La Cappella di S. Giacomo alle
Grange Frejus
Il tetto è fatto. Ora tocca alla facciata. (foto P. Grimaldi) |
L’arco è adesso libero dalla parete, ripresentando la
facciata della Cappella com’era in originale. (foto P. Grimaldi) |
Il secondo lotto dei lavori – compiuto
nella primavera 2015 – ha contemplato la demolizione del muro e il ripristino
della cancellata di legno, come doveva essere in origine, sullo stile del Santuarietto
di N. D. du Charmaix (di ferro) e assai simile a quella di Sainte-Marie a
Fontouverte. Le pareti laterali esterne e quella di fondo sono state scrostate
e rintonacate con speciali prodotti come suggerito dalla Soprintendenza. La
parte lignea l’ha eseguita la Ditta di Andrea Mainardi e quella di lattoneria Cosimo
Spataro. La Ditta Bruno Romanello ha decorato l’interno.
Al momento la spesa complessiva,
comprendente sia la progettazione con la parcella dei professionisti
che dei lavori eseguiti, supera i
50.000 Euro. Manca ancora qualche fattura.
Un caloroso ringraziamento è
indirizzato alla “Fondazione Mario e Anna Magnetto” per avere patrocinato l’opera con la copertura finanziaria.
La fiducia è, anche quella, che le
Cappelle di montagna, curate e restaurate, divengano, per coloro che
soprattutto d’estate salgono tra i boschi, luogo di sosta, di riflessione, di
preghiera e di incontro con Dio.
***
LA FESTA DI SAN GIACOMO
Dopo una notte di pioggia il mattino si
presentava sereno. Il gran caldo dei giorni precedenti aveva ceduto al vento
fresco che veniva dal nord. Il calendario indicava il 25 luglio: il giorno di
San Giacomo. Come tutti gli anni era prevista la processione alle Grange del
Frejus, con destinazione la Cappella di montagna dedicata all’Apostolo di Gesù.
La comitiva era numerosa, con tanti bambini festosi, quasi come in gita
scolastica, ma questa volta la meta era ambiziosa: incontrare il Signore nella
maestosità della natura, cercandolo anche con la fatica fisica.
Il sentiero che porta in alto si snoda
nel bosco; a quell’ora prevaleva l’ombra, ma sui tratti esposti il sole era già
forte. Ad ogni stazione di preghiera scorrevano le letture, le meditazioni, il
Rosario recitato con partecipazione dai piccoli pellegrini.
Salendo, Bardonecchia sembrava sempre
più lontana, e così gli affanni della nostra quotidianità, mentre prendevano
risalto i fiori e gli alberi con i colori che l’estate aveva disteso sul paesaggio
con l’eleganza del pittore. Il cielo si presentava azzurro intenso, perfetto,
come ricordavo di averlo visto tutte le volte che percorsi quella strada anche
in altre stagioni.
Finalmente la meta. La Cappella di San
Giacomo, appena restaurata, subito benedetta da don Franco, aveva una solennità
semplice ed austera. Nel prato antistante, tutto era preparato con cura per la
celebrazione della Santa Messa, preceduta dagli antichi riti di benedizione
della campagna e del pane da distribuire ai fedeli al termine della funzione.
Il Parroco ricordò la storia delle
Grange, le persone che lì vissero ed infine i benefattori che generosamente
contribuirono al recupero della Cappella. Le preghiere dei fedeli nel silenzio accarezzato
dal vento suggellavano un momento di vera intimità condivisa nella fede.
Dopo i canti, prima che il gruppo si
sciogliesse, un altro bel momento di socializzazione con la colazione offerta
dai proprietari delle Grange. Intanto le persone entravano a visitare la
chiesetta per apprezzarne il restauro. Anch’io volli ammirarlo. Davanti al
piccolo altare, sullo scalino basso, trovai un giovane uomo non vedente,
accompagnato da una donna, entrambi inginocchiati in preghiera. Il silenzio era
assoluto. All’uscita li salutai e quel signore raccontò, alla presenza del
sacerdote, la sua situazione diventata tale in età adulta e dopo la conclusione
degli studi universitari. Pur manifestando un’ombra di tristezza, sembrava
sereno. Aveva maturato una sensibilità nuova e sapeva vedere e comunicare con
il cuore. Rimanemmo pensosi accanto a lui, forse stavamo imparando qualcosa
d’importante e non scritto sui grandi libri...
Continuo ancora oggi a pensare e a
riflettere sul messaggio di quell’incontro, il valore più intenso del giorno di
San Giacomo.
