Nell’estate 2016 il Museo di Arte Religiosa Alpina “Don
F.Masset” di Melezet ha proposto una esposizione dedicata al tema della croce
intitolata:
CROCE, SEGNO DELLA MISERICORDIA DI CRISTO.
Oltre ad un allestimento con opere provenienti sia dalle
frazioni di Bardonecchia che dal Museo stesso, è stata fatta una ricerca
sull’argomento, della quale si presenta, in questa occasione, un capitolo
dedicato alle croci processionali.
Dobbiamo ricordare che ogni chiesa della nostra conca, anche la
più modesta, possedeva una croce processionale, la Grande Croce in legno
o in metallo prezioso, decorata, incisa, smaltata, da portare davanti a tutte
le processioni in onore dei Santi, o in occasione dei funerali, issata su
un’asta, o lasciata orgogliosamente vicino all’altare a ostentare tutto il suo
valore e la sua ricchezza. Si componeva di un’asta con il suo innesto, un nodo
globulare, un montante, sul quale spiccava un Crocifisso, i bracci e le quattro
terminazioni che, in genere, supportavano figure e simboli dell’iconografia
tradizionale, ed era decorata da entrambi i lati.
Fortunatamente alcuni esempi di questi preziosi oggetti sono
giunti sino a noi e adempiono ancora la loro funzione in determinate occasioni,
o sono esposti per essere ammirati. Un esempio importante, sopravvissuto nei secoli,
proveniente dalla parrocchiale di San Pietro Apostolo a Rochemolles, è
la croce processionale realizzata da Hippolyte Borrel di Briançon nella
prima metà del XVI secolo.
Croce Processionale, Parr. S. Pietro - Rochemolles. |
Si tratta di un’opera in argento laminato e sbalzato, rame
dorato, smalto traslucido su un’anima in legno. Ogni braccio della croce ha un
terminale a forma di giglio preceduto da un quadrilobo, il tutto contornato da
un filo di perline d’argento dorato. I bracci ed il montante sono disseminati
di gigli in rilievo. Sul lato frontale al centro vi è il crocifisso, mentre nei
compassi, dove restano ancora le tracce dello smalto originario, sono inserite
le figure di Dio Padre, della Vergine, di San Giovanni ed in basso il Cristo risorto.
Sul verso al centro è posto S. Pietro in piedi sotto un pinnacolo gotico, nei
compassi vi sono invece i quattro Evangelisti. Il nodo è dorato e presenta castoni
a sfondo blu smaltato nei quali risaltano i gigli di Francia, anch’essi dorati.
Il punzone dell’orafo è ripetuto dieci volte: sono le iniziali Y.B. separate da
un decoro, inserite all’interno di un rettangolo.
Insolita la presenza di San Pietro al posto dell’Eterno sul
retro della croce, anche se abbastanza scontata, considerando che il patrono di
Rochemolles è proprio S. Pietro. Altra singolarità è costituita dal Cristo
risorto ai piedi del crocifisso, dove di solito sta il Cristo del Dolore.
Inoltre, il viso del Cristo presenta dei caratteri particolari, soprattutto per
gli occhi piuttosto unici, che si riscontrano anche in altre opere di Borrel.
Sorprendente è il realismo dei visi dei personaggi, probabilmente ispirati
direttamente da quelli degli abitanti del posto. Le condizioni di conservazione
sono ottime ma è andato perduto lo smalto azzurro.
Hippolyte Borrel, figlio di Florimont Borrel, è citato come
orafo e fa parte, nel 1539, degli abitanti di Briançon riuniti dai notabili
della città nella chiesa dei Cordeliers in occasione della costituzione del nuovo
catasto. Nel 1543 è sindaco di Briançon. Nel 1545 vengono stimati i suoi beni (G.
Godefroy, Le mystérieux orfèvre Y.B. identifié, 1978).
Un calice dello stesso artigiano, proveniente dalla Cappella S. Antonio
di Jouvenceaux, è esposto presso il Museo di Arte Sacra di Susa, inoltre una
serie di oggetti riconducibili alla sua bottega sono stati schedati nel
brianzonese, come la croce processionale di Plampinet e il calice di Sainte Marie
di Font-couverte. L’esistenza di testimonianze sicure della stessa personalità
artistica al di qua e al di là del Monginevro ci conferma l’affinità di
situazione culturale tra brianzonese e alta Valle di Susa, favorita dall’unità politica
della zona.
La croce “de procession” di Plampinet è in argento su un anima
di legno, i bracci terminano con dei quadrilobi dove compaiono i quattro
Evangelisti, sono presenti dei decori di ghirlande fiorite che producono uno
scintillio, certamente voluto dall’autore, che rende questa croce armoniosa e
raffinata. Anche i particolari del viso del Cristo e dei vari personaggi sono
stati realizzati con maestria. Il nodo è lineare e non presenta motivi. Il
punzone dell’orafo compare due volte – Y B – ed è quello di Hippolyte Borrel,
di Briançon, lo stesso autore della croce processionale di Rochemolles e,
quindi, risalente al XVI secolo (notare che Hippolyte a quell’epoca si
scrivevaYppolite).
Un altro magnifico esempio di oreficeria gotica è la croce
processionale di Bardonecchia, in argento sbalzato, cesellato,
inciso e parzialmente dorato; sull’impugnatura è visibile la data 1442. Alcune
tesi da porre, tuttavia, in discussione, sostengono che venne presumibilmente
acquistata dalla chiesa di Bardonecchia all’abbazia di Novalesa dopo la soppressione
del Priorato, nel 1855 (G. Godefroy - R. Girard, Les orfèvres du Dauphiné -
Librairie Droz, Ginevra 1985).
