24/08/16

I Nostri Pellegrinaggi (2015)


... IL PELLEGRINAGGIO DIOCESANO ALLA SINDONE
Quello di mercoledì 6 maggio 2015 per un folto gruppo di bardonecchiesi è stato un pomeriggio ricco di emozioni davanti al Mistero dell’Uomo della Sindone. Alcuni avevano già vissuto questa esperienza, per altri è stata la prima volta. Una lunga coda, assieme agli altri pellegrini giunti da tutta la nostra Diocesi di Susa, poi qualche istante preparatorio con il video della “lettura” del sacro lenzuolo e di seguito un lungo corridoio, con l’esposizione dei pannelli con la vita di San Giovanni Bosco e altri Santi torinesi dell’800 e  ’900.
Davanti alla Sindone le domande e le richieste di ognuno si sono alzate silenziose dalla mente e dal cuore a Dio. Il mistero della Sindone si infittisce di fronte allo scatto fotografico di Secondo Pia quando, in occasione dell’Ostensione del 25 maggio 1898, scoprì che il negativo della foto si comportava come un positivo fotografico. La storia della Sindone e il mistero che l’avvolge continua a essere oggetto di studi pluridisciplinari da parte di scienziati di tutto il mondo, tra i quali anche il dott. Pier Luigi Baima Bollone, autore del libro “Storia e scienza” (Ed. Priuli e Verlucca).
In preparazione all’Ostensione nella nostra Diocesi si erano tenuti vari incontri, tra i quali, all’Unitre di Oulx, il poeta e scrittore Dino Ariasetto aveva presentato proprio il libro del dott. Baima Bollone. Il prof. Bruno Barberis aveva invece parlato, per tutta la zona Altavalle, nel salone dei Salesiani a Oulx, la sera di venerdì 20marzo, ripercorrendo la storia della Sindone, ricordando gli incendi di Chambéry e Torino e analizzando le tecniche di conservazione attuate nel corso dei secoli.
Il prof. Barberis, docente universitario di matematica e membro della Confraternita del Santissimo Sudario di Torino, tra l’altro aveva affermato che «i medici legali hanno effettuato sulla Sindone un’autopsia “sui generis”... un’autopsia infatti necessita di un cadavere, ma qui c’è un telo, del sangue e un’immagine. Papa Giovanni Paolo II l’aveva definita “specchio del Vangelo”. Ad oggi non è possibile provare con assoluta certezza che il Sacro Lino sia effettivamente il telo della sepoltura di Gesù, ma – continua Barberis – le motivazioni che portano a credere, proprio sul piano scientifico, che possa trattarsi di lui, sono notevoli: sia l’uomo della Sindone che Gesù sono stati avvolti in un lenzuolo, hanno portato un casco di spine, hanno portato sulle spalle il patibulum, sono stati affissi alla croce con chiodi, non con corde, riportano una ferita al costato destro, non hanno le gambe fratturate, hanno ricevuto una sepoltura non definitiva e sono rimasti per un breve periodo nel lenzuolo. Nella complessa spiegazione è emerso che ad oggi non è possibile dimostrare né spiegare con i mezzi che c’erano allora, e tolto il caso del laser, anche con i mezzi moderni, un’ipotetica creazione artistica del Sacro Lino. Curioso il ritrovamento del sangue di gruppo AB, lo stesso gruppo rinvenuto sul Santo Sudario e nel Miracolo Eucaristico di Lanciano. Il gruppo AB è posseduto solo dal 5% della popolazione mondiale. Un gruppo raro». È da poco uscito nelle librerie un libro curato dal prof. Barberis, “Autopsia dell’uomo della Sindone” (Ed. Elledici).
Dopo avere venerato la Sindone i circa 800 pellegrini provenienti da tutta la Diocesi si sono ritrovati nella chiesa di San Filippo dove il Vescovo ha presieduto la solenne concelebrazione. In tarda serata abbiamo fatto ritorno a casa portando nel cuore un ottimo ricordo e la gioia di avere contemplando il Volto di colui che «tanto ha amato gli uomini da dare la vita per noi».
Maria Teresa Vivino