Il ripristino della cancellata di
legno, come doveva essere
in origine. (foto P. Grimaldi)
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Maria Fiorenza Verde
Quante iniziative per l’estate!
Bardonecchia
non finisce di stupire per l’estate 2015! Oltre agli incontri letterari, la
presentazione di libri, la presenza di attori rinomati, anche la Parrocchia di
Sant’Ippolito ha un suo nutrito programma. Dal 18 al 31 luglio per “Musica
d’Estate” ospita gli affollati concerti di pianoforte. Ma le uscite più
caratteristiche, sotto forma di Processioni, sono le salite in gruppo per la
festa delle Cappelle di montagna: la Visitazione al Monserrat, San Benedetto
alle Grange Moutte, Santa Margherita alla Rhô, Santa Maria Maddalena al
Châffaux, San Giacomo alle Grange Frejus, Sant’Anna al Bramafam, Santa Chiara
al Bersac, San Bartolomeo al Vernet.
Bellissimo e coinvolgente vedere il
Parroco, in piena forma, attorniato da un nugolo di ragazzini, di cui il più
piccolo è Federico e ha poco più di cinque anni, portare la Croce, essere pronti
per le 8 del mattino, allegri e vivaci, rispondere alle domande del Parroco sul
Rosario e recitarlo a turno con gli adulti. All’arrivo, servire Messa,
partecipare il più possibile in silenzio poi... via a correre per i prati, con
in mano il pane benedetto, facendo colazione con i dolci offerti dai custodi
delle varie Cappelle. Ai più assidui vengono anche consegnate le Credenziali del
Pellegrino, sulla falsariga di San Giacomo di Compostela.
Una gran bella esperienza che
arricchirà e rimarrà nel cuore di questi piccoli e grandi cristiani.
Daniela Varetto
Santa Maria Maddalena al
Châffaux
Stamane,
22 di luglio, stiamo salendo lungo il cammino verso le Grange Châffaux, dove ci
aspetta la Cappella dedicata alle Sante Maria Maddalena e Caterina
d’Alessandria, recentemente restaurata dopo la comparsa di affreschi
cinquecenteschi. Maddalena e Caterina: figure che trovano ricordo in
particolare nella cultura popolare delle nostre regioni, quelle che una parlata
quasi comune, in gran parte mutuamente comprensibile, collega al di qua e di là
delle Alpi ed attraverso le valli.
Dopo una partenza razzo guidata da un
simpatico Thomas che alpino non è, ma ha il merito di ricordarci che Cristo ha
parlato di prossimo senza aggettivi qualificativi, la salita è ripida ed il
passo lento e ritmato lascia scandire i pensieri tra una decina e l’altra del
Rosario.
Maddalena: sul suo conto si sono
scritte migliaia di pagine, dalle sublimi a quelle quasi offensive, e queste, a
ben vedere, possono rivelare l’intolleranza di una società maschilista nei
confronti di una donna che le opportunità della vita avevano reso indipendente.
La società ebraica del tempo non ammetteva la testimonianza delle donne, e mal
tollerava che esse potessero avere opinioni indipendenti. Vero è che si tratta
di un episodio di oltre mille anni prima, ma nella Bibbia, nel libro dei
Numeri, si riporta che quando Maria ed Aronne si permisero di criticare il loro
fratello Mosè per la moglie etiope, Dio punì Maria con sette giorni di lebbra
bianca. In un ambiente culturale di queste tradizioni, non fa meraviglia che
una donna intelligente, volitiva, indipendente forse per le possibilità
economiche o le amicizie sulle quali poteva contare, fosse assai malvista.
Eppure in tutti i Vangeli canonici la figura di Maddalena compare, e non in
ruoli di secondo piano; nei testi apocrifi ha ancora maggior rilievo, ma il
dato di fatto comune per ogni tradizione è che fu lei, ostinata, irriducibile,
ad incontrare per prima Cristo risorto, e l’Apostolo Giovanni, in particolare,
la descrive con immediatezza impressionante. Una donna; a tradire Gesù, fu un
uomo.
Con il fiatone arriviamo alla terza
tappa. Il terzo Mistero Glorioso ci ricorda la discesa dello Spirito Santo
sugli Apostoli: gli Atti dicono che i discepoli erano riuniti per la festa
ebraica della Pentecoste, ma non dice espressamente che ci fossero solo gli
Undici più il nuovo cooptato Mattia, con esclusione delle donne. Sorrido tra me
e me: certo che c’erano le donne! Trattandosi di un incontro conviviale, vuoi
che tutti quegli uomini, ancora impressionati dagli eventi vissuti da poco,
fossero capaci di prepararsi un pranzo da soli? Da che mondo è mondo, neanche una
mela son capaci di staccarsi da un albero! Anche Maddalena dovette essere tra
le necessarie, fortunate partecipanti, gratificate poi da tanto dono. Ave
Maria...
