... al Santuario “Madonna del
Frassino”
Alle ore 6,30 del mattino di mercoledì
17 maggio 2017 i pellegrini si trovano puntuali sul piazzale della fiera per il
pellegrinaggio del mese di maggio. Ad attenderci ci sono i due autisti Luigi e
Antonio della Ditta Bellando Tours, che ha messo a disposizione un pullman
granturismo dotato di tutti i confort per rendere comodo il viaggio.
Durante il tragitto fra Bardonecchia e
Torino, dopo un momento di preghiera, vengono illustrate le iniziative per
l’estate: i vari pellegrinaggi alle Cappelle di montagna e quello previsto per
lunedì 24 luglio a Paray-le-Monial, dove visse Santa Margherita Maria Alacoque
e a Cluny, sede del celebre monastero benedettino in Borgogna; poi, quello di
maggiore impegno, della durata di tre giorni, dal 21 al 23 agosto a Reims. E, a
conclusione dell’estate, quello a N. D. du Charmaix venerdì 8 settembre.
Giunti al casello autostradale di
Bruere, sale Ilda Clovis e si giunge così al completo con 45 pellegrini.
Per evitare i rallentamenti sulla
tangenziale di Milano, gli autisti preferiscono percorrere l’autostrada
Piacenza-Brescia. Si attraversano quindi tre Regioni con le province di Asti,
Alessandria, Pavia, Piacenza, Cremona e Brescia. Il panorama è vario e ciò
rende il viaggio, dal punto di vista turistico, assai gradevole.
Nella provincia di Asti si possono
ammirare i pendii collinari rivestiti dai filari di viti, i cui grappoli
producono eccellenti vini: Barbera, Grignolino; in quella di Alessandria:
Cortese e Timorasso, ma non possiamo trascurare la monumentale chiesa dedicata
a Don Orione di Tortona. Transitando per Voghera si attraversa il 45º parallelo
di latitudine nord: siamo a metà fra Polo Nord ed Equatore.
A metà viaggio è prevista una breve
sosta all’area di servizio Trebbia Sud nei pressi di Piacenza.
Il viaggio prosegue attraversando il
lunghissimo ponte sul Po, ed alla nostra sinistra è ben visibile il Torrazzo,
il campanile del Duomo di Cremona, nota città dei liutai, del torrone e della
mostarda. Giungiamo così in vista di Brescia, contornata da colline da cui si
estrae il marmo.
Dopo circa quaranta chilometri percorsi
sulla Serenissima in direzione di Verona, il pullman accosta in un’area di
parcheggio. Siamo arrivati dopo avere percorso circa 350 chilometri. Ci
ritroviamo in un’oasi di spiritualità, con un viale che conduce al Santuario.
L’edificio è austero, costruito in pietra chiara. L’origine di questa devozione
risale ai primi anni del 1500, quando le truppe francesi conquistarono il
territorio fino allora governato dalla Repubblica di San Marco.
Il Santuario sorge fuori le mura di
Peschiera sul Garda, in contrada Pigna, tra il fiume Mincio e la malsicura
foresta Lugana. La tradizione narra che l’11 maggio 1510 Bartolomeo Broglia in
località “Contrada Pigna”, mentre lavorava nel suo campo, fu assalito da un
serpente. Spaventato a morte invocò con fiducia l’aiuto della Vergine. Alzando
gli occhi vide una statuetta della Madonna avvolta nella luce, sopra un vicino
frassino, e il rettile scomparve.
La piccola statuetta in terracotta, di
soli 14 centimetri di altezza, venne portata a casa da Bartolomeo e mostrata ai
familiari. Il Broglia custodì il suo “tesoro” in un cassettone perché non
venisse rubato, ma misteriosamente la statuetta scomparve. Si narra che il contadino
sia corso al suo campo trovando la statuetta nuovamente sul frassino.
Lì si volle costruire il Santuario, Ora
la statua è avvolta in una lunga veste che scende fino a ricoprire i piedi. Il
capo è sormontato da una corona regale. Con il braccio destro stringe al seno
il Bambino, avvolto in pannicelli, che stende verso la Madre le piccole braccia
nude e la guarda con dolcezza, mentre con il sinistro raccoglie il manto
dinanzi a sé.
Il messaggio spirituale viene ben
spiegato dal Padre Guardiano dei Frati Minori, custodi del Santuario, il quale
afferma che «è una Madonna silenziosa e non ha pronunciato una sola parola. La
piccola statua è segno di quanto il Signore attende da ognuno, vale a dire di
restare umili in quanto è il suo amore che ci farà grandi».