... SULLE ORME DI DON BOSCO E SAN DOMENICO SAVIO
(vedi anche "don Bosco")
Il 2015, anno del bicentenario della nascita di Don Bosco, si è aperto con le solenni celebrazioni all’Abbazia dei Salesiani di Oulx in occasione dell’arrivo dell’urna contenente le preziose reliquie di San Giovanni Bosco. Il 14 e 15 gennaio, un folto gruppo di bardonecchiesi ha partecipato all’evento per rendere onore alle reliquie del Santo. Don Franco, in considerazione del grande interesse spirituale suscitato, ha pensato di organizzare, per il 20 maggio, il pellegrinaggio parrocchiale a Castelnuovo Don Bosco, terra di grandi Santi piemontesi, in particolare nelle frazioni dei Becchi, Colle Don Bosco, Morialdo e Mondonio San Domenico Savio.
Puntuali, alle 7 del mattino, i numerosi pellegrini prendono posto sul pullman occupando tutti i sedili disponibili e si parte con destinazione Colle Don Bosco. Dopo una breve sosta sulla tangenziale di Torino per un caffè ristoratore, il Parroco illustra lo svolgimento della giornata.
Il gruppo davanti alla casa di Don Bosco. (foto L. Tancini)
Sottolinea che Don Bosco nacque il 16 di agosto del 1815, però le carte, in considerazione della festività dell’Assunta, indicano il 15 di agosto. Ricorda inoltre lo stile dell’apostolato del grande Santo: “Allegria senza peccato” che riassume l’intera opera svolta da Don Bosco in favore dei giovani; essa si realizzava nell’oratorio, dal latino “orare” cioè pregare e non come molti oggi, in modo superficiale, intendono ricreatorio. Un’ultima curiosità, il Comune di Castelnuovo, prima della canonizzazione di San Giovanni Bosco, si chiamava Castelnuovo d’Asti, poi fu ribattezzato in Castelnuovo Don Bosco in suo onore.
Si giunge così, alle 8,45, nel grande piazzale antistante l’imponente Basilica dove ad attenderci, per fare gli onori di casa, c’è la prof.ssa Patrizia Porcellana con quattro volontarie dell’associazione Amici Ca.Ri. di Asti vestite con il folkloristico costume monferrino.
Prima della visita, ci accomodiamo in un ampio auditorium dove viene proiettato un coinvolgente filmato sulla vita di “Giovannino” e sulle opere salesiane nel mondo. Il cicerone ci fa quindi visitare la Basilica inferiore dove, dietro all’altar maggiore, è posto un prezioso reliquiario contenente un frammento del braccio di Don Bosco e, nella luminosa cappella laterale di sinistra, quella di San Domenico Savio. Sul fondale della Basilica campeggia in alto la riproduzione fotografica, a dimensione naturale, dell’Ultima Cena. Si accede quindi alla Basilica superiore, la guida spiega il significato dei dipinti che riproducono alcuni sogni di Don Bosco: il lupo, gli agnelli e Gesù che indica Maria come maestra per realizzare la sua missione fra i giovani. Molto interessante è pure la spiegazione della struttura architettonica della Basilica (altro sogno di Don Bosco) che rappresenta una grande barca su cui c’è il Papa assalita da numerosissime piccole barche, ci sono però due solidi pilastri che lo sostengono: la Madonna e l’Eucaristia.
