18/09/17

I nostri Pellegrinaggi (2016)


... al Santuario della Consolata di Torino
Il 2016 è anno bisestile e don Franco ha pensato di dedicare questo giorno di vita in più da vivere promuovendo, lunedì 18 gennaio, un breve pellegrinaggio della Vicaria di Bardonecchia al Santuario della Consolata di Torino.
Al mattino si è ascoltata una interessante conferenza sugli ex voto, quindi si è visitata la galleria, completamente tappezzata di artistici quadretti che immortalano le grazie ricevute dalla Vergine, le ampie ed artistiche sacrestie del Santuario e, per i più volonterosi, l’ascensione al campanile romanico: eccezionale il panorama di Torino e la simmetrica disposizione delle vie e delle piazze della città, delimitata dal percorso del Po e della collina che si può ammirare dalle bifore e trifore della costruzione che si erge maestosa sul capoluogo piemontese.
Alle 12 è stata celebrata la Santa Messa in Basilica; quindi è stato servito il pranzo nell’austero refettorio in cui il clero, ai tempi in cui il Rettore del Santuario era il canonico Allamano, fondatore dei Missionari della Consolata, consumava i pasti. Al termine, dopo aver gustato un buon caffè nello storico locale del “Bicerin”, siamo tornati in Basilica, dove un’esperta conoscitrice della storia del Santuario ci ha illustrato nei minimi particolari le varie evoluzioni dell’edificio e ci ha pure raccontato l’episodio del cieco di Briançon che dalla chiesa di Pozzostrada ebbe una visione della cripta del Santuario, dove, subito dopo, il Parroco ci ha riuniti per la recita del Rosario, a cui è seguito il canto delle Litanie Lauretane.
La giornata è volata via veloce e – tornati sul pullman che ci riporta a Bardonecchia – tutti attendono con ansia i prossimi pellegrinaggi estivi.

... al Santuario “Regina Pacis” di Fontanelle di Boves
Il 18 maggio 2016 ha luogo il pellegrinaggio mariano che è molto ricco di visite, infatti oltre al Santuario di Fontanelle di Boves, in cui avremo modo di lucrare l’indulgenza giubilare, è prevista pure la visita al Santuario della Medaglia Miracolosa di Mellana e a quello della Madonna dei Boschi, sempre a Boves. Dopo il pranzo, il pomeriggio verrà dedicato alla visita turistica della città di Cuneo.
Al Santuario di Mellana. (foto L. Tancini)
Il percorso Bardonecchia-Cuneo, tutto in autostrada, è assai scorrevole e si giunge a Boves con un certo anticipo sulla tabella di marcia per cui si compie subito la visita a Mellana. Il Santuario di Mellana di Boves, dedicato all’Immacolata, che viene anche indicato come il Santuario della Medaglia Miracolosa, è sito sulla destra orografica del fiume Gesso. La chiesa, in stile barocco, è a croce greca e rappresenta un raro gioiello di arte e di buon gusto. Il presbiterio è ornato da grandi stucchi che illustrano i privilegi della Vergine, che viene riprodotta nello stesso modo della “Medaglia” di Parigi di rue du Bac, con ai suoi piedi l’ebreo Alfonso Ratisbonne. Oggi è adornata da una grande corbeille di rose bianche.
Degni di nota sono di Marco Rissone anche i due altari laterali dedicati a San Giuseppe e San Pompilio Pirrotti, protettore degli studenti.
L’edificio sacro è sorto per lo zelo di don Giuseppe Garvagno, ed è il primo Santuario italiano dedicato “alla Vergine dei Raggi”. La prima pietra venne posta nel 1902, quando don Garvagno aveva solo 27 soldi in tasca. La sua consacrazione avvenne nell’anno successivo, mentre il campanile è del 1946. Dopo un momento di raccoglimento e di preghiera si è visitato il piccolo Santuario passando attraverso l’ambulacro retrostante l’altare maggiore.
In processione diretti alla Porta Santa