Conclusa la celebrazione i pellegrini
sfilano di fronte all’immagine della Madonna, custodita nella Cappella sul lato
destro dell’Altare maggiore. Poi, per chi lo desidera, si passa nel chiostro e
nel piccolo negozio, dove si possono acquistare i ricordi del Santuario,
All’esterno il Parroco ci attende per guidarci al ristorante, dove viene
servito un pranzo tipico, al termine del quale ci avviamo verso Brescia.
Il gruppo al Santuario “Madonna del
Frassino”. [foto L. Tancini]
L’appuntamento con la nostra guida
turistica Roberto Denti è fissata accanto al monumento di Arnaldo da Brescia.
Sono molti gli aneddoti legati a episodi storici raccontati. Essenzialmente
possiamo ricordare che Brescia è stata fondata ai tempi dell’antica Roma,
chiamata Brixia, di cui si conservano ancora molte rovine, in particolare il
Foro, il Teatro, le statue di Giove, Minerva, Giunone e il Tempio più antico
dedicato a Cerere. Brescia è però soprattutto città medievale a “scacchiera”:
insile, cioè isolato. Notevole è la “cassaforte”, cioè la parte del Convento di
clausura benedettino, in cui venivano ospitate le figlie dei rami cadetti delle
famiglie nobili. In questo Convento morì Ermengarda, che non fu vestita con
l’abito religioso bensì da Principessa. Carlo Magno, così chiamato per la
statura gigantesca di due metri e dodici centimetri di altezza, veniva a
trovarla in questo Convento. A Brescia si conservano le Reliquie di Santa
Giulia.
È una città ricca e ciò si deve grazie
alla “Beretta”, che da vari secoli è leader nella produzione di armi di precisione.
Visitiamo la chiesa di Santa Maria
della Carità, completamente restaurata, in stile barocco con una cupola
ottagonale, il pavimento è un capolavoro di marmi intarsiati, e dietro l’Altare
Maggiore è riprodotta la copia della Santa Casa di Loreto.
A Brescia ci sono due Duomi che però
non sono di proprietà della Chiesa, bensì della Città, per cui la Curia paga al
Municipio l’affitto.
Il Duomo nuovo è dedicato all’Assunta,
ed ha la terza cupola più grande nel suo genere, dopo quelle di San Pietro e di
Santa Maria Maggiore. L’edificio è a croce greca ad è impreziosito da numerose
statue, tra cui quella in bronzo raffigurante Papa Paolo VI. A lato della
Basilica sorge la Biblioteca Quiriniana collegata con un passaggio sopraelevato
per non dover transitare su territorio comunale. Il pavimento è in pietra
ammonitica con numerosi fossili.
Altra particolarità sono i due organi a
canna che vengono comandati da una sola tastiera. Di questi strumenti se ne contano appena
dieci in tutta Europa. In una Cappella laterale è conservato il braccio
benedicente di San Benedetto, ciò lega Brescia a Montecassino.
A lato del Duomo nuovo vi è quello
vecchio, la cosiddetta Rotonda che risale all’epoca longobarda. Si entra nella
parte sopraelevata, cioè dal matroneo, quindi si scende al piano terra, dove il
pavimento è in mosaico e, sotto al presbiterio, è posta la cripta di età
longobarda. In seguito ci dirigiamo in Piazza della Loggia, resa tristemente
famosa per l’attentato dinamitardo del 28 maggio 1974.
Brescia meritò l’appellativo di
Leonessa d’Italia da parte di Giosuè Carducci per la strenua resistenza opposta
ai cacciatori austriaci durante le Dieci Giornate dal 23 marzo al 1º aprile
1848.
Ritornando al Piazzale di Arnaldo da
Brescia, dove ci attende il bus, possiamo godere di una spettacolo unico, vale
a dire il 90º Anniversario della “Mille Miglia”, che inizia proprio oggi
mercoledì 17 maggio con 440 equipaggi provenienti da 43 Paesi del mondo, che
coinvolgono 84 Case automobilistiche. L’edizione 2017 è particolare in quanto
si sovrappongono quattro importanti anniversari: la prima edizione che risale al
1927, la ripresa della competizione al termine della guerra nel 1947, la
chiusura delle leggendarie “gare di velocità” nel 1957 e, da ultimo, la
“Freccia Rossa” nel 1977 esce dal dimenticatoio e prova a ripartire.
Per il viaggio di ritorno gli autisti ci
fanno passare da Bergamo e da Milano. A Novara le ombre della sera scendono
all’orizzonte e sulla strada del ritorno, un po’ stanchi ma contenti per la
bella giornata trascorsa, ringraziamo don Franco per la perfetta organizzazione
e ci ripromettiamo di rivederci in un prossimo pellegrinaggio.
Marco Rissone
... a Reims, Laon e Troyes
Immagino i pellegrini di un tempo
mentre procedevano cantando. E riascolto le risonanze di Solesmes e di
Chartres, visitate in precedenza dal nostro gruppo parrocchiale.