Sui vetri cattedrali sono raffigurati monsignor Vincenzo Cimatti, evangelizzatore salesiano del Giappone, e don Giovanni Cagliero, evangelizzatore della Patagonia. Conclusa la visita delle Basiliche, attraversiamo il grande piazzale a cui fa da sfondo un meraviglioso panorama di colline che si chiude con la cerchia delle Alpi; giungiamo così alla “mia casa” come la chiamava Don Bosco. In realtà, Giovanni nacque in una casa ora non più esistente, dove sorge l’altar maggiore della Basilica inferiore, perché dopo la morte del padre, avvenuta quando aveva solo 2 anni, mamma Margherita, fece ristrutturare una tettoia che diventò così la casa di abitazione della famiglia Bosco.
La Celebrazione Eucaristica avviene nel piccolo santuario di Maria Ausiliatrice edificato fra il 1915 e 1918 su progetto del salesiano Giulio Valotti e dominato dalla statua della Vergine.
A Morialdo, dove Domenico Savio, con la sua famiglia,
visse dal 1844 al 1852. 
(foto L. Tancini)
Toccanti sono state le parole dell’omelia tutta imperniata sull’importanza dell’educazione cristiana dei giovani. Il Parroco evidenzia come il Monferrato sia stato veramente terra di Santi: San Giovanni Bosco, San Domenico Savio, San Giuseppe Benedetto Cottolengo, San Giuseppe Cafasso, e conclude citando due episodi non molto noti, ma non per questo marginali. Don Bosco, all’inizio della sua attività apostolica, era molto ammirato da don Cafasso, ma, nell’accompagnare al patibolo i condannati a morte, sviene a motivo della sensibilità del suo carattere, inizia così la sua attività fra i giovani. Don Franco ricorda ancora che Don Bosco ebbe modo di conoscere Edoardo Rosaz e, dopo la morte di mamma Margherita, andò a Susa per trovare una parola di conforto dall’amico Vescovo.
Dopo avere consumato un ottimo pranzo presso il ristorante “Mamma Margherita” ed avere goduto un momento di simpatica convivialità, risaliamo sul pullman per visitare i luoghi dove visse San Domenico Savio a Morialdo e Mondonio San Domenico Savio.
Il Santo nacque a Riva presso Chieri il 2 aprile 1842. La famiglia, per motivi di lavoro, si trasferì a Morialdo nel 1844 dove risiedette fino al 1852, ed infine a Mondonio dove Domenico, ancora giovinetto, morì il 9 marzo 1857 per colera. Nel 1854, ai Becchi, avvenne l’incontro con Don Bosco, il giovane Domenico aveva una lettera di presentazione di don Cagliero, Parroco di Castelnuovo, in cui il sacerdote lo paragonava al novello San Luigi! Storiche sono rimaste le frasi di Domenico Savio che, rivolgendosi a Don Bosco, chiese di farlo Santo, ed altrettanto famosa è la risposta del Santo: «Qui c’è la stoffa ed io sarò il sarto». Nel cortile della casa di Morialdo una lapide ricorda al visitatore che il 5 marzo 1950 fu riconosciuto Beato ed il 12 giugno 1954 fu proclamato Santo.
A Mondonio il tempo si è fatto nuvoloso e, durante la visita alla casa del Santo cominciano a scendere grossi goccioloni, ciò però non impedisce di visitare il piccolo museo annesso alle camerette dove sono raccolti numerosi attrezzi per la lavorazione dei campi forgiati dal padre di Domenico che era fabbro ed il semplice laboratorio di cucito della mamma che esercitava il mestiere di sarta.


Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino. L’urna con la reliquia di S. Giovanni Bosco. 
In alto la pala d’altare in onore dell’apostolo dei giovani. (foto L. Tancini)

Si giunge a Torino con largo anticipo rispetto all’orario in cui siamo attesi a Valdocco, così riusciamo ad inserire una breve visita in Duomo dove è esposta la Sacra Sindone, i pellegrini ne approfittano per un momento di riflessione e per venerare il telo sindonico.
La visita al Santuario di Maria Ausiliatrice suscita in tutti i pellegrini un’emozione molto intensa sia perché fra soli quattro giorni, il 24 maggio, ricorre la festa della Madonna Ausiliatrice, istituita da Pio VII nel 1814, sia perché l’ora serale crea nel tempio una luce soffusa che infonde un’atmosfera quasi irreale da Paradiso; la spiegazione della guida è molto efficace specie nelle camere dove Don Bosco è vissuto a Torino in mezzo ai suoi giovani e, conclusa la visita, uscendo dalla Basilica oramai semibuia e quasi deserta, volgendo lo sguardo verso l’altare dove è conservato il corpo di San Giovanni Bosco sembra di sentire risuonare, a voce spiegata, il canto di migliaia di giovani che invocano: «Don Bosco ritorna tra i tuoi giovani ancor» o «Ausiliatrice vergine bella» e si è presi da profonda commozione.
Nel viaggio del ritorno il nostro animo è pervaso da tanta nostalgia per la bella giornata trascorsa e siamo gioiosi nel nostro cuore perché abbiamo ricaricato le pile della nostra fede.
Marco rissone

Mercoledì 29 luglio, quasi a metà delle vacanze estive, è la data scelta dalla parrocchia per il pellegrinaggio
al Santuario di Ars-sur-Formans, il paese del Santo Curato Giovanni Maria Vianney. Non è la prima volta che ci rechiamo ad Ars, questo piccolo paese a nord di Lione che deve la sua notorietà all’opera di un santo parroco, ma la scelta è dovuta anche all’anno giubilare che ricorda i duecento anni della sua Ordinazione, avvenuta il 13 agosto del 1815. Ogni anno il Santuario accoglie più di 400mila pellegrini, al punto che alla vecchia chiesetta è stata affiancata una moderna chiesa sotterranea per accogliere le celebrazioni con grande affluenza di popolo, e gli eventi come il giubileo o l’anno sacerdotale indetto da Papa Benedetto XVI lo scorso 2009 per la ricorrenza dei 150 anni del “dies natalis” del Santo hanno aumentato ancora le presenze.
La nostra visita inizia dalle stanze in cui San Giovanni Maria visse i suoi anni nella parrocchia di Ars: era il 13 febbraio 1818 quando il giovane pretino di 32 anni, poco considerato dai superiori, raggiunse la cappellania di Ars di appena 230 abitanti. «Non c’è molto amor di Dio in quella parrocchia, voi ce ne metterete», gli aveva detto il Vescovo. Per oltre quarant’anni San Giovanni Maria si dedicò alla preghiera e alla penitenza: entrava in chiesa  all’aurora e ne usciva al calare della sera, sottoponendosi a digiuni e penitenze che peggiorarono il suo stato di salute. Nelle povere stanze annesse alla parrocchia c’è una testimonianza della vita dell’Ottocento:
la cucina costituita da un paiolo sul camino e un povero tavolo di legna e lo scrittoio accanto al letto. Insieme a questo povero arredamento, il diploma incorniciato con cui Napoleone III lo decorò della Legion d’Onore, anche se il Santo Curato non diede mai importanza alle onorificenze civili, ponendo al di sopra di tutto il fare la volontà di Dio, come non ne diede neanche alla nomina a canonico, di cui non portò mai le insegne, continuando a celebrare la Messa e a confessare nella parrocchia dedicata a San Sisto.