del Santuario di Fontanelle di Boves. 
(foto L. Tancini)
Tenuto conto che il 2016 è l’Anno Santo straordinario della Misericordia, don Franco ha proposto quale meta principale del pellegrinaggio del 18 maggio il Santuario “Regina Pacis” di Fontanelle di Boves con la sua Porta Santa. Scesi dal pullman siamo subito stati colpiti dalla maestosità dell’edificio sacro sul cui frontespizio campeggia la frase “A Maria Regina della Pace”.
Prima di fare il nostro ingresso in chiesa, il Parroco ha riunito i pellegrini nell’ampio piazzale antistante l’edificio sacro e processionalmente, cantando le litanie dei Santi, siamo entrati nel Santuario attraverso la Porta Santa, recitando le preghiere prescritte per lucrare l’indulgenza plenaria.
Il Santuario “Regina Pacis” è fra i maggiori dei Piemonte, fu progettato dall’architetto Pier Giuseppe Mazzarelli, lo stile è barocco-rinascimentale. L’edificio sacro venne iniziato nel 1924 e successivamente fu consacrato nel 1938; fu don Agostino Pellegrino l’ideatore che lo volle Tempio votivo ai Caduti di tutte le guerre. Il titolo di “Regina Pacis” gli fu attribuito da don Pellegrino dopo il primo conflitto mondiale. L’interno della grande basilica è dominato dalla statua della Regina della Pace che in origine era l’Ausiliatrice; l’incoronazione a “Regina Pacis” avvenne nel 1939 e l’effige della Vergine fu portata in tutto il Cuneese in occasione della Peregrinatio Mariae del 1948 tenutasi a conclusione del conflitto mondiale.
Molto raccolta è stata la celebrazione della Santa Messa officiata da don Franco che nell’omelia ha sottolineato sia la misericordia di Dio sia il significato della Porta Santa e dell’Anno Giubilare.
Ci siamo quindi ritrovati nell’accogliente sala da pranzo del ristorante che dista pochi passi dal Santuario. Tutti i pellegrini hanno dimostrato di apprezzare il menù ricco di molte portate, la cortesia dei camerieri, la cura con cui sono state preparate le vivande e la celerità del servizio.
Al dessert siamo stati raggiunti dalle guide, che ci hanno condotto al Santuario della Madonna dei Boschi o della Neve, come i bovesani sono soliti chiamarlo confidenzialmente. È sicuramente il centro spirituale storico di Boves e lo stile romanico della parte più antica ne è la conferma. Alcuni cultori di storia locale fanno risalire la costruzione al XII-XIII secolo ad opera dei Benedettini. Intorno all’anno 1200 Santa Maria dei Boschi apparteneva all’abbazia di Pedona. Tutti noi non abbiamo potuto trattenere il nostro stupore nell’ammirare gli affreschi totalmente restaurati che rivestono le pareti e la volta della cappella; sono raffigurate scene bibliche ed evangeliche. Di grande effetto è il Giudizio Universale, la Passione di Cristo, le virtù e la gloria di Maria che trova spazio nell’ampliamento dell’edificio del 1700. Di dubbio gusto è l’altare moderno che è stato inserito nella parte più recente del Santuario.
Con gli occhi pieni di tutte queste bellissime scene religiose, ci trasferiamo velocemente a Cuneo dove ci attende una città bellissima con via Roma totalmente restaurata e trasformata in un grande salotto a cielo aperto. In piazza Tancredi Galimberti, universalmente conosciuta come “Duccio Galimberti”, la guida ci ha riuniti all’ombra del monumento eretto in onore del conte Giuseppe Barbaroux e ci ha narrato le origini di Cuneo che sorge su una lingua di terra fra i fiumi Gesso e Stura, luogo, per quei tempi, praticamente inespugnabile. La nostra curiosità di conoscere chi era il conte G. Barbaroux viene subito appagata, il N. H. fu uomo di spicco per quei tempi: giureconsulto, diplomatico – ha infatti rivestito importanti incarichi nel Regno Sardo-Piemontese –, nacque a Cuneo il 6 ottobre del 1772 e morì a Torino il 2 maggio 1843. Ci avviamo verso via Roma, ora area pedonale. Visitiamo il Duomo dedicato a Santa Maria del Bosco, il particolare ingresso è dovuto alla necessità di raccordare il vecchio edificio con i nuovi portici di via Roma.
Ci sono oltre 21 edifici ristrutturati e restaurati ai lati della via con i fondi della Comunità Europea. Certamente non possiamo citarli tutti, ma almeno alcuni quali, ad esempio, “Casa Ventre” del XV secolo con lo stemma delle famiglie Farina Quaglia, le monofore con decorazioni pittoriche attorno alle finestre ogivali. Il Palazzo della Torre risalente ai secoli XIV-XIX con l’affresco che riproduce l’orologio e, nelle lunette, le fasi lunari. Per concludere, il Palazzo Lovera di Maria del XVIII secolo, dove il conte Angelo fece murare sullo scalone del palazzo la lapide in cui si ricorda che in questa magione, nel 1515, il nobile Raffaele Lovera aveva ospitato Francesco I Re di Francia e successivamente, nel 1809, Pio VII, prigioniero di Napoleone, si era affacciato dal balcone ed aveva impartito l’apostolica benedizione ai cuneesi.
Conclusa la visita, i pellegrini si sono ritrovati al bar pasticceria Arione per sorbire un eccellente caffè ed acquistare le celebri praline al rum: i “cuneesi”; anche Hemingway aveva fatto sosta in questo locale in occasione di un suo viaggio a Cuneo, come testimoniano le storiche fotografie esposte in vetrina.
Un po’ stanchi, ma con tanta gioia nel cuore, i pellegrini, saliti sul pullman per fare rientro a Bardonecchia, si sono riproposti sia di ritornare al Santuario di Mellana ed anche di ritrovarsi nuovamente insieme in occasione del prossimo pellegrinaggio di luglio ad Annecy, sui passi di San Francesco di Sales e di Santa Giovanna di Chantal. 