L’itinerario di quest’anno prevede la
visita di Reims, la cui Cattedrale è dedicata alla Vergine, e della regione
circostante; completando in un certo senso l’approccio al gotico francese
avviato in passato.
In effetti a partire dal 1100 circa
l’assetto delle nuove chiese prese slancio verso l’alto, al fine di esaltare la
risonanza dei canti; mentre le pareti esterne furono interrotte con
l’inserimento di vetrate, al fine di permettere la penetrazione della luce
solare, paradigma della luce divina. Sulle vetrate vennero dipinte a colori
vivaci le scene più importanti delle Sacre Scritture, al fine di renderle
comprensibili a tutti i fedeli.
Ma di prim’acchito la Cattedrale di
Reims, complice forse un tardo pomeriggio avaro di luce, delude. L’imponente
facciata manifesta un senso artificioso di chiaroscuro: mentre gli interventi
più recenti hanno restituito la tonalità originaria della pietra, quasi bianca
con venature sul rosa, la maggior parte delle superfici si presentano grigie e
fumose.
Risentono delle vicende tragiche del
Novecento; in particolare durante la prima guerra mondiale Reims è stata
devastata dai cannoni tedeschi, compreso il tristemente noto Bertha. Si voleva
distruggere un simbolo; infatti per un millennio i re francesi sono stati
incoronati nella Cattedrale. Ciò nonostante un angelo sorridente, scolpito a
lato del portale di ingresso sinistro, è stato eletto a simbolo della città e
del suo monumento più celebre.
Se a Chartres il gotico ha conservato
una purezza snella e ineguagliabile, a Reims pesano le vicende storiche.
Tuttavia, pur ferita, la Cattedrale è rimasta miracolosamente in piedi. E se le
vetrate gotiche sono andate in frantumi, ne sono state create di nuove,
soprattutto nell’abside. Spiccano quelle di Chagall, dominate da un mistico blu
che sottolinea la funzione salvifica della Crocifissione. Così quel non
credente di origine ebraica suggerisce che, attraverso l’arte, la religione può
rigenerare e salvare.
A partire dalla fine degli anni ’50,
verso la fine della sua vita, la creatività di Chagall si incentrò quasi
esclusivamente sulle vetrate. Luminosità, colori e riflessi di una vetrata
erano, secondo la sua sensibilità, una scorciatoia per raggiungere l’Eterno.
Divennero quindi il fulcro della sua ricerca personale e artistica. Proprio a
Reims, sotto la guida di due mastri vetrai locali, il suo dipingere poté
fissarsi sul vetro.
Il ricordo di guerre e distruzioni si
disperde nel rosso e blu di quelle vetrate, che suggeriscono canti di lode e
ringraziamento verso Dio. Nonostante la storia. Si ripensa, allora,
all’incontro di riconciliazione franco-tedesca avvenuto proprio qui nel 1962
tra De Gaulle e Adenauer.
Tristezza e delusione si dileguano e
all’uscita si guarda nuovamente all’angelo che ride con gli occhi rinnovati
della fede.
Reims è circondata dalle colline dello
Champagne, la regione dove si producono le celebri bollicine. Di nuovo, è il
sorriso di quell’angelo a ricordare che una sobria degustazione all’interno di
una piccola cantina è perfettamente in linea col senso di gioia gustato durante
un pellegrinaggio. D’altra parte, secondo tradizione, sarebbe stato l’abate Dom
Perignon a inventarne il metodo di produzione. Ne viene spiegato il processo.
Innanzi tutto possono
essere utilizzati soltanto tre vitigni
locali: Chardonnay, Pinot nero e Pinot Meunier. La prima fermentazione avviene
separatamente per ciascun vitigno, il giorno successivo alla vendemmia.
Conservato per alcune settimane entro botti di legno o di cemento, il vino
diventa fermo. L’inverno successivo viene travasato più volte per illimpidirlo.
A primavera avvengono ancora due fermentazioni: la prima forma le bollicine,
mentre la seconda espelle i depositi. Lo
champagne viene invecchiato, di norma, da uno a tre anni, prima di venire
immesso sul mercato. La mattinata nello Champagne si conclude con un rilassante
giro in trenino tra i vigneti di Chamery.
Cattedrale di Reims: il famoso angelo che ride. [foto G. Alimento] |
Il giorno successivo, già sulla via del
ritorno, tocchiamo l’ultima tappa del pellegrinaggio, Troyes. La bellezza, ma
anche la vivacità e gli angoli caratteristici ci hanno piacevolmente sorpreso.
Un tempo città tessile (di tale
tradizione rimane la Lacoste) e fieristica, oggi il centro storico è dominato dai
turisti. Si tratta, tuttavia, di flussi non eccessivi, che consentono un
passeggiare piacevole e rilassante.
