01/03/06

I RESTAURI DELLE OPERE D’ARTE (2005)

COMPLETATI I RESTAURI DELLE OPERE D’ARTE
Nel corso del 2005 si sono conclusi i restauri delle principali opere d’arte che arredano la nostra chiesa, iniziati già nell’anno passato. A tale proposito si richiama la cronaca pubblicata sul numero precedente del Bollettino, che relaziona circa il Retable, la predella d’altare e vari interventi su statue lignee e tele.
Il restauro dell’antico Coro proveniente dall’Abbazia di Novalesa, posto a coronamento del presbiterio, è senza dubbio, tra i restauri compiuti quest’anno, il lavoro più impegnativo e degno di attenzione.
Si tratta, come scrisse il Parroco don Vachet, che l’aveva acquistato dall’Abbazia di Novalesa e ricomposto a Bardonecchia nell’inverno del 1829, «di 17 stalli, di cui per mancanza di spazio, uno eliminato (e andato perso), ed uno ridotto». Quanto alla datazione dell’arredo, scrive lo storico Des Ambrois, che: «fu l’Abate Vincenzo Aschieris di Giaglione – Abate di Novalesa dal 1398 al 1452 – a commissionare l’opera». In effetti lo stemma degli Aschieris compare dipinto nei postregali dei primi stalli di destra e sinistra.
San Pietro sulla fiancata del primo
stallo di destra, riportato alla luce dopo
il restauro. 
(foto G. Elia)
Continua il Des Ambrois: «Si può pertanto datare l’opera attorno al quarto decennio del ’400». Siamo di fronte ad un’opera che si avvicina ai 600 anni di storia. La fase preliminare del restauro ha visto uno studio non indifferente circa il da farsi, con sopraluoghi e pareri diversi messi a confronto, principalmente tra il funzionario della Soprintendenza il dott. Claudio Bertolotto, il prof. Guido Gentile storico studioso del nostro
Coro, la dott.ssa Mariapia Dal Bianco, i restauratori Massimo Ravera, Lucio de Vero ed Enzo Giovine.
Concordata la tesi del restauro conservativo più radicale, il Coro è stato interamente smontato e imballato in circa 130 pezzi, nel mese di aprile, e trasferito nel laboratorio di Massimo Ravera a Benevagienna per il restauro ligneo. Successivamente, per quanto riguarda il restauro pittorico dei pannelli superiori, portato nel laboratorio Giovine-de Vero di Torino.
Il restauratore Massimo Ravera alle prese con gli ultimi ritocchi. (foto G. Elia)
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Nel frattempo la Ditta Pino Trotta, con un lavoro notevole, compiuto con precisione e competenza, ha predisposto la massicciata (precedentemente non esistente, posando le assi semplicemente sopra la terra), sulla quale poggiare, compiuto il restauro in laboratorio, le assi della nuova predella e i sedici stalli. Si è reso anche necessario, con il parere favorevole della competente Soprintendenza, rifilare le due colonne e gli ornamenti cementizi, ai lati del Coro, per permettere, in fase di rimontaggio, di offrire una arcatura maggiore del Coro stesso, e consentire l’ampliamento di quello stallo sacrificato nella posa voluta da don Vachet,
ed avere così, in fase definitiva, non più quindici stalli e un pezzo, bensì sedici stalli completi. Anche in questo lavoro edile, Pino ha dato il meglio di sé.
Inoltre si sono resi necessari interventi, anche da parte di Teresio Bouvier, ottimo fabbro di Oulx, che ha predisposto una solida struttura di ferro, a sostegno del Retable, che in precedenza, almeno in parte, poggiava sugli stalli. Ed anche interventi per definire impianti elettrici, della Ditta Balsamo-Durand; e riprese di decorazione, compiute dalla Ditta Romanello. Gli stalli, dopo una paziente e attenta opera di restauro, di oltre 1.200 ore lavorative, per quanto concerne la sola parte lignea, compiuto in circa tre mesi di lavoro, sono tornati a Bardonecchia, pronti per essere riposizionati. Un lavoro intenso di quasi due settimane, compiuto da Massimo Ravera e i suoi collaboratori Marco Costamagna e Maurizio Taricco, che hanno riportato i sedici stalli al loro primitivo splendore. Un lavoro eseguito con passione, professionalità, amore per l’arte e la storia, premiato dai lusinghieri complimenti della Soprintendenza in fase di collaudo, e dalle tante persone venute, fin dal primo momento, ad ammirare l’opera. Anche la parte del restauro pittorico, ottimamente eseguita dai restauratori Lucio de Vero ed Enzo Giovine, ha ridato vita ai pannelli superiori, raffiguranti Profeti ed Apostoli, con ornamenti di foglie e animali. Sono riapparsi i bei colori del fondale, delle figure e dei cartigli, precedentemente poco leggibili perché nascosti dalla patina dei secoli. Sono state eliminate le immagini dei monaci e monache dipinti nei cieli di ogni stallo, essendo dei “falsi”, di epoca recente.
Il Coro è tornato al suo posto, testimone della preghiera dei monaci che, secondo la Regola di San Benedetto, vi entravano sette volte al giorno per l’ufficiatura, ed ora continua ad essere il segno della preghiera che, ogni giorno, la Chiesa rivolge al Signore del Creato e della Storia. Un’attenta ricerca critica tuttora in atto da parte della prof.ssa Arabella Cifani e del prof. Franco Monetti potrà rivelarci, speriamo presto, nuove e belle sorprese, soprattutto a riguardo della simbologia impressa dall’artista alla sua opera.