S. Giovanni Maria Vianney, Curato d’Ars
«A che servirebbe una casa piena d’oro se non
aveste nessuno per aprire la porta? Il sacerdote
ha la chiave dei tesori celesti; è lui che apre la
porta, è l’economo del buon Dio, l’amministratore
dei suoi beni». (S. Curato d’Ars)

Alla carità spirituale affiancò sempre quella materiale, costruendo negli anni una scuola e un orfanotrofio per ragazze, la “Providence”, che arrivò ad ospitare fino a 60 fanciulle. Il poco che avanzava lo dava ai poveri.
Negli anni in cui il Santo Curato resse la parrocchia, la ricostruzione spirituale della comunità andò di pari passo con quella materiale. Questa cosa non poteva lasciare indifferente il demonio, da cui San Giovanni Maria fu lungamente tormentato, e che vinse con le armi della preghiera e del digiuno.
Proseguiamo la visita nel Santuario, ricavato dall’ampliamento della parrocchia primitiva, dove si trovano molti ex-voto, il confessionale in cui il Curato d’Ars spese la sua vita passandoci anche 18 ore al giorno e la statua della martire romana Santa Filomena, alla cui intercessione don Giovanni Maria attribuiva le grazie ricevute dai suoi parrocchiani e dai fedeli che a poco a poco avevano trasformato Ars in un luogo di preghiera e di riconciliazione. Qui don Franco celebra la Messa all’altare laterale in cui è custodito e venerato il corpo del Santo. Notiamo il contrasto fra la “dignità” della chiesa e la “povertà” della sua casa: insieme a San Francesco possiamo dire che «La povertà si ferma ai piedi dell’altare», non c’è contraddizione fra una vita di penitenza e l’abbellimento della casa di Dio, che è anche casa dei figli di Dio. Quante volte ci tocca invece vedere chiese mal tenute, per trascuratezza o per un malinteso senso di “sobrietà” che non può elevare gli animi.
All’Abbazia di Charlieu. (foto L. Tancini)

Dopo il pranzo, la giornata prosegue nel pomeriggio con la visita all’abbazia di Charlieu, un capolavoro del romanico francese, fondata nell’872 e diventata un importante centro religioso, quando l’Ordine Benedettino era la più importante realtà del monachesimo occidentale.
Nel 932 l’abbazia divenne dipendenza della grande abbazia di Cluny, e lo rimase fino alla  fine del XVIII secolo. Dopo la partenza dei monaci l’abbazia è stata trasformata in museo, della grande chiesa rimangono solo le tracce di dove si trovavano abside e colonne, mentre è ben conservato l’edificio monastico con il chiostro, utilizzato come museo.
Danilo Calonghi