... al Santuario Diocesano
della Madonna del Rocciamelone di Mompantero

Anche quest’anno la Vicaria di Bardonecchia partecipa alla funzione serale della novena dedicata alla Madonna del Rocciamelone. L’evento nel 2016 è più solenne del solito, infatti il Santuario ha la  seconda Porta Santa della Diocesi, per cui i pellegrini che partecipano, alle condizioni prescritte dalla Chiesa, possono ottenere i benefici dell’indulgenza giubilare. A sottolinearne l’importanza, sul piazzale del Santuario ad accoglierci c’è Monsignor Alfonso Badini Confalonieri, Vescovo di Susa.
Don Franco, fatti posizionare i pellegrini su due file, come avviene per tutte le processioni, recita le preghiere previste e si entra nel Santuario attraversando la Porta Santa. È un momento di intensa emozione spirituale sia per l’ora in cui le tenebre rivestono ogni cosa sia per il canto e il suono dell’organo.
Sua Eccellenza presiede la Celebrazione Eucaristica a cui, oltre al Parroco, concelebrano don Giorgio, don Paolo e mons. Vindrola, ed è presente il Diacono permanente Antonio Piemontese.
L’omelia del Vescovo è molto chiara e le sue parole entrano nel cuore di ognuno di noi e ci forniscono lo spunto per meditare ed approfondire sia la benevolenza della Vergine Maria sia la Misericordia di Dio.
La celebrazione prosegue con un coro di lodi che si innalzano da noi alla vetta del Rocciamelone.
Conclusa la Santa Messa, un ultimo inno alla Vergine del Rocciamelone e quindi il rientro a casa.

