Nove anni fa, proprio di questi
giorni, avveniva il passaggio « de iure » alla Francia della Valle Stretta, la
più occidentale delle nostre valli piemontesi.
1941 Inaugurazione del Rifugio di Valle Stretta (foto: collezione Simiand Bruno) |
Era un « de iure » molto forzato
che non dava alcun peso al contributo italiano alla guerra di liberazione e
passava sopra alle aspirazioni delle popolazioni locali
Il popolo italiano mentre ha
espresso vivacemente il suo sdegno per la spartizione dell'Istria e manifestato
notevoli preoccupazioni per le sorti di Trieste, ha stranamente ignorato le
rettifiche alla nostra frontiera occidentale, accettando forse per un
malinteso senso di riparazione della « pugnalata alla schiena », il fatto
compiuto.
Ma appunto perché abbiamo
ripudiato quei metodi e contiamo su una Europa unita, dovremmo aver imparato a
distinguere lo sciovinismo dalla giustizia, il lecito dall'illecito, le
sparate pseudonazionaliste dagli autentici nostri diritti. Il caso della, Valle
Stretta è uno di questi. Situata interamente al di qua delta displuviate alpina
essa ha sempre gravitato sulla vicina Bardonecchia (e non su Modane da cui la
separano dalle 7 alle 10 ore di marcia) per cui geograficamente ed economicamente
essa appartiene all'Italia. Non vi sono nella valle né strade, né ferrovie che
la colleghino alla Francia per cui tradizione, cultura, storia e folclore tutto
si ispira al mondo italiano. Da secoli i pochi abitanti della zona scendono a
svernare nei dintorni di Bardonecchia. Eppure da quasi un decennio sul rifugio
portante il glorioso nome del « Terzo Alpini » sventola la bandiera
bianco-rosso-bleu, e se desiderate entrare nella valle dovete munirvi di
reqolare permesso e lasciare i vostri documenti alla sbarra di confine posta
poco dopo Melezet. Oltre a tutto i francesi, occupata la zona, si sono
totalmente disinteressati dello sfruttamento delle risorse locali. Le uniche
loro impronte sono alcuni cartelli indicatori della sezione briançonnese del
Club Alpin Français, due o tre paracarri siglati F 1947 costruiti nei pressi
della diga posta ai piedi della Guglia Rossa e un ponticello in legno sul rio
Valle Stretta. Eppure é una delle valli più belle, suscettibile di una intensa
valorizzazione turistica. Sarebbe sufficiente la costruzione di una strada
collegante Modane attraverso il facile Colle della Valle Stretta per far
riversare in questa zona migliaia di turisti francesi. Dal versante italiano la
strada militare si addentra per un buon dieci chilometri nell'interno della
valle. Superato il bacino delle Sette Fontane ci si trova in un ambiente alpino
molto simile al Cadore o all'Alto Adige. Sono le cosidette « Dolomiti di Valle
Stretta » culminanti in alcune vette oltre i tremila tra cui il Tabor, la Rocca
Bernauda e la Gran Bagna dalla caratteristica forma pentagonale tipica delle
Tofane. E' una zona unica nel suo genere in Piemonte in cui le rocce presentano
le più vive colorazioni che vanno dal giallo, al grigio, al rosso intenso cui
fanno singolare contrasto le pinete della parte inferiore della valle e i vasti
pascoli dei pianori superiori, posti a ridosso del vecchio confine. A
completare questo gioco di luci concorrono una dozzina di laghi dalla
superficie complessiva di circa 100.000 metri quadrati. Gli amanti della roccia
trovano qui l'ambiente preferito.
Sul lato destro della valle si
spiega per circa un chilometro la ripidissima parete dei Militi (costi denominata
dal posto fisso della Milizia confinaria) che con un dislivello medio di quasi
quattrocento metri si eleva sui sottostanti prati.
Sulle sue placche come su quelle
della vicina Torre Germana a partire dal 1936 epoca della prima ascensione si
sono cimentati i più bei nomi dell'alpinismo italiano da Gabriele Boccalatte a
Leo Dubosc, a Giuseppe Gagliardone, all'indimenticabile Giusto Gervasutti giù,
giù sino all'ultima direttissima compiuta su passaggi di 50 e 6° grado dai
torinesi Piero Fornelli, Luigi Pistamiglio, Giovanni Mauro nel giugno 1951. Ma
anche gli sport invernali trovano qui l'ambiente ideale. Per tutto l'inverno si
può godere di una zona sciistica eccezionalmente favorevole sia per la natura
del terreno, che per la posizione della valle poco battuta dai venti e la
quantità e la qualità della neve. E' classica la salita in sci al Tabor (m.
3177) e la discesa lungo i 18 chilometri della Valle sino a Bardonecchia. Per
questi motivi e data la sua vicinanza a Torino (2 ore di ferrovia) la zona é
assai frequentata dal versante italiano.
A nove anni dalla annessione alla
Francia di questa zona tipicamente italiana c'é da augurarsi nell'interesse
della Valle Stretta una ragionevole revisione di un trattato inutile alla
Francia e dannoso al nostro Paese.
GIUSEPPE FORADINI
Bardonecchia, 2 ottobre 1956.