Confraternita
di Sant’Ippolito
(Trascrizione e traduzione a cura di Guido
Ambrois)
Prima pagina della REGOLA della Confraternita di Sant'Ippolito (latino) |
Nota del redattore del blog
Il manoscritto della Confraternita è elencato nel Catalogo dell'Archivio (Monticone 2005) come segue:
Confraternita di Sant'Ippolito
25 306 1490 -
1692 5062
Registro della Confraternita comprendente gli
statuti, l'elenco degli iscritti, la contabilità
Il registro presenta una coperta in pergamena riciclata
(probabilmente un atto notarile del secolo XV) rinforzata con alcune pagine a
stampa sovrapposte (secolo XVI?). Alcune pagine sono finemente decorate, come
pure gli incipit dei capitoli statutari. Allegate vi sono le trascrizioni di
alcuni documenti contenuti nel registro.
1 registro, cartaceo, scrittura notarile, latino, francese
<<>>
NOTIZIE
STORICHE SULLA CONFRATERNITA
Della confraternita di Sant’Ippolito ci è pervenuto un libro che copre il periodo dal
1458 al 1692. E’ il documento più antico presente negli archivi parrocchiali.
Nulla si sa della data di istituzione della confraternita, tuttavia si può
ipotizzare che risalga almeno al secolo XIII. Nel documento che ci è pervenuto
si fa infatti cenno a norme di “tempi antichi” stabilite “dai nostri
antenati”. Si fa quindi riferimento ad un periodo piuttosto lontano da
quando dette regole, probabilmente prima tramandate a voce e poi messe per
iscritto, sono state riscritte ”da un antico originale”.
La confraternita
disponeva di una propria cappella, di cui si ignora la data di costruzione,
dedicata a Sant’Ippolito. L’edificio era situato dietro l’attuale casa
parrocchiale, in via Tre Croci. La tradizione vuole che sorgesse sulle rovine
di un tempio pagano e che fosse la prima testimonianza della nuova
evangelizzazione. La chiesetta era in stile romanico, ad una sola navata a
volta rotonda, orientata est-ovest, con abside, e tre piccole finestre che
arrivavano al piano dell’altare, quasi addossato al muro. Nel libro della
confraternita si fa riferimento ad alcuni interventi di restauro sull’edificio.
Durante la rivoluzione
francese la cappella servì come granaio e fienile ed in seguito subì un
incendio. Quando, nel 1806, la vecchia chiesa parrocchiale fu chiusa per crollo
parziale, la cappella fu utilizzata, previo adattamento ed ingrandimento, per
svolgervi le funzioni religiose. Nel 1829, per le sue pessime condizioni, il
genio civile ne ordinò la chiusura ed il Vescovo ne decretò l’interdizione al
culto. In mancanza di fondi per ripararlo, l’edificio fu venduto e trasformato
in abitazione civile, l’attuale casa Barneaud, sul tetto della quale svetta
ancor oggi l’antica croce in ferro.
Il volume, forse inizialmente rilegato in pelle, è ricoperto col retro di una pergamena, con molte lacerazioni, recuperata probabilmente da un atto notarile. Non è possibile leggere il contenuto della pergamena, databile al XIV secolo, in quanto la si dovrebbe staccare dal volume. Gli interni della copertina sono rinforzati con due pagine a stampa sovrapposte, derivate da un messale di fine 1400, con testo a doppia colonna a due colori con rubriche in rosso (foto a lato).
DESCRIZIONE DEL DOCUMENTO
Il volume, forse inizialmente rilegato in pelle, è ricoperto col retro di una pergamena, con molte lacerazioni, recuperata probabilmente da un atto notarile. Non è possibile leggere il contenuto della pergamena, databile al XIV secolo, in quanto la si dovrebbe staccare dal volume. Gli interni della copertina sono rinforzati con due pagine a stampa sovrapposte, derivate da un messale di fine 1400, con testo a doppia colonna a due colori con rubriche in rosso (foto a lato).