E siamo finalmente alla Cappella;
nell’attesa dei preparativi per la Messa, entro e dò uno sguardo a quegli
antichi affreschi che avevo intravvisto in corso di restauro. La Maddalena,
scarmigliata, con il vasetto degli unguenti dell’iconografia classica, sulla
destra dell’altare; altre figure rappresentano con innocente crudezza il
martirio di Santa Caterina, l’altra contitolare della chiesetta. La tradizione
dice che Caterina di Alessandria, poco oltre 300 anni d.C., sia stata una bella
giovane cristiana di nobile famiglia, istruita, con ottimo eloquio, che
invitata dal tetrarca romano (probabilmente Massimino Daia, che la storia
ricorda violento e suicida) alla festa per la propria instaurazione, si rifiutò
di partecipare ai riti pagani e preferì affrontare il martirio.
Prendiamo posto di fronte all’altare
sul prato aperto davanti alla chiesa; la capacità rappresentativa dell’artista,
sconosciuto iconografo montano, mi ha lasciato un pensiero...
La Messa inizia ovviamente secondo il
nuovo rito post-conciliare, ma non riesco a trattenere i ricordi di molti anni
fa (era un altro secolo sì, ma non poi un altro evo!); ed è così che il bellissimo
Salmo 43, tante volte udito e recitato da serviente fanciullo, che nella Messa
in latino costituiva l’Introito: «Judica me Deus ... rendimi giustizia mio Dio,
e separa la mia causa dalla gente non santa, strappami dalle mani dell’uomo
iniquo e malizioso...» mi si collega nella mente al tragico destino di
Caterina. Chissà se Caterina aveva origini egizie, o romane, o ebraiche e
portava quel bel nome ellenizzante (da
kàtaros, puro) come di moda nell’alta società
d’allora?
In tal caso molto probabilmente
conosceva il Salmo e l’avrà recitato vivendo il dramma della contraddizione
terrena con la forza dei Santi fino all’ultimo versetto «Et introibo ad altare Dei
... e salirò all’altare di Dio, a Dio che allieta la mia giovinezza».
Quelle immagini di martirio, queste
parole di confidenza in Dio che mi vien di porre sulle labbra di una giovinetta
così lontana nel tempo, mi distraggono. Per la Messa in corso siamo al «Gloria
in excelsis Deo!»: se attacco al primo versetto, faccio una stecca. «Confitebor
tibi in cithara Deus, Deus meus»; mi unirò al coro a metà dell’inno.
Finita la Messa, mentre guardo i fiori
e due improbabili funghi spuntati dal tronco cavo che funge per essi da vaso,
mi chiedo perché queste figure di Sante siano così amate nella nostra
tradizione.
Lessi in qualche studio antropologico
che la donna presso le tribù celte e germaniche aveva un forte prestigio; basti
ricordare la Boadicea a capo della rivolta antiromana dell’Anglia; c’è un
monumento a Londra all’imbocco del ponte diWestminster. Ma non sono
antropologo, non è mia capacità discuterne, però... Però so per certo per
averlo sentito raccontare nella mia famiglia ed averlo visto fino a qualche decennio
fa, che le donne delle nostre vallate erano sovente il perno della vita
familiare; il marito a lavorare giù, nei paesi o nelle città del piano, o addirittura
in Francia, tornava per qualche fine settimana, qualche festa grande, per i
fieni da mietere, o per l’inverno gramo quando i lavori dell’edilizia o
dell’agricoltura erano impossibili.
Negli altri mesi le mogli reggevano la
famiglia: un paio di mucche, qualche capra per i prati più magri e pendenti,
erbe da tagliare su ripe scivolose, qualche biada striminzita da cogliere per
le famiglie più fortunate.
Certo che meritavano ed ottenevano
rispetto quelle donne; le pari opportunità se le guadagnavano sul campo, con
poche parole, tanta fatica, tanto amore. E quale poteva esser un modello rappresentativo,
se non quello di donne forti, indipendenti, intelligenti, volitive... Scendo
ormai a valle, attraverso il bosco ricco di ombre fugaci sotto il mezzogiorno
di sole... le mie nonne si chiamavano Caterina e Maddalena: i miei nonni,
entrambi, Giovanni...