... a Notre Dame du Chârmaix
Giovedì 8 settembre si conclude il programma estivo dei pellegrinaggi di Bardonecchia.
È una splendida giornata: il sole splendente nel cielo azzurro e l’aria tersa e frizzante del mattino
favoriscono la buona riuscita dell’iniziativa.
Come da alcuni anni a questa parte il programma della giornata prevede, in mattinata, una sosta a Susa per la visita della Città Monumentale; pranzo al Colle del Moncenisio presso l’Hotel “La Savoia” e la conclusione presso il Santuario dello Chârmaix.
Il gruppo dei pellegrini alla chiesa di 

S. Francesco di Susa. (foto D. Pagnotto)
In questo Anno Giubilare il Parroco, con grande spirito pastorale, fa iniziare la giornata sul piazzale antistante la Cattedrale di San Giusto, duomo della città di Susa e dotato della prima Porta Santa  aperta in Diocesi, con il canto del Credo, la recita del Padre Nostro e il canto delle litanie dei Santi, per fare lucrare a tutti i pellegrini l’indulgenza plenaria. Il tempio appare scuro anche per il contrasto con la luminosità dell’esterno.
In seguito le guide turistiche ci prospettano il percorso storico di Susa. Suddivisi in due gruppi, a motivo dell’elevato numero dei partecipanti, si attraversa l’Arco di Augusto dopo averne ammirato i bassorilievi che suggellano il patto di alleanza stretto fra il Re Cozio e i Romani, si è quindi visitato l’Anfiteatro Romano, per poi concludere la visita nella chiesa di San Francesco.

Di fronte alla Porta Santa della Cattedrale di S. Giusto a Susa. (foto D. Pagnotto)
A mezzodì si giunge al Colle del Moncenisio dove la natura ci regala uno spettacolo superbo: il lago è di colore blu intenso, l’aria è cristallina, ma non fredda, ed il cielo è luminoso e turchino. Come sempre il pranzo è ottimo e il panorama che si gode dalle vetrate dell’hotel è incomparabile e fa risultare la trota e la tarte aux myrtilles assai più gustosi del solito.

Al Moncenisio in una splendida 
giornata di sole. (foto D. Pagnotto)


Alberto Micai, con la croce, guida la processione diretta al Santuario dello Chârmaix. (foto D. Pagnotto)

Verso le 15, arrivati allo Chârmaix, ci prepariamo a vivere la parte spirituale, quella più importante della giornata: incolonnati in doppia fila, preceduti dalla croce processionale, inizia la recita del Rosario, così facciamo il nostro ingresso nel minuscolo Santuario dove, conclusa la recita della corona, vengono cantate le litanie Lauretane e i Vespri, e infine celebrata la Santa Messa.
L’ambiente della montagna dove sorge il Santuario dello Chârmaix è selvaggio, infatti l’edificio è arroccato alla parete impervia della montagna che strapiomba sul torrente impetuoso, che precipita a valle in fondo ad un orrido abisso. Fin dai tempi più antichi esisteva una grotta in cui era collocata la statua della Vergine. Gli abitanti di Modane, per dare una più degna sistemazione alla statua, decisero di trasportarla in paese e di posizionarla su di un altare della chiesa. La leggenda però narra che durante la notte la statua sparì e fu ritrovata nella grotta dello Chârmaix. Fu quindi costruita una edicola vicino alla grotta.
All’inizio del XV secolo fu sostituita con una piccola cappella. Nel 1715 il Duca di Savoia Vittorio Amedeo II fornì i fondi per la costruzione del ponte e del Santuario. Nel XIX secolo l’edificio fu arricchito di altare laterale.
Nel 1920 la popolazione di Modane offrì la statua in bronzo che sovrasta la costruzione. Il ritorno attraverso il tunnel del Frejus è veloce e nei nostri cuori c’è un velo di malinconia per le belle giornate trascorse insieme durante questa estate ed il pensiero, se Dio vorrà, di trascorrerne altre nel 2017.