L’abbazia benedettina del secolo XI di Saint Pierre di Solesmes, località del nord ovest della Francia nei pressi di Sablé-sur-Sarthe vicino alla città di Le Mans, da sempre è considerata grande centro di spiritualità cristiana e uno dei più potenti centri di studio e diffusione di musica liturgica e in particolare del canto gregoriano. Questo canto liturgico, la cui composizione fu attribuita a San Gregorio Magno, segna l’inizio della storia della musica occidentale; esso è costituito da un repertorio di canti liturgici monodici della Chiesa cattolica che fiorì nel Medioevo e fu praticato fino in tempi recenti soprattutto nelle funzioni solenni nelle chiese e nei Seminari diocesani. Poi con l’offuscamento della lingua latina anche il canto gregoriano ne seguì la stessa sorte. Sennonché in età moderna, facendosi pressante la necessità di recuperare la musica e i canti del passato sotto l’aspetto culturale ma in particolare liturgico, furono appunto i monaci dell’Abbazia di Solesmes a riportare in vita il canto gregoriano tramite lo studio di antichi manoscritti.
Il gruppo di Bardonecchia a Solesmes. (foto A. Bosco)
Per poter partecipare e vivere anche noi gli intensi momenti spirituali di questa comunità religiosa si è deciso di intraprendere il pellegrinaggio estivo 2015 proprio a Solesmes e in altre  località vicine come N. D. du Chéne a Vion e Le Mans, anch’esse assai ricche di spiritualità oltre che di cultura e arte.
Così, alle ore 5 del mattino di martedì 18 agosto, 37 pellegrini “bardonecchiesi” si incontrano sulla piazza del mercato del giovedì pronti per vivere insieme in modo il più possibile autenticamente cristiano questa nuova esperienza di gioia e serenità ancora una volta in quella nazione, la Francia, considerata tradizionalmente “figlia primogenita della Chiesa”.
Come sempre sono appassionati i saluti tra di noi che non ci vedevamo dallo scorso anno, ma soprattutto nei confronti di don Franco, il quale oltre a saper scegliere ogni anno in modo appropriato le località di pellegrinaggio e a provvedere con cura estrema all’organizzazione e alla gestione, ci fa poi sempre da valido pastore e guida con le preghiere, i canti, le Celebrazioni Eucaristiche quotidiane e con la sua continua vicinanza e disponibilità nei
nostri confronti.
Il primo giorno di viaggio trascorre quasi per intero attraverso il magnifico paesaggio del centro della Francia: prima si percorrono le vallate alpine scavate nelle rocce calcaree, che formano talora pareti molto ripide, e percorse da torrenti tumultuosi; poi la sterminata campagna pianeggiante, o al più leggermente ondulata, costituita da distese interminabili di appezzamenti regolari di campi coltivati a mais, frumento, girasoli, soia e colza e prati ordinati con gruppi e boschetti di alberi, all’ombra dei quali riposano beatamente piccole mandrie di bovini e greggi di pecore e capre.
Dom Prospère Gueranger
Dopo alcune tappe lungo le autostrade e un buon pranzo nei pressi di Bourges, arriviamo verso le ore 18,30 a Sablé, nell’albergo “Campanile” che ci ospiterà per due giorni, e dopo la cena raggiungiamo l’Abbazia per conoscere la Comunità religiosa e prendere parte alle preghiere e ai canti di Compieta delle ore 20,30.
Poiché noi arriviamo a Solesmes da est, ossia dalla parte opposta rispetto al fiume Sarthe, l’Abbazia non ci appare in tutta la sua imponenza, anche se questa si riesce già a cogliere, almeno in parte, dalla sua estensione. Dopo l’annuncio del nostro arrivo da parte del Parroco, siamo accolti da un simpatico monaco-portinaio, che ci accompagna alla chiesa abbaziale, all’entrata della quale ci vengono consegnati i libretti delle preghiere per poter seguire l’ufficiatura.
La storia dell’Abbazia è molto complessa, partendo dal secolo XI con distruzioni e restauri diversi, fino all’ultima ricostruzione nel secolo XIX ad opera di un sacerdote di Solesmes, dom Prospère Gueranger, il quale nel 1833 fondò il nuovo movimento monastico della Congregazione Benedettina di Solesmes, sia per riprendere la vita religiosa soffocata anni prima dalla Rivoluzione Francese sia per fare dell’abbazia un punto di riferimento per il rinnovamento liturgico.
Gran parte dell’edificio fu ricostruito in stile gotico, mentre la chiesa nella quale stiamo entrando ha conservato la navata e il transetto originari dei secoli XI e XIV. La navata colpisce subito perché è molto lunga e stretta e poi perché è praticamente divisa in due tratti nel senso della lunghezza: uno più largo immediatamente dopo l’entrata principale, riservato ai visitatori; l’altro invece più lungo e stretto fino al coro, riservato ai monaci e ai gruppi di persone o singoli che accedono all’abbazia per condividere qualche giorno di esercizi o ritiro spirituali. In questo seconda parte sono molto suggestivi gli snelli pilastri sovrastati dai fasci di costoloni delle volte disposti a palmizio.
Il coro della chiesa abbaziale di Saint-Pierre di Solesmes.