Un bacio, ed una lacrima dentro.
Claudio Chiabotto
50 anni dell’Istituto Frejus
L’ingegner
Francesco Valentini, che aveva tra l’altro frequentato il ginnasio di Oulx
negli anni ’20 e aveva continuato i suoi studi presso il liceo Cavour di
Torino, conosceva bene la situazione dell’alta valle pur lavorando come
direttore tecnico della RIV di Villar Perosa, anche perché lo zio era stato
capostazione ad Oulx. L’Istituto Frejus nasce per sua volontà poiché,
constatata l’unica presenza scolastica in alta valle di scuola secondaria
superiore, rappresentata dal liceo classico di Oulx, elabora un progetto per
offrire alternative scolastiche.
Il prof. Giovanni Valentini, direttore dell’Istituto Frejus. |
Infatti gli allievi che frequentano i
licei non si adattano facilmente a lavori di carattere tecnico e
amministrativo, caratteristiche richieste dal mondo del lavoro, e continuano
gli studi all’Università, spesso inoltre non rientrano più in alta valle
depauperando la stessa di forze nuove e preparate culturalmente che però non
trovavano richieste dagli operatori economici.
Così nel 1966 in via Medail n. 42, al
primo piano, viene inaugurato il corso di ragioneria e quello delle magistrali
dell’Istituto Frejus: due aule più presidenza e laboratorio (foto 1). Primo preside dell’Istituto il professor Carlo Massara
(papà del dott. Paolo Massara), successivamente per alcuni anni la moglie,
Celine Rousset Massara, negli anni ’80 il prof. Piero Rachetto e
successivamente la prof.ssa Miranda Robino Valentini.
Constatato il successo dell’iniziativa,
la scuola, già nell’anno successivo 1967, viene trasferita in via Genova n. 4,
nella sontuosa villa dei fratelli Fila (foto
2). Al termine del secondo anno, la
scuola magistrale viene chiusa, anche per non interferire con l’analoga scuola
legalmente riconosciuta delle suore a Susa, prosegue invece il corso di
ragioneria e nell’a.s. 1970/71 viene sostenuto il primo esame di maturità con
un piccolo ma magnifico trio: Tessiore Sandro, Allemand Antonio e Gorlier
Roberto.
Nel corso degli anni successivi cresce
rapidamente il numero degli allievi, tanto che agli inizi degli anni ’70 si
procede ad un primo ampliamento che verrà completato quando, nei primi anni
’80, viene inaugurato il collegio ed il liceo scientifico. (foto 3)
Il successo è immediato e i risultati
scolastici alla maturità sono rappresentati da molti 60/60 quali, a memoria:
Cassolini Sabrina, Massara Silvia, Pagliano Stefano, Brugnoni Corrado, Costardi
Emanuela, Tricarico Caterina, GiovinazzoMichele, Savino Chiara, Cester Roberto,
Core Cristina, Gallicet Alessandro, Garnier Lucia, Fontana Stefania, Fantini
Paolo, Baesso Agnese, Di Martino Giuseppe, Negri Sara, Ferro Lorena, Romano
Roberto, Monnet Marina, Prato Silvia, Blanc Luca, Rossi Fabio, Stabia Sandra
eMonica, Borla Federica, FolcatAlessandra, Contu Stefania, Mulas Enrico, Torre
Gianfranco, Perron Cabus Valentina, Blanc Andrea.
Contemporaneamente analoghi risultati
vengono ottenuti anche nel mondo dello sport, dimostrando
che la presunta incompatibilità tra
scuola e sport, con una buona organizzazione, è ampiamente superabile.
Ricordiamo, a memoria, Enrico Rossi, Laura Raiteri, Tescari Fabrizio,
Landstatter Konrad, i fratelli Keonigsrainer , Senigagliesi Stefano, Artini
Nicola, Luca Pesando, Fabio De Crignis, Canzi Blanc Matteo, Cereghini Davide,
Del Dio Simone, Cazzaniga Paolo, PavanelloWilliam, Ardau Tiziano,Vachet Luca, i
fratelli Timon,Matteoli Andrea, Maset Fabio, Vottero Luca, Pasquinelli Francesca
e Barbara, Mosconi Paolo e Roberta, Vianello Andrea, Borgogno Davide.