Pellegrinaggio al Santuario di S. Francesco di Sales  ad Annecy 
(di Danilo Calonghi)
Mercoledì 27 luglio è una bella giornata, che iniziamo di prima mattina ritrovandoci sulla piazza del mercato dove ci attende il pullman che ci porterà alla città di Annecy. Don Franco è solito ripetere che in questi pellegrinaggi c’è sempre un “quadro” e una “cornice”, e che entrambi sono importanti perché tutto riesca bene. In questo caso la cornice è la bella città della Savoia, con le sue case in stile, i monumenti, i vicoli e il lago navigabile, il quadro è la basilica della Visitazione, la chiesa che domina la città e accoglie le reliquie di San Francesco di Sales e di Santa Giovanna di Chantal. Per la sua importanza e il gran numero di pellegrini che accoglie il santuario, durante l’Anno Santo della Misericordia voluto da Papa Francesco è stata aperta una Porta Santa.
Durante il viaggio ci prepariamo ad entrare in un clima di preghiera con il canto delle lodi e qualche lettura sul Santo Vescovo e Dottore della Chiesa, vissuto fra il 16º e il 17º secolo ma ancora molto attuale per i suoi insegnamenti. Nato a Sales, in Savoia, primogenito di famiglia nobile, dopo gli studi in legge a Parigi e Padova, decise di non intraprendere la carriera forense ma diventare sacerdote e nel 1599, a soli 32 anni, fu scelto come coadiutore del Vescovo di Ginevra, incarico che dal 1602 svolse a pieno titolo. Erano anni difficili per la Chiesa cattolica, segnati dalla riforma protestante che in Svizzera ebbe la massima espressione nei seguaci di Calvino: la città era in mano ai calvinisti, e Francesco trasferì la sede vescovile ad Annecy per proseguire il suo ministero. Uomo di grande dottrina e rettitudine, si dedicò in modo particolare alla predicazione, e oltre ai suoi discorsi ispirati è noto per i “manifesti”, brevi volantini scritti con una sintesi efficace, che affiggeva ai muri o faceva scivolare sotto le porte delle case, con i quali raggiungeva anche chi non frequentava la chiesa.
Questo suo modo di raggiungere vicini e lontani gli valse la nomina da parte di Pio XI a patrono dei giornalisti e degli scrittori cattolici, e anche Don Bosco lo scelse nel 1859 come patrono della sua Congregazione.
Arriviamo al santuario poco prima delle 10, e in processione, al canto delle litanie, attraversiamo la Porta Santa, questo segno giubilare che esprime in modo visibile il passaggio da “fuori” a “dentro”, la conversione che sempre deve accompagnare la vita del cristiano, non soltanto durante gli Anni Santi.
Accanto all’altare maggiore della basilica riposano le spoglie mortali di San Francesco di Sales e di Santa Giovanna Francesca de Chantal, la nobildonna che nel 1610 fu cofondatrice dell’Ordine delle monache visitandine e prima madre superiora. Durante la Messa poniamo sull’altare le nostre intenzioni, ricordiamo i nostri familiari e facciamo una preghiera particolare per la Francia ferita. Soltanto ieri, 26 luglio, mentre molti di noi erano in pellegrinaggio a piedi verso la Cappella di Sant’Anna al Bramafan, in Normandia due jihadisti hanno aggredito e ucciso crudelmente padre Jacques Hamel, un sacerdote 85enne, che stava celebrando la Messa del mattino a Saint-Étienne-du-Rouvray. Non è la prima volta che il terrorismo islamico colpisce questo Paese, che ha eletto laicità e tolleranza come suoi valori fondanti, ma per la prima volta questo attacco avviene in una chiesa, durante una celebrazione, contro un consacrato. Con commozione la nostra preghiera va a questo martire del 2016, che speriamo sia presto glorificato anche in terra, perché ci protegga e protegga il suo tormentato Paese.
Dopo la Messa ritorniamo in paese e le guide turistiche ci raggiungono per accompagnarci lungo i viottoli e i canali: vediamo il Palais de l’Isle, al centro di un canale, la Catte34 drale di Saint-Pierre, i portici e i negozi delle strette vie centrali, prima di fermarci per il pranzo tutti insieme a base di specialità locali.
Il pomeriggio è dedicato allo svago: ci dividiamo fra quelli che fanno il giro del lago in battello e chi rimane a passeggiare fra strade e giardini.