 Un monaco ci conduce ad ammirare lo splendore della costruzione abbaziale, dalla parte che si specchia nell’acqua del Qume Sarthe. (foto A. Bosco)

Un monaco ci presenta e descrive la vita monastica. (foto A. Bosco)

I monaci occupano velocemente i loro stalli nel coro della chiesa e danno inizio ai Salmi di Compieta, che è un momento di preghiera delle comunità religiose, ma anche laiche, che precede direttamente il riposo notturno. Essa fa parte della cosiddetta Liturgia delle Ore, composta dalle Lodi al mattino, dai Vespri al pomeriggio e appunto da Compieta come preghiera serale. La preghiera si innalza a Dio con canto gregoriano monodico di versetti in lingua latina, che si susseguono in un dialogo lento, a volte tra le due parti del coro altre volte invece tra un solista e il coro intero, a ricordare e insegnare che la preghiera per il suo duplice aspetto di richiesta di aiuto e di lode e rendimento di grazie a Dio per tutto il bene che ci concede non deve essere una recita di parole affrettata e superficiale ma un dialogo lento e pacato con Gesù e con il Padre. Tutti siamo inevitabilmente coinvolti e partecipiamo intensamente.
Al termine della preghiera lo stesso monaco che ci ha accolti ci conduce ad ammirare l’imponenza e lo splendore della costruzione abbaziale dalla parte che si specchia nell’acqua del fiume.  Il rosso intenso del tramonto, che a sua volta si riflette nell’acqua, contribuisce ad esaltare la bellezza del fenomeno, facendoci rimanere estasiati.
Il giorno dopo, mercoledì 19 agosto, trascorriamo la mattinata in Abbazia con la partecipazione prima al canto delle Lodi, poi alla celebrazione della S. Messa conventuale, con canti questa volta a più melodie. Il successivo incontro con un monaco ci presenta e ci descrive la vita monastica dell’abbazia: vita di studio di liturgia e teologia, vita di lavoro interno e addirittura partecipazione alla vita sociale, politica e amministrativa della comunità civile di Solesmes, con l’elezione di un monaco rappresentante nel Consiglio Comunale.
Il pomeriggio trascorre con la visita guidata di Sablé-sur-Sarthe, con il suo magnifico centro storico in parte ricostruito, e il Palazzo Rinascimentale immerso in un grande parco disseminato di alberi centenari monumentali. Quindi si ritorna in Abbazia dove, dopo la partecipazione al canto de Vespri, ci accomiatiamo dai monaci, che a loro volta promettono a don Franco di ricambiare la nostra visita con una loro venuta a Bardonecchia.
Questo secondo giorno si conclude con la partecipazione alla preghiera di Compieta nel monastero femminile di clausura di Santa Cecilia, voluto dallo stesso dom Gueranger, per affiancare alla Congregazione maschile anche quella femminile. Noi prendiamo posto nella chiesa con la speranza di poter vedere le monache, ma riusciamo solo ad intravederle, perché esse rispettando rigidamente la loro clausura si sistemano una dopo l’altra nel coro e da lì
fanno salire al cielo i loro canti al tempo stesso lievi e solenni.