Il
testo del documento è scritto a mano, parte in latino con scrittura notarile e
con iniziali dei capoversi miniate, parte in francese con scrittura meno
ricercata.
Sul
recto del primo foglio, non numerato,compaiono alcune righe
scritte in latino con scrittura corrente: in testata (di cui due parole sono di
dubbia intepretazione), al centro ed al fondo. Il suo verso è bianco come pure
bianco è il foglio seguente sia sul recto che sul verso.
I successivi fogli del
registro sono numerati progressivamente in alto a destra del recto. La numerazione
non comprende il foglio 71, erroneamente numerato 72.
Nella
prima parte del testo, dal foglio n° 1 al recto del n° 11, sono riportati in
latino gli statuti della confraternita approvati, nel 1490, per il buon andamento
della vita della confraternita. Le direttive riguardano la preghiera in comune,
la partecipazione alle funzioni religiose, il comportamento verso i confratelli
bisognosi d’aiuto o di conforto, la partecipazione ai loro funerali.
Erano stati lasciati in bianco i fogli dal verso del n° 11 al recto del
n° 27 probabilmente per successive eventuali modifiche delle norme. In effetti
al foglio n° 12 compaiono nuove aggiunte scritte in francese nel 1584. Queste
ultime disposizioni non sono approvate dalla maggioranza dei confratelli, come
stabilito in precedenza, ma imposte dal delegato dell’Arcivescovo di Torino
durante una visita pastorale.
A partire dal foglio n°
13 e sino al foglio 24 (recto), compaiono trascrizioni in francese dei
precedenti precetti in latino “per essere più facilmente enunciati e perche
ognuno dei confratelli non ignori d’osservare ciò che con personale giuramento
ha promesso”. Probabilmente le norme in francese risalgono al 1595 quando
le nuove iscrizioni dei confratelli sono riportate nella stessa lingua.
Di seguito sono
riassunte le disposizioni emesse nel 1584 dal delegato arcivescovile mentre a
lato sono annotate, sempre in francese, le varianti dell’Arcivescovo Broglia
del 1609.
Dal fatto che le regole
siano state trascritte in francese si potrebbe dedurre che in un primo tempo
gli iscritti alla confraternita erano in grado di comprendere il latino e
quindi appartenevano ad un ceto istruito e relativamente agiato. Probabilmente
la confraternita rappresentava una associazione riservata ad una cerchia
piuttosto ristretta. Successivamente furono ammesse anche persone che
ignoravano il latino, compreso solo più dal clero, dai notai e da pochi altri.
Di qui la necessità della trascrizione in una lingua accessibile a tutti anche
se, abitualmente, nell’uso quotidiano veniva usato il patois.
Sono
rimaste in bianco le pagine dal foglio 24 (verso) al foglio 27 (recto). Tra i
fogli 26 e 27 è inserito un foglio non numerato. Sul verso del foglio 27 si
dichiara, in latino, che le annotazioni nelle pagine successive (foglio 28 e seguenti)
riguardano gli elenchi delle persone ammesse alla confraternita e si specificano i significati dei simboli
che compaiono a fianco dei nominativi.
Le nuove iscrizioni, anno per
anno, avvenivano dopo le funzioni
religiose, di solito il giorno della festa di Sant’Ippolito, più raramente nel
giorno della dedicazione della cappella. Questa data non è indicata in modo
univoco in quanto si fa riferimento alcune volte al 28, altre al 29 oppure al
30 dicembre.
L’elenco dei nuovi
confratelli si ferma al 1692 (foglio 84 recto).
I
nomi dei confratelli sono scritti inizialmente in latino con caratteri
notarili. A partire dal 1494 compaiono a lato di alcuni nominativi annotazioni,
in francese, delle date della loro morte. Successivamente al 1565 (foglio 47,
verso) si utilizza solo più la lingua francese.
Dal 1595 risultano
iscritte alla Confraternita anche donne, mogli o figlie di confratelli. Negli
elenchi si riscontrano i nomi delle più antiche famiglie di Bardonecchia i cui
discendenti sono ancora oggi presenti in loco.