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Anche il Vescovo Mons. Alfonso Badini Confalonieri ha avuto parole di compiacimento e di lode, nel corso dell’inaugurazione avvenuta nella festa di Sant’Ippolito il 13 agosto, alla presenza di numerose autorità e di una massiccia presenza di fedeli.
Il Parroco don Franco Tonda, al termine della celebrazione ha voluto ringraziare vivamente la Compagnia di San Paolo che, destinando la somma di 100.000 euro ha reso possibile compiere il delicato e necessario intervento.
Se il restauro del Coro ligneo è stata l’opera più impegnativa, non dobbiamo dimenticare gli altri lavori compiuti nel corso di questi mesi.
La “Deposizione di Gesù dalla croce”, che portava, tra l’altro, i segni rovinosi causati nell’ultima guerra, che non avevano risparmiato neppure la chiesa, appare ora luminosa e devota, nella nuova collocazione: non più sull’altare laterale marmoreo, bensì su una parete tutta sua, a sinistra per chi entra, nella navata centrale.
Anche il bel tondo raffigurante S. Francesco di Sales è tornato fresco di restauro e ricollocato al suo posto, nella Cappella Invernale, sopra la porta della Sacrestia.
Appena in tempo per Natale, con un lavoro di rimontaggio sul posto, preceduto da paziente restauro in laboratorio, è tornato l’Altare del Santissimo, riportato, per quanto possibile, dalla mano di Massimo Ravera e collaboratori, al suo aspetto originale, affiancando al Tabernacolo i due ornamenti laterali, recanti in nicchia le statuine di S. Ippolito e S. Giorgio.
Diponto sul muro della
Cappella della Madonna
Anche la bella statuina di S. Sebastiano è tornata al suo posto, esposta in una teca, accanto all’altare di S. Giuseppe.
Il laboratorio Giovine-de Vero ha dapprima consegnato restaurata la scultura “Madonna del Tempietto”, giudicata di notevole pregio artistico, che sarà definitivamente custodita in una teca e collocata accanto al Battistero, dov’è il pinnacolo dello stesso stile, con le statuine di Gesù battezzato dal Battista; e poi le tele di S. Antonio abate e dei Santi Pietro e Paolo. Quest’ultima con una grande novità, in quanto, in fase di restauro, ha fatto apparire l’immagine di S. Antonio abate coperta dalla più recente figura di S.Paolo, ora
eliminata. Questa tela darà certamente origine ad uno studio approfondito da farsi al più presto e che sarà resa pubblica sul Bollettino.
Il laboratorio di restauro di Giorgio Perino ha riportato pienamente alla luce i due angeli dipinti sulle colonne della Cappella della Madonna, che precedentemente non apparivano in tutta la loro pienezza. Testimoniano anch’essi un momento di storia della nostra chiesa.
«Venite exsultemus Domino, jubilemus Deo salutari nostro». (foto G. Elia)
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Bisognerebbe ancora accennare a restauri minori, migliorie estetiche e quant’altro, che però dilungherebbero questo scritto e pertanto trascuriamo. Bisognerà pensare ad una specifica pubblicazione per entrare in merito ad ogni opera, con approfondimenti storici, artistici e di lettura dei simboli e dei colori.
Da ultimo, accenno solo alla tinteggiatura della chiesa, voluta dagli esperti e caldeggiata dall’arch. Mariapia Dal Bianco, coordinatrice di tutti i lavori eseguiti, con il colore avorio, in luogo del precedente verde, per porre in maggior rilievo le opere restaurate. È stata la Ditta Romanello, per mano di Francesco Calì, a compiere la trasformazione.
Ora la chiesa è ancora più accogliente e luminosa. Non vogliamo si limiti ad essere un museo di opere preziose, antiche e importanti, da ammirare. È primariamente il luogo in cui l’uomo si incontra con Dio. È casa di preghiera e di fede, in cui la comunità cristiana si ritrova ogni domenica per fare memoria della Risurrezione di Gesù, in attesa che egli venga.
F.T.