La Messa nel Santuario di N. D. du Chêne. (foto A. Bosco)
Mercoledì 20 ci trasferiamo prima al Santuario mariano di Notre Dame du Chéne, località dove apparve Maria in una cavità del tronco di una grande quercia, poco distante dalla cittadina di Vion: qui il Parroco celebra per noi l’ultima Santa Messa di ringraziamento per il pellegrinaggio che sta per concludersi.
Ultima tappa del nostro viaggio è la città di Le Mans, nella quale giungiamo verso le ore 10, dove ci attende una guida per portarci a visitare questa splendida città, che in genere è molto conosciuta per il famoso circuito automobilistico e per le diverse corse, come il Grand Prix e le “24 heures du Mans”, ma molto poco come città d’arte. Dalla grande piazza ai piedi della Cattedrale abbiamo già modo di osservare l’assetto urbanistico della città, divisa nettamente tra la parte antica situata in posizione elevata e la parte nuova invece nella sottostante zona pianeggiante. Infatti, come ci racconta la guida, la città ha origini antichissime, tra il 4000 e il 5000 a.C., è sorta su uno sperone roccioso e conserva testimonianze preistoriche e galliche, ma soprattutto romane e medievali.
Testimonianza preistorica è il grande “menhir”, una pietra arenacea in cui pare essere stato scolpito un idolo pagano oggetto di numerosi culti e simbolo di fertilità. Esso è poi stato da San Giuliano sormontato da una croce e accostato alla Cattedrale come monumento cristiano (Pietra di S. Julien). Resti romani sono invece le terme, scoperte nel 1980 in uno scavo di cantiere, la cinta muraria e il cardo, a testimoniare la struttura urbana romana, ricalcata da alcune vie del centro.
La Cattedrale di Le Mans, dedicata a St. Julien. (foto A. Bosco)
Tra le testimonianze medievali, la Cattedrale di St. Julien è un’imponente costruzione medievale lunga oltre 130metri, eseguita nel corso dei secoli XI e XV, quindi caratterizzata dai due grandi stili architettonici romanico e gotico: la lunga navata e le torri del transetto sono romaniche, il coro e le absidi sono del XIII secolo quindi gotiche, la maggior parte del transetto è invece successiva.
Questi stili sono ben evidenziati nel complesso strutturale esterno, in particolare nella zona absidale le cui murature alte sono rinforzate da numerosi snelli e robusti archi rampanti. Subito dopo la guida ci conduce ad esplorare un’altra bellezza medievale nel centro storico della città, le vecchie case a graticcio, risalenti ai secoli XIV-XV: ristrutturate da qualche decina di anni, esse hanno riacquistato i loro originari colori vivaci (blu, verde, nero, rosso). Sono dette a graticcio perché sono formate da una più o meno fitta intelaiatura di robusto legname di quercia con i riquadri chiusi da muratura. Erano tutte dimore di nobili, aristocratici e ricchi borghesi, che dopo un lungo periodo di abbandono, sono state restaurate riportando così splendore al centro storico.
Dopo l’ottimo pranzo consumato in una bella veranda con vista sulla Cattedrale, ci accingiamo mestamente ad iniziare il viaggio di ritorno, che trascorre intercalando momenti di riposo e conversazione alla preghiera del Rosario e a canti, nonché alle riflessioni di don Franco che ripercorre i varimomenti del pellegrinaggio, soprattutto la giornata vissuta in Abbazia. Si alternano poi alcune interessanti conversazioni tenute dal dott. M. Albera (la preziosa reliquia contenuta nell’antica croce processionale custodita in S. Ippolito e l’evoluzione urbana e demografica di Bardonecchia dalla metà dell’Ottocento, in particolare legata all’apertura del Traforo del Frejus), dal dott. G. Alimento (una profonda riflessione personale sul tema centrale del pellegrinaggio) e dal dott. V. Bosco (geologia e geomorfologia dei territori francesi attraversati).
Ringraziamo calorosamente don Franco per la disponibilità e la vicinanza a ciascuno di noi, e un cordiale ringraziamento all’autista Federico, che ci ha accompagnato per la maggior parte del viaggio, e agli altri due autisti “di spinta” che lo hanno affiancato nel tratto Bardonecchia-Lione.

Famiglia Bosco

CHIERICHETTO
Appollaiato
sul vecchio coro
un chierichetto
guarda curioso
i grandi quadri
il Sacerdote
di cui vorrebbe
seguir la voce.
Compunto apre
chiude le mani
nell’ampio gesto
dell’orazione
ma poi si stanca
e già sbadiglia
scalcia il piedino
perde l’attenzione.
Se sol potesse
toccare il manto
del Sacerdote
seduto accanto!
Infin gli porgono
un cero acceso:
con le due mani
lo innalza fiero.
ROSELLA BARANTANI
(questa poesia è stata ispirata all’Autrice osservando il piccolo chierichetto Federico Bompard, alle sue prime armi nel servizio all’Altare)