Nel corso del 2005 si sono conclusi i restauri delle principali
opere d’arte che arredano la nostra chiesa, iniziati già nell’anno passato. A
tale proposito si richiama la cronaca pubblicata sul numero precedente del
Bollettino, che relaziona circa il Retable, la predella d’altare e vari
interventi su statue lignee e tele.
Il restauro dell’antico Coro proveniente dall’Abbazia di Novalesa,
posto a coronamento del presbiterio, è senza dubbio, tra i restauri compiuti
quest’anno, il lavoro più impegnativo e degno di attenzione.
Si tratta, come scrisse il Parroco don Vachet, che l’aveva
acquistato dall’Abbazia di Novalesa e ricomposto a Bardonecchia nell’inverno
del 1829, «di 17 stalli, di cui per mancanza di spazio, uno eliminato (e andato
perso), ed uno ridotto». Quanto alla datazione dell’arredo, scrive lo storico
Des Ambrois, che: «fu l’Abate Vincenzo Aschieris di Giaglione – Abate di
Novalesa dal 1398 al 1452 – a commissionare l’opera». In effetti lo stemma
degli Aschieris compare dipinto nei postregali dei primi stalli di destra e
sinistra.
San Pietro sulla fiancata del primo stallo di destra, riportato alla luce dopo il restauro. (foto G. Elia) |
Continua il Des Ambrois: «Si può pertanto datare l’opera attorno
al quarto decennio del ’400». Siamo di fronte ad un’opera che si avvicina ai
600 anni di storia. La fase preliminare del restauro ha visto uno studio non
indifferente circa il da farsi, con sopraluoghi e pareri diversi messi a
confronto, principalmente tra il funzionario della Soprintendenza il dott.
Claudio Bertolotto, il prof. Guido Gentile storico studioso del nostro
Coro, la dott.ssa Mariapia Dal Bianco, i restauratori Massimo
Ravera, Lucio de Vero ed Enzo Giovine.
Concordata la tesi del restauro conservativo più radicale, il Coro
è stato interamente smontato e imballato in circa 130 pezzi, nel mese di
aprile, e trasferito nel laboratorio di Massimo Ravera a Benevagienna per il
restauro ligneo. Successivamente, per quanto riguarda il restauro pittorico dei
pannelli superiori, portato nel laboratorio Giovine-de Vero di Torino.
Il restauratore Massimo Ravera alle prese con gli ultimi ritocchi.
(foto G. Elia)
Nel frattempo la Ditta Pino Trotta, con un lavoro notevole,
compiuto con precisione e competenza, ha predisposto la massicciata
(precedentemente non esistente, posando le assi semplicemente sopra la terra),
sulla quale poggiare, compiuto il restauro in laboratorio, le assi della nuova
predella e i sedici stalli. Si è reso anche necessario, con il parere
favorevole della competente Soprintendenza, rifilare le due colonne e gli
ornamenti cementizi, ai lati del Coro, per permettere, in fase di rimontaggio,
di offrire una arcatura maggiore del Coro stesso, e consentire l’ampliamento di
quello stallo sacrificato nella posa voluta da don Vachet,
ed avere così, in fase definitiva, non più quindici stalli e un
pezzo, bensì sedici stalli completi. Anche in questo lavoro edile, Pino ha dato
il meglio di sé.
Inoltre si sono resi necessari interventi, anche da parte di
Teresio Bouvier, ottimo fabbro di Oulx, che ha predisposto una solida struttura
di ferro, a sostegno del Retable, che in precedenza, almeno in parte, poggiava
sugli stalli. Ed anche interventi per definire impianti elettrici, della Ditta
Balsamo-Durand; e riprese di decorazione, compiute dalla Ditta Romanello. Gli
stalli, dopo una paziente e attenta opera di restauro, di oltre 1.200 ore
lavorative, per quanto concerne la sola parte lignea, compiuto in circa tre
mesi di lavoro, sono tornati a Bardonecchia, pronti per essere riposizionati.
Un lavoro intenso di quasi due settimane, compiuto da Massimo Ravera e i suoi
collaboratori Marco Costamagna e Maurizio Taricco, che hanno riportato i sedici
stalli al loro primitivo splendore. Un lavoro eseguito con passione, professionalità,
amore per l’arte e la storia, premiato dai lusinghieri complimenti della
Soprintendenza in fase di collaudo, e dalle tante persone venute, fin dal primo
momento, ad ammirare l’opera. Anche la parte del restauro pittorico,
ottimamente eseguita dai restauratori Lucio de Vero ed Enzo Giovine, ha ridato
vita ai pannelli superiori, raffiguranti Profeti ed Apostoli, con ornamenti di
foglie e animali. Sono riapparsi i bei colori del fondale, delle figure e dei
cartigli, precedentemente poco leggibili perché nascosti dalla patina dei
secoli. Sono state eliminate le immagini dei monaci e monache dipinti nei cieli di ogni stallo,
essendo dei “falsi”, di epoca recente.