Nel frattempo viene perfezionato un
accordo tra il preside dell’Istituto Frejus GiovanniValentini e il presidente
della Federazione Sport Invernali, Generale Valentino, per cui il college
Frejus diventa College F.I.S.I - A.O.C. Questa importante notizia viene
riportata dai telegiornali diMediaset, da “La Stampa” e dal “Corriere della
Sera”. L’Istituto è presente con cinque classi dell’istituto tecnico
commerciale e 5 classi del liceo scientifico, superando i 150 allievi ogni
anno.
Negli anni 2000 viene chiuso il liceo
scientifico e la ragioneria viene rimodellata nel corso: amministrazione, finanza
e marketing, l’unico nuovo corso voluto dal Ministero della Pubblica Istruzione
dalla riforma del 1929. L’Istituto da legalmente riconosciuto ottiene di
diventare paritario, il che significa che acquista le stesse caratteristiche degli
analoghi Istituti statali: uguali programmi ed esami di maturità in sede.
Un’intensa progettualità voluta dalla
direzione in collaborazione con un corpo docenti molto qualificato e da
adeguati investimenti, porta l’Istituto ad essere la prima scuola superore in
Italia “Total Tablet”. Questa nuova impostazione didattica viene ripresa anche
dai principali telegiornali italiani e testate giornalistiche quali: “Il sole
24 ore”, il “Corriere della Sera”, “La Stampa”, “La Repubblica” e da due
Assessori regionali – Cirio e Ravello – che riconoscono l’Istituto come scuola
leader della Regione Piemonte nelle innovazioni tecnologiche. Si dà così
l’avvio ad un’impostazione metodologica che viene ripresa in molte scuole
italiane.
Anche in questi anni molti sono gli
allievi atleti che emergono nel campo dello sport e della scuola come Marsaglia
Eugenio, Bellet Alessia e tanti altri. Ricordiamo a memoria: Marsaglia Matteo e
Francesca, Borsotti Giovanni e Camilla, Bugnone Francesca, Casse Francesco,
Eydallin Elisabetta, Marco e Simone, Tisserand Dario, Roux Emanuele, Richetta
Federico, Bortolotti Ilaria, Calilli Alessandro, Perron Danila, Guglielmina
Alessia e Chiara, Gatti Alberto e Francesca, De Marchi Giacomo, Casse Clotilde,
Armand Alessandro, Lantelme Giulia e Federica, Falcone Matteo e tanti altri
allievi che hanno ottenuto il massimo dei voti senza essere atleti, tanto per
citarne uno salito ai fasti della cronaca come l’avvocato Davide Baratto.
Nell’anno scolastico 2014/2015 è stato
attivato il corso del liceo delle scienze umane ma con indirizzo
economico-sociale, per dare un’impronta anche pratica all’impostazione
umanistica tipica dei licei.
Fino alla maturità 2014/2015 sono stati
licenziati agli esami di maturità 1.682 studenti ed attualmente è frequentata
da circa 80 studenti di cui una ventina del collegio. Molti sono allievi atleti
e ne ricordiamo alcuni tra cui: Teglia Lorenzo, i fratelli Bellet Alessia e
Lorenzo, Franzoso Matteo, Gardano Carola, i fratelli Allemand Sara e Daniel, le
sorelle Sanna Micaela e Marika, le sorelle Lava Alessia e Cassandra, Maiocco
Maria Delfina, Audibert Charlotte, Duò Matteo, Calzati Andrea, Borgogno Mattia,
Peretti Andrea, Borgis Rebecca, Baccon Francesca, Dente Lorenzo, i fratelli
Timon Alessia e Alberto.
Questa sintesi di 50 anni di storia
dell’Istituto Frejus non vuole e non può essere comprensiva di tanti
avvenimenti, di professori, di allievi, di famiglie e di campioni, ma solo una
traccia che certamente ha contribuito a segnare la storia dell’alta valle e di
Bardonecchia in particolare.
G.V.
Il Cantico delle Creature
La
conca di Bardonecchia a sud delle Alpi ha le caratteristiche della Bella Italia
a cui appartiene: il sole, il clima mite, l’aria dolce e limpida attraverso la
quale vediamo il cielo con i suoi colori tersi, i profili delle montagne e la
luna e le stelle, abbondante acqua, vegetazione varia e rigogliosa, tantissimi
fiori ... la città costruita con gusto e misura, ricca di segni lasciati da chi
ci ha preceduto e ricca di possibilità diversificate. Vogliamo essere fieri di
questo territorio, come nel passato, nel presente e nel futuro per poterci
confrontare ed esprimere, ora e sempre; allora ho pensato di far pubblicare, illustrato
con fotografie da me riprese nella conca, il Cantico di Fratello Sole o Cantico
delle Creature di Francesco d’Assisi, il Santo proclamato Patrono d’Italia
assieme a Santa Caterina da Siena nel 1939 da Papa Pio XII.
