19/10/19

Bardonecchia e la Grande Guerra (2018) "Giuseppe Antonio Foray"

di Antonella Filippi

Giuseppe Antonio Foray

Nella seconda metà dell’Ottocento era giunto a Bardonecchia un giovane doganiere francese di nome Francesco Foray. Originario del piccolo paese di Arvillard nel cantone de La Rochette nella Savoia, a Melezet aveva trovato un amore, si era sposato ed era rimasto
in Italia. La moglie si chiamava Alessandra Beraud e faceva la maestra. La giovane coppia ebbe tre figli: Maria il 18 giugno 1884, Margherita l’11 luglio 1886 e Giuseppe Antonio il 12 giugno 1889.
Antonio frequentò la scuola fino alla 3ª elementare e poi incominciò il lavoro in campagna, come tanti ragazzini di quegli anni.
Fu chiamato alle armi per mobilitazione il 1° giugno 1915, nella 1ª compagnia di sanità. Dal 13 ottobre 1915 fu aggregato al treno attrezzato n° 26 di stanza a Treviso, e per tutta la guerra viaggiò sui treni che portavano i feriti dal fronte ai vari ospedali militari d’Italia.

Antonio era un giovanotto che si dava da fare e ben presto si rese utile in tutti i modi su quei vagoni carichi di sofferenze: imparò a fare le iniezioni e le medicazioni, a cucinare per i malati e possiamo immaginare che cercasse in ogni modo di alleviare il martirio dei feriti. Di quel periodo rimangono alcune cartoline che Antonio spediva a casa, al padre, alla madre, alla sorella e alla fidanzata, dai luoghi dove il treno ospedale si fermava per lasciare il suo carico di feriti: da Altamura, Bologna, Lucca, Reggio Emilia e Voghera.
Antonio ebbe la sua prima licenza per esonero agricolo solo nel gennaio del 1919 e fu lasciato in congedo illimitato il 19 agosto di quell’anno.





Cartolina spedita da Antonio Foray da Lucca alla sorella, 9.12.1915.
Tornò a fare il contadino e condusse una vita semplice, legata alle tradizioni delle sue montagne: l’unica parentesi della sua esistenza che lo portò fuori dal suo paese fu proprio quella della guerra. Quell’uomo che aveva visto mezza Italia, cosa rarissima per quei tempi, al suo ritorno si legò di nuovo alla terra e non la lasciò più. Si sposò con Paolina Roude, nata nel 1892, e nacquero due figli: Francesco del 1921 e Secondo (detto Dino) del 1924.


Paolina Roude Foray.

Agli inizi degli anni ’30 ebbe tre gravi lutti: perse il papà, una sorella e nel 1933 la moglie. Rimasto vedovo, non si risposò e allevò da solo i due figli ancora bambini, Francesco di 12 anni e Dino di 9. Imparò a fare tutto quello che l’economia della casa richiedeva, e lo fece fino alla vecchiaia. Cosa straordinaria per un uomo, sapeva lavorare ai ferri e si faceva i maglioni con le sue mani, ovviamente con la lana delle sue pecore, e con i ferri da calza che si era fabbricato da solo.
In estate andava a fare il margaro alle grange Teppa, sopra il Pian del Colle, dove portava le sue mucche insieme ad altre bestie del paese: al mattino scendeva a Melezet per lavorare la campagna e a sera risaliva alle grange per mungere e fare i formaggi. Una vita durissima fatta solo di grandi sacrifici.
Antonio Foray era conosciuto in paese per essere un esperto nell’uso delle erbe che andava a raccogliere nella stagione giusta nei prati, nei pascoli e nei boschi o coltivava nel suo orto, e poi faceva essiccare e custodiva in un armadio in legno di sua fabbricazione con tanti reparti catalogati per specie. Era riuscito a far crescere anche un rarissimo tipo di the selvatico.
Antonio Foray davanti alla sua casa
a Melezet.
Con le erbe faceva tisane curative per uomini e animali e quando una mucca doveva partorire in paese si andava a chiamare Foray che sapeva che cosa fare, fino a tranquillizzare la bestia con le sue tisane. Solo lui sapeva fare partorire una mucca anche in condizioni estreme. Dalla guerra e da quei treni, dove aveva imparato a curare i feriti, aveva riportato le sue conoscenze di infermiere e in paese si ricorreva a lui per piccole medicazioni e iniezioni.
Un uomo prezioso che ancora oggi avrebbe tante cose da insegnare anche alle nuove generazioni.
Antonio Foray morì nel 1971.





Antonio Foray margaro alle Grange Teppa, con le mucche e il suo cane.



FONTI – Testimonianza della signora Felicina Bertessa, moglie di Dino Foray.
– Archivio di Stato di Torino, foglio matricolare di Foray Giuseppe Antonio.
– Documentazione fotografica della famiglia Foray.