17-19 agosto 2016: Pellegrinaggio a Chartres 
(di Guido Alimento)
Dopo un percorso di circa settecento chilometri, il nostro pullman ha lasciato l’autostrada portandosi su una route national. La segnaletica indicava che la distanza fino a Chartres si era ridotta ad appena trentasette chilometri. Poco dopo, un’apparizione: le torri campanarie della Cattedrale si presentavano in controluce; dapprima in lontananza, poi pian piano sempre più vicine. A quel punto sembrava che fosse la nostra meta a venirci incontro.
La Porta Santa di Chartres 
(foto Guido Alimento)
La stessa sensazione, credo, provata dai pellegrini che nel Medioevo si dirigevano verso Chartres. Fin dall’876, quando il re dei Franchi Carlo il Calvo donò una reliquia della Madonna, Chartres divenne la meta religiosa più importante di Francia. Si trattava della veste che Ella avrebbe indossato alla nascita di Gesù; miracolosamente sopravvissuta a un disastroso incendio, fu dispersa durante la Rivoluzione Francese. Oggi rimane un pezzo di stoffa, conservato in una cappella laterale della basilica.
Dopo aver percorso a piedi strette viuzze di impronta medioevale, la Cattedrale è apparsa all’improvviso in corrispondenza di uno slargo. Quale sorpresa! Il tramonto impresso sulla facciata manifestava l’importanza che ebbe la luce nella concezione rivoluzionaria dello stile gotico. «Io sono la luce del mondo», proclama Gesù nel Vangelo secondo Giovanni. Per facilitare l’irruzione dei raggi solari all’interno della basilica le fiancate laterali vennero alleggerite per far posto alle vetrate. Mentre all’esterno i contrafforti mantenevano l’edificio in condizione di staticità.
Venne eretta tra il 1194 e il 1220, un tempo incredibilmente breve per l’epoca, vista anche la grandiosità dell’opera. La costruzione precedente era stata distrutta da un incendio.
La comunità di Chartres reagì efficacemente a questo choc. Fu un atto di volontà, ma soprattutto di fede. Una fede che oggi sembra perduta, ma che rivive nel cuore dei pellegrini in visita alla basilica.

Una parte del gruppo con la guida turistica. Sullo sfondo le due guglie della Cattedrale.
(foto G. Alimento)

Contemporaneamente alla fede, altrettanto potente è la forza della ragione: l’architettura gotica si basa su rigide proporzioni geometriche. L’interno è progettato non solo affinché la luce penetri attraverso le vetrate, ma anche come cassa di risonanza per la musica e il canto. Si resta stupiti dinanzi all’accuratezza della costruzione, una razionalità al servizio della fede. Alla base, l’idea di Dio architetto del mondo; il Suo pensiero, reso visibile mediante la geometria, penetra nella realtà materiale attraverso la vibrazione  e la risonanza; la musica è l’arte che rende udibili le vibrazioni. Alla base c’è il pensiero di Sant’Agostino, Pitagora e Platone. Le alte navate facilitano la pratica e l’ascolto della musica. A questo proposito i vocalizzi di una guida hanno lasciato sensazioni indelebili. In realtà la Cattedrale è un’opera d’arte globale che comprende architettura, scultura e immagine colorata (le vetrate). La materia (pietra e vetro) è stata trattata in modo da proiettare l’edificio fuori dal mondo; da parte sua, anche la musica è immateriale. In quel modo viene rappresentata sulla terra la Gerusalemme Celeste, che coincide col Regno di Dio nell’Aldilà.
Alla sua realizzazione contribuirono artisti e artigiani di grande valore. Ma la regia, visti la novità architettonica (completamente diversa dal Romanico) e lo straordinario equilibrio tra le diverse componenti, doveva essere a livelli più alti. Tutto lascia trasparire un sapere di valore eccezionale. Secondo alcuni, l’ispiratore segreto fu Pierre Suger, l’abate di St. Denis (presso Parigi), realizzata alcuni decenni prima. Vista poi la rapidità con cui l’edificio fu portato a termine, è probabile il sostegno finanziario dei Templari. In effetti la coda di rondine, effigie di quell’Ordine, è presente su diverse vetrate. Sostituendo gli affreschi che adornano le chiese romaniche, le vetrate prevalentemente blu irraggiano l’interno di luce celeste.
La selva di sculture, che decorano i portali, rappresenta scene dell’Antico e del Nuovo Testamento. Le figure appaiono molto allungate, in sintonia con l’orientamento verticale del complesso; ricordano, contemporaneamente, la forma dei personaggi dipinti sulle icone bizantine.
È impossibile perdersi nel labirinto posto in corrispondenza della navata centrale, in quanto una sola è la via che conduce a Dio. Un particolare rende l’idea della raffinatezza della costruzione: in coincidenza con la festa dell’Assunzione le sfaccettature colorate della vetrata dove è posizionata Maria vengono proiettate al centro del labirinto.