Il Coro è tornato al suo posto, testimone della preghiera dei
monaci che, secondo la Regola di San Benedetto, vi entravano sette volte al
giorno per l’ufficiatura, ed ora continua ad essere il segno della preghiera
che, ogni giorno, la Chiesa rivolge al Signore del Creato e della Storia.
Un’attenta ricerca critica tuttora in atto da parte della prof.ssa Arabella Cifani
e del prof. Franco Monetti potrà rivelarci, speriamo presto, nuove e belle
sorprese, soprattutto a riguardo della simbologia impressa dall’artista alla
sua opera.
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Anche il Vescovo Mons. Alfonso Badini Confalonieri ha avuto parole
di compiacimento e di lode, nel corso dell’inaugurazione avvenuta nella festa
di Sant’Ippolito il 13 agosto, alla presenza di numerose autorità e di una
massiccia presenza di fedeli.
Il Parroco don Franco Tonda, al termine della celebrazione ha
voluto ringraziare vivamente la Compagnia di San Paolo che, destinando la somma
di 100.000 euro ha reso possibile compiere il delicato e necessario intervento.
Se il restauro del Coro ligneo è stata l’opera più impegnativa,
non dobbiamo dimenticare gli altri lavori compiuti nel corso di questi mesi.
La “Deposizione di Gesù dalla croce”, che portava, tra l’altro, i
segni rovinosi causati nell’ultima guerra, che non avevano risparmiato neppure
la chiesa, appare ora luminosa e devota, nella nuova collocazione: non più
sull’altare laterale marmoreo, bensì su una parete tutta sua, a sinistra per
chi entra, nella navata centrale.
Anche il bel tondo raffigurante S. Francesco di Sales è tornato
fresco di restauro e ricollocato al suo posto, nella Cappella Invernale, sopra
la porta della Sacrestia.
Appena in tempo per Natale, con un lavoro di rimontaggio sul
posto, preceduto da paziente restauro in laboratorio, è tornato l’Altare del
Santissimo, riportato, per quanto possibile, dalla mano di Massimo Ravera e collaboratori,
al suo aspetto originale, affiancando al Tabernacolo i due ornamenti laterali, recanti
in nicchia le statuine di S. Ippolito e S. Giorgio.
Diponto sul muro della Cappella della Madonna |
Il laboratorio Giovine-de Vero ha dapprima consegnato restaurata
la scultura “Madonna del Tempietto”, giudicata di notevole pregio artistico,
che sarà definitivamente custodita in una teca e collocata accanto al
Battistero, dov’è il pinnacolo dello stesso stile, con le statuine di Gesù
battezzato dal Battista; e poi le tele di S. Antonio abate e dei Santi Pietro e
Paolo. Quest’ultima con una grande novità, in quanto, in fase di restauro, ha
fatto apparire l’immagine di S. Antonio abate coperta dalla più recente figura
di S.Paolo, ora
eliminata. Questa tela darà certamente origine ad uno studio
approfondito da farsi al più presto e che sarà resa pubblica sul Bollettino.
Il laboratorio di restauro di Giorgio Perino ha riportato
pienamente alla luce i due angeli dipinti sulle colonne della Cappella della
Madonna, che precedentemente non apparivano in tutta la loro pienezza.
Testimoniano anch’essi un momento di storia della nostra chiesa.
«Venite exsultemus Domino, jubilemus Deo salutari nostro». (foto G. Elia)
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Bisognerebbe ancora accennare a restauri minori, migliorie
estetiche e quant’altro, che però dilungherebbero questo scritto e pertanto
trascuriamo. Bisognerà pensare ad una specifica pubblicazione per entrare in
merito ad ogni opera, con approfondimenti storici, artistici e di lettura dei
simboli e dei colori.
Da ultimo, accenno solo alla tinteggiatura della chiesa, voluta
dagli esperti e caldeggiata dall’arch. Mariapia Dal Bianco, coordinatrice di
tutti i lavori eseguiti, con il colore avorio, in luogo del precedente verde,
per porre in maggior rilievo le opere restaurate. È stata la Ditta Romanello,
per mano di Francesco Calì, a compiere la trasformazione.
Ora la chiesa è ancora più accogliente e luminosa. Non vogliamo si
limiti ad essere un museo di opere preziose, antiche e importanti, da ammirare.
È primariamente il luogo in cui l’uomo si incontra con Dio. È casa di preghiera
e di fede, in cui la comunità cristiana si ritrova ogni domenica per fare
memoria della Risurrezione di Gesù, in attesa che egli venga.
F.T.