Copertina del libretto “Il Cantico delle
Creature”, illustrato da Anna Scarpetta.
|
Il Cantico, scritto nell’anno 1225 in
italiano, viene considerato come uno dei primi gioielli della letteratura
italiana nascente. Probabilmente molti di noi o dei nostri familiari conoscono
solo alcuni versetti, ma non hanno ancora avuto modo di leggerlo tutto.
Combinazione vuole che l’edizione di
Susalibri, la casa editrice a cui mi sono rivolta, sia proprio del giugno 2015,
mese in cui è uscita l’Enciclica «Laudato si’» del Papa che ha scelto come nome
Francesco per il suo Pontificato.
Il Cantico delle Creature è un
magnifico inno e poiché esso proviene dal profondo dell’anima del suo autore,
così come ogni opera poetica, entra in comunione con l’anima del lettore e
rivela un messaggio universale. Tuttavia anche un messaggio universale è più comprensibile
e ritenuto a noi prossimo se assaporato nella quotidianità, nelle nostre case e
nell’ambiente in cui viviamo.
Il 17 agosto al Palazzo delle Feste il
Sindaco e Assessore alla cultura e turismo prof. Roberto Borgis, lapresidente
del consiglio di biblioteca e giornalista del quotidiano francese “Le Dauphiné”
Luisa Maletto e la sottoscritta abbiamo presentato la pubblicazione. Abbiamo
presentato il Cantico come opera poetica, cercando attraverso di essa a quale
forma di riconciliazione tra l’uomo e la natura può portare un’opera d’arte.
Abbiamo presentato le fotografie da me riprese in tutte le stagioni e in tutte
le frazioni, scattate ad hoc per illustrare ognuna alcuni versetti. Ho cercato
un luogo da fotografare per ogni strofa. Dalla poesia ho trovato la natura e,
viceversa, ho scoperto con meraviglia come la natura trovata nella conca è –
ben si presta ad illustrare – la poesia del Cantico delle Creature.
“La montagna attraverso gli occhi dei
fotografi” – Poiché sono socia del Club Alpino Italiano, Sezione di
Bardonecchia, ho contribuito al Milano Mountain Film Festival, Terre Alte Emozioni
dal Mondo, Festival Internazionale del Cinema di Montagna, organizzato
dall’Associazione Montagna Italia e dalla sezione CAI Edelweiss, partecipando
al concorso fotografico con la foto che illustra i versetti: “per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature
dài sustentamento”, ripresa sulla strada per la frazione Gleise. Sono pervenute
oltre 50 iscrizioni provenienti da tutta Italia. La foto è stata scelta tra le finaliste
che sono state proiettate all’inizio di ogni serata del Festival tenutosi dal
24 al 31 ottobre al Teatro Arca di Milano.
La pubblicazione è acquistabile, ma è
anche catalogata nella biblioteca comunale di Bardonecchia e non solo...
Monsignor Franco Buzzi, Prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano e
Presidente dell’Accademia Ambrosiana, che viene a celebrare la Messa nella mia parrocchia
a Milano, ha ricevuto ed inserito la pubblicazione in tre lingue – italiano,
francese, inglese – nella storica biblioteca, fondata e aperta all’inizio del
Seicento, voluta dal Cardinale Federico Borromeo che pensò alla biblioteca non
come un semplice luogo di raccolta dei libri, ma come centro di produzione
culturale. Oggi la Biblioteca Ambrosiana di Milano, oltre che garantire la
conservazione di un patrimonio librario e artistico di immenso valore, porta
avanti da secoli un lavoro culturale d’alto livello e di respiro universale.
Anna Scarpetta
Ostensione della Santa Sindone
Grande
entusiasmo ha suscitato l’Ostensione della Santa Sindone, nel Duomo di Torino,
dal 12 aprile al 24 giugno 2015. Ogni ora, dalle 7,30 del mattino alle 19,30
del pomeriggio, sono passate davanti alla Santa Immagine circa 600 persone. I
pellegrini per raggiungere il Duomo, dopo avere percorso i Giardini Reali,
hanno potuto sostare nel grande tendone allestito appositamente per offrire una
pre-lettura della Sindone, attraverso un filmato che ha aiutato a comprendere i
segni della passione di Gesù impressi sul Sacro Telo. Seimila sono stati i
volontari che, nei due mesi di ostensione, si sono alternati per assistere e
aiutare i pellegrini. Questa ostensione, che ha avuto come motto “L’Amore pìù
grande”, è stata voluta in occasione dei 200 anni dalla nascita di San Giovanni
Bosco, l’apostolo del giovani. La Diocesi di Susa ha vissuto il suo
pellegrinaggio, guidato dal Vescovo Mons. Alfonso Badini Confalonieri, nel
pomeriggio di mercoledì 6 maggio.