Visitiamo la cattedrale di San Pietro e
Paolo, prima di tutto. Il suo stile gotico è più maturo, in quanto posteriore
di circa un secolo rispetto a Laon. Le cinque navate sono interrotte da
magnifiche vetrate, d’altra parte questa forma d’arte ha avuto origine proprio
a Troyes.
Se Casa Boulanger evoca il
Rinascimento, a poca distanza un gruppo di edifici stile Art Nouveau ci riporta
all’Ottocento. Anche la basilica di Sant’Urbano, eretta in onore di Papa Urbano
IV, è un capolavoro gotico le cui vetrate occupano quasi per intero le pareti
dell’abside.
Oltrepassato l’Hotel de Ville,
penetriamo nel quartiere medioevale, restaurato con garbo. Ricca di attività
commerciali, l’area ricalca la vivacità del passato, quando era popolata da
artigiani.
Percorriamo le viuzze lastricate a pavè,
guardando verso l’alto le case a graticcio, le tegole in legno, i piani a
sbalzo, le finestre a crociera, i balconi scolpiti. Ruelle des Chats,
dove in molte vetrine viene evocato il nostro amico gatto, è tanto stretta che
gli edifici più sporgenti si sfiorano.
Davanti alla Cattedrale di Troyes. [foto G. Alimento] |
Da ultimo visitiamo la chiesa di Santa
Maddalena, le cui vetrate donano luce e consistenza alle sculture
gotico-fiammeggianti che racchiudono il jubè.
Guido Alimento
... al Santuario N. D. du
Charmaix
È tradizione consolidata che ogni anno
l’8 settembre, giorno in cui la Chiesa celebra la Natività di Maria, si vada al
piccolo Santuario dello Charmaix. Quest’anno la ricorrenza cade di venerdì ed
il numero dei partecipanti è numerosissimo, infatti, oltre al pullman da 60
posti, ci sono anche al seguito il pulmino del G.I.S. e una macchina.
La giornata è luminosa e ci dirigiamo
alla volta di Novalesa per visitare l’Abbazia dei Santi Pietro e Andrea. Dopo
un rapido passaggio nella chiesa abbaziale, accompagnati dalla guida turistica,
ci raduniamo in una saletta adiacente il chiostro, dove vengono proiettate le
immagini dei particolari degli affreschi della Cappella di Sant’Eldrado. Quindi
passiamo nel Museo e, subito dopo, nel parco per la visita delle Cappelle: S.
Maria, S. Michele, del Salvatore e, infine, in quella di S. Eldrado,
completamente affrescata con i colori originali.
- Alla Cappella di Sant’Eldrado. [foto L. Tancini] |
Chiesa parrocchiale di S. Stefano a Novalesa. [foto L. Tancini] |
Il clima è mite, la giornata radiosa,
il sole splendente e il lago di colore blu cobalto intenso. I pendii
verdeggianti ricoperti di fiori alpestri costituiscono un ghiotto pascolo per
le mucche Tarine e Savoiarda che, con i loro campanacci, creano un festoso
scampanio. Le due sale del ristorante sono affollate e il menù è quello
consueto: crudité con vinaigrette, prosciutto crudo e melone, trote al burro
con gratin au dauphinoise e, per concludere, una gustosa tarte aux myrtilles.
In tavola è servito un profumato vino rosso dal colore rubino brillante che
tutti i commensali dimostrano di gradire. Risaliti sul pullman, dopo poco più
di un’ora si giunge in prossimità del Santuario dove alcuni bardonecchiesi sono
in attesa del nostro arrivo per unirsi alla processione diretta allo Charmaix.
Giunti sul ponte notiamo un altro gruppo di fedeli in attesa, fra cui l’ing.
Enrico Brizzolara e la consorte Diana Giuntini, venuti appositamente per
ricordare il 50º anniversario del matrimonio. Siamo tutti commossi e il
Parroco, in uno slancio di affettuosa amicizia, abbraccia lo sposo in
carrozzella e la signora Diana al suo fianco.
La Cappella è gremita di fedeli, come
anche la balconata e il portico antistante l’ingresso. L’Altare è illuminato a
festa e la nicchia con la Madonna Nera risplende con i fregi dorati restaurati
di recente. La presenza del Diacono Permanente Antonio Piemontese a fianco del
Parroco sottolinea maggiormente la solennità della funzione. Al termine il
gruppo raggiunge a piedi la grande croce che domina l’esplanade per una foto
ricordo e si risale sul pullman che, attraverso il Traforo del Frejus, ci
riconduce a Bardonecchia.
Siamo tutti molto sereni con una grande
gioia nel cuore per la bella giornata trascorsa insieme e sentiamo tra noi la
presenza della Madonna Nera dello Charmaix.
Marco
Rissone