La cripta è l’unico spazio della basilica rimasto indenne dall’incendio del 1194. Lì iniziava il percorso mariano a Chartres. Gli ambienti, ramificati nei sotterranei, appaiono quasi neri; rimangono soltanto tracce di affreschi cancellati dalla fuliggine. Dietro all’altare dove abbiamo assistito alla Messa mattutina celebrata da don Franco c’è la statua di Notre Dame sous terre, che ha sostituito una Madonna Nera bruciata durante la Rivoluzione. Poco distante dalla cappella si trovava un pozzo, oggi essiccato, la cui acqua veniva ritenuta non soltanto terapeutica, ma anche miracolosa.
Dopo le visite, impegnative per la mente, a quel capolavoro estremamente complesso che è la Cattedrale, ci ha rilassati la passeggiata attraverso il quartiere che la circonda. Ci siamo soffermati dinanzi a edifici assai caratteristici mentre il fiume Eure scorreva tranquillo accanto a noi, fiancheggiato da aiuole fiorite.
Nel pomeriggio abbiamo lasciato Chartres portandoci insensibilmente verso il bacino della Loira. Dopo una sosta a Bonneval, un villaggio fiorito anch’esso circondato dall’acqua, abbiamo raggiunto il castello di Chateaudun.
Costruita su uno sperone roccioso affacciato sulla Loira, la torre cilindrica (non priva di severa bellezza) tradisce l’origine militare del complesso. Era circa il 1170; nei secoli successivi furono realizzate la Sainte Chapelle (che accoglie magnifiche sculture marmoree) e le due ali, poi allungate e sopraelevate.
Si era ormai in pieno Rinascimento, quando l’uomo conquistò il centro dell’attenzione.
Ammirando le sale magnificamente decorate anche con arazzi, le cucine sovrastate da archi ogivali, la sala da bagno già dotata di acqua corrente calda, ci si rende conto che l’uomo e il suo benessere anche corporeo hanno sostituito la centralità di Dio che aveva ispirato la Cattedrale di Chartres.
Ma quella sagoma inconfondibile si è ripresentata all’improvviso durante il tragitto di ritorno verso la città. Un invito, in certo senso, ad avvicinarla nuovamente.
La sera stessa, dopo cena, abbiamo gustato i giochi di luce e colore proiettati sulla sua facciata e sulle pareti laterali. Alcuni, forse, in contrasto con la severa semplicità delle sue forme e delle sue strutture. Quindi abbiamo percorso su un trenino turistico più o meno lo stesso itinerario lungo il fiume e la città vecchia effettuato a piedi verso la fine della mattinata. Ammirando per l’ultima volta la silhouette della Cattedrale, da questo lato illuminata con mano leggera.
La mattina dopo ci siamo diretti verso Orleans, in un certo senso la capitale di questa regione bagnata dalla Loira. Pur ricca di decorazioni e opere d’arte, la Cattedrale gotica non ha la purezza primigenia di Chartres.
I monaci dell’Abbaye Fleury di 
Saint-Benoît-sur-Loire si avviano 
all’altare per ricevere la Comunione. 
(foto G. Alimento)