Al centro, seduta, Onorina Vallory, accompagnata dal
Barelliere Oftal Giuseppe Miccichè, in Piazza Vittorio Veneto a Torino alla Messa del Papa. (foto: coll. G. Miccichè) |
Tra gli altri era presente anche
l’Oftal. Per il Gruppo di Bardonecchia, il barelliere Giuseppe Miccichè ha
avuto la fortuna di accompagnare Onorina Vallory: «È stata una grande emozione poter
incontrare il Santo Padre. Un’esperienza toccante e indimenticabile».
(Giuseppe Miccichè)
1916: una Messa al campo di
cent’anni fa
«La
Messa al campo. I Cappellani Militari avevano il rango di Ufficiali, da tenente
in su. Erano presenti nelle vicinanze del fronte e nelle località di rincalzo e
in prima linea. Qui il Cappellano celebra unaMessa in suffragio dei Granatieri
di Sardegna caduti in battaglia: probabilmente attorno al 18 settembre 1916,
giorno in cui al Reggimento fu concesso un periodo di riposo, dopo la battaglia
sul Monte Cengio e attorno a Gorizia».
La foto è tratta dal libro “1916: l’Italia impara a fare la
guerra” che documenta altre Messe al campo e Cappellani Militari al fronte; oltre ad alcune
centinaia di foto inedite dai vari fronti in conflitto.
Ci furono anche Cappellani che,
trovandosi in prima linea, caduti tutti gli ufficiali comandanti di quel
reparto, si sostituirono ad essi nel guidare i soldati in quella fase di
combattimento.
Tra i Cappellani Militari 1915/18, ci
fu anche un tenente che fece poi “carriera” fino a diventare “Papa”... tale
Angelo Roncalli che prese il nome di Giovanni XXIII. Ai suoi solenni funerali celebrati
nella Basilica di San Pietro era presente, a fianco del feretro, caso unico
nella storia, anche la Bandiera di guerra dei Granatieri di Sardegna.
Ricordo anche di un sacerdote arruolato
a seguito della mobilitazione generale che, essendo diplomato, pretese di
frequentare la Scuola Ufficiali e, come ufficiale, assunse il comando di un
plotone, e, quando occorse, andò in linea alla testa dei suoi uomini. Ma ebbe
il vezzo di portare sempre la sua pistola scarica. E gli andò sempre bene. Fece
poi “carriera” fino a diventare... Cardinale!
Giuseppe de Franceschi
Argomentare
con parole semplici e di facile comprensione a riguardo di concetti complessi e
dal profondo significato è compito assai arduo. Mi riferisco al significato dell’indulgenza
che è il principale frutto spirituale dell’Anno Santo. Il discorso deve partire
dalla disobbedienza dell’uomo nei confronti di Dio, cioè dal peccato, che
interrompe l’unione dell’anima con il suo Creatore, alterandone così la
relazione. Tra i tanti esempi offerti dalla Bibbia cito solo: «Ho udito i tuoi
passi nel giardino, ho avuto paura perché sono nudo e mi sono nascosto»
(Genesi);
«Ecco, tu ti sei adirato perché abbiamo
peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli.
Siamo diventati tutti come cosa impura
e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia» (Isaia).
Dal peccato si esce attraverso un
percorso di purificazione. Il pentimento e la riconciliazione sacramentale sono
la via per il ritorno al Signore. È indispensabile sradicare le radici che il
peccato introduce nella vita dell’uomo.
Bisogna ricordare che la Confessione
cancella la colpa del peccato ma non la pena, che ha bisogno della
purificazione del Purgatorio. Aquesto riguardo, per maggior chiarezza, credo
sia necessario riportare ciò che insegna il Diritto Canonico: «L’indulgenza è
la remissione dinanzi a Dio della pena
temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele,
debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della
Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, dispensa ed applica
autoritativamente il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi» (can.
992). L’indulgenza, dunque, libera dalla «pena temporale del peccato».
