante di Cesare Ferro nel panorama d’arte dei primi trent’anni del Novecento.