23/11/13

Notizie dal MUSEO di MELEZET (2012)

La locandina della mostra 
(opera di Andrej Bosc)
In occasione della festa dello Scapulaire, sabato 21 luglio, è stata inaugurata l’esposizione “I Santi si raccontano”, frutto di una ricerca riguardante le Sante ed i Santi rappresentati, sotto varie forme, nella conca di Bardonecchia.
Già il Concilio di Trento, in un decreto del 1563, aveva esortato i Vescovi cattolici ad istruire i fedeli sul modo legittimo di invocare l’intercessione dei Santi, di onorare le loro reliquie e di leggere le loro immagini.
Si è cercato inizialmente di elencare i personaggi sacri che furono e sono venerati a Bardonecchia, o nelle sue frazioni e borgate e, con stupore, si è constatato che sono molti, quasi una sessantina; le loro immagini si presentano ai nostri occhi sia sotto forma di affresco, di statua, di stampa, o sono dipinte su tela.
Tra i più rappresentati citiamo San Rocco, vissuto nel XIV sec. in Francia e in Italia, protettore dei pellegrini e degli invalidi, invocato contro la peste; porta un cappello, impugna un bordone ed è quasi sempre accompagnato dal fedele cane con un pane in bocca. A lui si è rivolta la popolazione di Bardonecchia e di Les Arnauds con due voti documentati nel 1630, in seguito ad un’epidemia di peste e, a distanza di quasi un secolo, con un terzo voto espresso dalla comunità di Millaures, colpita da “febbri maligne” nel 1712.
Anche San Sebastiano, vissuto a cavallo tra il III e IV secolo, fu molto venerato nella nostra zona. La sua raffigurazione più diffusa è quella rinascimentale del giovane legato trafitto da frecce. È protettore degli arcieri, dei vigili urbani, ed invocato contro la peste, infatti venne citato, insieme a Rocco nel voto di Les Arnauds nel 1630. Che si tratti di affresco, statua o dipinto, l’immagine dei Santi è ricca di simboli iconografici. La palma, per esempio, significa martirio; Agata ha i seni recisi; Andrea porta una croce decussata; Antonio Abate, il patrono di Melezet, protettore degli animali domestici, impugna un bastone a T, con una campanella, legge un libro ed è accompagnato da un maiale, il cui grasso curava
l’herpes zoster o veniva utilizzato in caso di intossicazione da segala cornuta; Apollonia ha la tenaglia con il dente; e, come non riconoscere San Cristoforo, il gigante buono, affrescato fuori o anche all’interno delle nostre Cappelle di montagna: ha sempre i piedi a bagno, talvolta vicini ad una sirena, impugna un lungo bastone e porta sulle spalle il Bambino Gesù. Nel corso della ricerca si è notata l’importanza che assumevano gli animali terreni o immaginari, accompagnatori dei nostri Santi, in totale più di venti.
Partendo dagli Evangelisti, su quattro ufficiali, tre sono rappresentati da animali: Giovanni ha l’aquila o il calice con il serpente; Luca, il bue alato; Marco, il leone alato; per proseguire con Benedetto, il corvo; Bernardo, il cane o il demonio incatenato ai suoi piedi; Eldrado, i serpenti; Felice di Valois, dipinto da Dufour nel 1676 nella pala d’altare della Cappella del Carmine, è accompagnato da un cervo; Francesco, amico degli animali, ha, quasi sempre il lupo e, in antitesi l’agnello; e Giorgio cavalca sempre il suo
bel cavallo, mentre sta trafiggendo un enorme drago.
Tutti questi simboli possono essere interpretati. L’immagine rivela ciò che è nascosto (Giovanni Damasceno) e l’iconologia è proprio la scienza che interpreta le figure allegoriche, gli emblemi ed i simboli.
Ognuno di noi sa che l’agnello vuol dire innocenza, purezza ed è anche Cristo immolato, l’aquila che è dominio, legalità e anche ascensione del Cristo risorto, il bue rappresenta la bontà e la forza come il cane la fedeltà e la vigilanza, la co lomba è pace, umiltà e Spirito Santo e il drago rappresenta il male cosmico.
Nel corso di questa breve disquisizione abbiamo parlato di immagini sacre che sono diventate opere d’arte, strumenti per trasmettere un messaggio religioso, un ponte tra il mondo di Dio e quello dell’uomo, la Bibbia dei poveri del passato.


Daniela e Valeria