Papa Francesco, sabato 11 aprile 2015,
vigilia della festa della Divina Misericordia, annuncia solennemente che l’8
dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione, aprirà l’Anno Santo
Straordinario della Misericordia, a 50 anni dalla chiusura del Concilio
Vaticano II, che si chiuderà nella festa di Cristo Re dell’universo la domenica
20 dicembre 2016.
Gli Anni Santi si dividono in
“ordinari”, quando cadono ad anni fissi, attualmente ogni 25 anni. In origine
Bonifacio VIII nel 1300 ne aveva pensato uno ogni secolo. Già Clemente VI nel
1342 aveva ridotto la scadenza a 50 anni, poi Paolo II nel 1470 a 25 anni; e
“straordinari” quando vengono indetti in occasioni particolari.
Si chiama Anno Santo anche perché è
finalizzato a promuovere la santità della vita. L’Anno Santo è chiamato anche
Giubileo. Il termine ha origine ebraiche. Leggendo il Libro del Levitico si
apprende che il termine deriva da “jubilaeum”, dalla cui radice derivano tre
parole: jobel, cioè ariete; jobil, che significa richiamo; jobal, che vuole
dire remissione. Era il suono del corno di ariete che richiamava il popolo
d’Israele al termine di ogni 49 anni per annunciare l’Anno Giubilare.
Nell’Antico Testamento era finalizzato ad eliminare le condizioni di miseria,
sofferenza, emarginazione. La legge stabiliva che nell’arco di quest’anno non
si lavorasse nei campi e che gli schiavi fossero liberati. Oggi, per noi, il
Giubileo fa riferimento alla missione di Cristo e alla salvezza da lui operata.
Il Giubileo è il perdono totale. È la pienezza della misericordia di Dio. È
l’indulgenza che la Chiesa concede a determinate condizioni (pellegrinaggio alla
Porta Santa, Confessione e Comunione Sacramentale, recita del Credo, del Padre
Nostro e di una preghiera secondo le intenzioni del Papa)
Il Papa ha voluto un Anno Santo
straordinario della Misericordia. Cosa significa misericordia?
Il termine deriva dal latino
“misericors” che contiene sia la radice “miserere” cioè avere pietà, compassione
e “cor” cuore, cioè il nostro cuore deve accogliere tutti e in particolare i
bisognosi.
La parola “misericordia” è la sintesi
di un profondo sentimento di pietà che induce a soccorrere o a perdonare le miserie
degli altri. La tradizione cristiana dal Vangelo ha elaborato le “sette opere di
misericordia corporale”: dare da mangiare agli affamati, da bere agli assetati,
vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i
carcerati e seppellire i morti. Dalla Scrittura e dai Padri della Chiesa si
desumono le sette opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare
agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le
offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e
per i morti.
Nella storia della Chiesa si è
assistito a un proliferare di Ordini religiosi, Congregazioni e Confraternite
finalizzate all’attuazione delle opere di misericordia. Nel nostro tempo,
forse, almeno in parte, si sono dimenticate. È quindi assai opportuno questo
tempo di grazia dell’Anno Santo della Misericordia per rilanciarle e ottenere
un rinnovato stile di vita più autenticamente cristiana.
Ogni singola opera di misericordia
meriterebbe una riflessione a sé.
Il Profeta Gioele scrive «Ritornate al
Signore perché è misericordioso e pietoso». Tutta la Bolla di indizione
dell’Anno Santo è un prezioso cesello di citazioni della DivinaMisericordia. Basterebbe
soffermarsi sulle citazioni riguardanti le Preghiere Eucaristiche della Messa:
«... anche a noi tuoi ministri,
peccatori, ma fiduciosi nella tua infinita misericordia concedi, o Signore,
di avere parte nella comunità dei tuoi
apostoli e martiri» (Preg. Euc. 1ª); «Di noi tutti abbi misericordia» (Preg.
Euc. 2ª); «Ricongiungi a te, Padre misericordioso, tutti i tuoi figli ovunque dispersi»
(Preg. Euc. 3ª); «Padre misericordioso, concedi a noi, tuoi figli, di ottenere
con la Beata Maria Vergine, con gli Apostoli e i Santi, l’eredità eterna del
tuo regno» (Preg. Euc. 4ª).
Parlando della Misericordia, non
possiamo, da ultimo, dimenticare le parole di quella meravigliosa preghiera
alla Vergine che è la Salve Regina che inizia con “Madre di Misericordia” e si
conclude con l’invocazione “Rivolgi a noi i tuoi occhi misericordiosi”.
Marco Rissone