Qui tutto parla di Giovanna d’Arco, l’eroina dell’assedio di Orleans da parte degli Inglesi.
L’ultima tappa del pellegrinaggio ha toccato l’abbazia di Saint-Benoît-sur-Loire, anch’essa testimone della più pura fede cristiana. La sua architettura cluniacense presenta una sequenza di archi, che permettono alla luce di penetrare generosamente entro le navate. Il complesso fu edificato circa un secolo prima di Chartres. Abbiamo assistito alla Messa Gregoriana di mezzogiorno. Ci ha emozionato il contrasto tra i monaci vestiti di bianco e gli altri in nero; così come il loro incedere lento e solenne.
Anche qui, come lo scorso anno a Solesmes, si è ascoltato il canto gregoriano e la sua vocalità; un salmodiare legato ai sacri testi, che allarga verso l’infinito il ritmo della preghiera. In quei momenti ci siamo sentiti attratti verso l’Eterno.

* * *
Emozione a Chartres per la discesa a lume di candela nell’antica cripta della Cattedrale
Avevamo viaggiato tutto il giorno quel mercoledì 17 agosto. Partiti all’alba dalla piazza del mercato di Borgo Vecchio, fatte le giuste e previste soste, eccoci in albergo a Chartres per la cena e per l’attesa uscita serale. E la meta altro non può essere se non la grandiosa Cattedrale gotica dedicata alla Vergine Maria, splendidamente interessata da un gioco esterno di luci policrome. Per noi, con guida francese, è preparato tuttavia un percorso interno, emozionante, al solo lume delle candele, un viaggio di fede a ritroso nei secoli con la discesa nella cripta detta “crypte Saint-Fulbert”, dell’XI secolo, esterna rispetto a quella più antica, del IX secolo, che si trova sotto il coro, il caveau Saint-Lubin.
Quando si entra in un luogo consacrato ci si dispone mentalmente alla preghiera, al silenzio interiore, ma talvolta qualche pensiero attinente il quotidiano, nonostante tutto, fa capolino. Ma nel cammino percorso, con luce tremolante, di quella che con i suoi 230 metri di lunghezza e i 5-6 di larghezza è la più grande cripta di Francia, seconda solo a San Pietro e a Canterbury, non c’è posto per la mondanità. Partiti dall’estremità della galleria nord, sotto volte a crociera, con tracce ai muri di antichi affreschi, arrivati alla cappella di Notre- Dame Sous-Terre, probabilmente il più antico santuario mariano del mondo, ci troviamo riuniti sotto una riproduzione recente della statua di un’antica Madonna, il cui originale era stato bruciato nel 1793 dai rivoluzionari. E il cammino prosegue con la galleria che, diventata semicircolare sotto l’abside, si apre poi su tre profonde cappelle romaniche, inquadrata da quattro più piccole cappelle gotiche del XIII secolo. Più avanti sostiamo accanto al grandioso pozzo, detto “des Saints-Forts”, profondo ben 33 metri, costruito su una base quadrata gallo-romana, la cui acqua nel Medioevo era famosa per possedere virtù miracolose.
Si scende e poi si risale finché ci si trova nella cattedrale immersa nel silenzio della notte a cercare una soluzione al labirinto circolare, ricco di simbologia, che intravediamo sul pavimento. L’indomani alla luce del giorno cercheremo di capirne il profondo significato.
Ora, salutata la Vergine, regina di questa sua antica dimora, è tempo di rientrare per il giusto riposo.
prof.ssa Patrizia Meumann Porcellana

Estate: tempo di Svago e
di distensione (foto S.Zatta)

NEL VENTO
Queste nubi bianche
sfioccate
in corsa a divorare
luna e stelle
mi fanno
un po’ paura.
Signore,
come le guerre
che ci accerchiano
ogni giorno
come la tua
immensa potenza
nel vento.
(18-7-2016 - Rosella Barantani)