Inframezzate a tali
liste compaiono annotazioni relative a rendiconti, ricevute di quanto pagato
per la celebrazione di messe e di alcuni pagamenti di tasse fatti dal
procuratore della confraternita (fogli 79-80-81), spese relative a restauri alla
cappella e donazioni di oggetti per il culto. Tra le donazioni alla
Confraternita, oltre a lasciti in denaro o di terreni, compaiono anche un’arnia
e due pecore.
In alcuni casi, nel
seicento, oltre a Sant’Ippolito si trova un riferimento a San Giorgio. In uno
si tratta di una donazione fatta “alle cappelle e confraternite di
Sant’Ippolito, San Giorgio e dei Penitenti”. In altri si identifica
Gianbattista Barbier come “procuratore delle chiese di Sant’Ippolito e San
Giorgio”. Sono queste le uniche tracce della possibile esistenza della
Confraternita e della chiesa di San Giorgio. Potrebbe però trattarsi di una
sola Confraternita e che al nome di Sant’Ippolito sia stato successivamente
affiancato quello di San Giorgio.
Nel 1625 è stilato un
verbale in cui si stabilisce di nominare, in ausilio dei priori, alcuni
consiglieri.
La terribile epidemia di
peste del 1630 è ricordata quando si annota che la messa, a causa del contagio,
è detta all’aperto nel luogo dove si pensava di erigere la cappella a San Rocco
(foglio 70).
Tra i fogli 90 e 91 sono
inseriti due documenti notarili stilati su fogli più piccoli. Nel primo si
tratta di una cessione di un terreno alla Confraternita, in pagamento di un
debito contratto precedentemente, e della sua concessione in affitto a fronte
di canoni da pagare annualmente. Nel secondo la Confraternita fa valere i suoi
diritti, derivati da una disposizione testamentaria. Curiosa è l’annotazione
sul retro del documento, fatta evidentemente in un secondo tempo da un’altra
persona, in cui sono riportati i prezzi dello zucchero e di alcune spezie che
probabilmente avevano subito aumenti notevoli perché sono accompagnati
dall’annotazione: “il tutto per andare in rovina”.
A
partire dal retro del foglio 91 sono elencati, divisi per località, i
confratelli in vita nel 1565 che partecipano all’elezione dei procuratori. Gli
iscritti sono complessivamente 297 così suddivisi:
Les Arnauds 36
Millaures 9
Savoulx 13
Beaulard 53
Forestieri 2
Compare
una sola persona di Rochemolles, elencata tra quelle di Bardonecchia.
Si
tratta di un numero notevole d’iscritti alla Confraternita se lo si considera
in rapporto alla popolazione di allora. Pur non disponendo di dati anagrafici
riferiti all’anno in questione, si può ipotizzare la presenza complessiva nelle
diverse località di due-tre migliaia di persone, raggruppate in
quattrocento-cinquecento famiglie.
Nei
documenti ufficiali relativi alla peste del 1630 si parla di 791 morti su un
totale di circa mille residenti nel capoluogo. All’inizio del secolo XVIII
risultano viventi a Bardonecchia 807 persone, a Les Arnauds 156, al Melezet
366, a Millaures 347, a Rochemolles 389.
Inframezzati
a questo ultimo elenco del 1565, vi sono ulteriori annotazioni di cessioni di
terreni in affitto con i relativi pagamenti.
Mentre nella
trascrizione è stata seguita fedelmente la successione delle registrazioni, nella
traduzione si è preferito riportare, per omogeneità, queste annotazioni prima
dei nominativi dei confratelli viventi nel 1565, evidenziando a lato il numero
effettivo del foglio.
Il
libro della Confraternita si chiude con la pagina in cui sono trascritti i due
confratelli forestieri.
Sono
rimasti in bianco i fogli: 41 verso – 81 verso – 84 verso – 85 – 86 – 87 – 88 –
97 verso – 98 recto - 99 verso – 102 verso – 103 verso – 104 verso.