Croce Processionale,
Parr. S. Ippolito Bardonecchia.
|
Assegnabile ad una bottega orafa franco-piemontese, è realizzata
in argento, applicato con chiodi ad un’anima di legno. I bracci con incrocio
potenziato da un elemento quadrangolare, presentano un decoro a fogliame molto
simile a quello della croce processionale di Monêtier-les-Bains. Dati i
legami che, in passato, unirono Monêtier con l’abbazia di Novalesa, G. Godefroy
ci dice che non è impossibile che questo motivo vegetale presente sulla croce
più antica (Monêtier) abbia ispirato l’autore della seconda croce. «Il nodo è
in rame dorato, a sfera schiacciata con rilievi a losanghe, con sei placchette
quadrangolari in smalto con figure, presumibilmente, riferentesi a San Giovanni
Battista, Sant’Ippolito (figura di un martire), San Lorenzo, San Pietro, San
Paolo e lo stemma dei Visconti de Bardonnèche, divenuto stemma della città» (Soprintendente per i beni storici, artistici ed etnoantropologici del Piemonte, V. Moratti)
Lo stemma di Bardonecchia sul nodo. |
Nodo Croce Processionale di Bardonecchia |
Quest’ultimo particolare riguardante lo stemma dei Signori di
Bardonecchia ci induce a pensare che la croce sia stata commissionata ed
eseguita per la nostra città e non importata da Novalesa, come palesava G.
Godefroy in un suo importante testo. È inoltre presente un punzone, firma
dell’autore, contrassegnato dalle lettere gotiche HA, ma non ancora identificato.
Quindi, a oggi, molti lati oscuri rimangono da svelare su questo
bellissimo oggetto, sopravvissuto a sei secoli. All’incrocio dei bracci si
trova il Crocifisso a capo chino, circondato da altre figure realizzate a
sbalzo e distribuite secondo un’iconografia tradizionale: l’Addolorata, San Giovanni,
il Redentore ed il Cristo Risorto.
Santo martire (Ippolito) con
stendardo-effigie di Bardonecchia,
nodo
Croce Processionale |
Sul verso sono raffigurati i simboli degli Evangelisti: l’aquila
(Giovanni), il toro (Luca), il leone (Marco), l’angelo (Matteo), ciascuno
recante un cartiglio col nome, inoltre essi si presentano tutti alati, con un
chiaro riferimento alla descrizione della Corte Celeste nell’Apocalisse 5,5, in
cui si parla dei quattro viventi, uno simile a leone, il secondo simile a
vitello, il terzo con aspetto d’uomo e il quarto somigliante ad un’aquila in
volo, tutti e quattro muniti di sei ali ciascuno.
Questa croce venne rubata nella notte del 26 marzo 1971 e non se
ne seppe più nulla, fino a quando durante una perquisizione effettuata dai
Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Roma fu ritrovata
in una villa privata della Capitale nella primavera del 2012 e riconsegnata
alla proprietà nel corso di una solenne celebrazione tenuta il 13 agosto del
medesimo anno.
Si decise di farla restaurare, ed in fase di risistemazione
(giugno 2013) apparve un sepolcreto ricavato nell’anima lignea, coperto da
lamina d’argento, in prossimità del capo del Crocifisso, contenente un
cartiglio recante la scritta “Ex Scindone Domini” ed un piccolo involto in seta
gialla con una Reliquia consistente in un tessuto probabilmente di lino. La
preziosa croce, dal mese di gennaio al mese di marzo 2014, venne esposta al
Palazzo del Quirinale di Roma – residenza del Capo dello Stato – in una mostra
di alto livello dal titolo “Una memoria ritrovata”, e inserita in un elegante
catalogo d’arte.
L’uso di “firmare” un’opera di oreficeria con il punzone
dell’autore si estese abbastanza rapidamente prima ancora che Carlo VIII lo
rendesse obbligatorio per tutti gli orafi del regno di Francia nel 1493. Le due
più antiche opere conosciute nel nostro circondario, realizzate a Grenoble,
sono la croce processionale di Monêtier-les Bains e quella di Névache, entrambe
di poco posteriori all’anno 1408 ed ognuna è timbrata con il punzone dell’autore.
La croce processionale di Monestier (Monêtier) è
forse la più antica della zona, è in argento, in parte dorato su un’anima di
legno. Il Cristo sormontato da un titulus non porta corona di spine, i
personaggi rappresentati sono quelli appartenenti all’iconografia classica: San
Giovanni, la Vergine, gli Angeli e i simboli dei quattro Evangelisti, Dio
Padre. Il nodo in rame argentato è composto da otto medaglioni che inquadrano
figure di Santi. Molto armoniosa nelle sue proporzioni, è alleggerita dalla
presenza, sui suoi bracci, di foglie di vite dorate. Sono stati rinvenuti due
punzoni: uno appartenente alla città di Grenoble, utilizzato dal 1408, e uno
dell’orafo composto dall’iniziale G iscritta in un quadrilobo, individuato come
Gonin de Vidames (Goninus), originario di Chabeuil, nei pressi di
Valence, ma operante a Grenoble. Alla fine del XIV e all’inizio del XV sec. la
popolazione di Grenoble raggiungeva a mala pena i 4.500 abitanti e gli orafi in
esercizio erano sei, ecco perché non fu così difficile individuare l’autore in
questione, anche alla luce di documenti di incarichi rinvenuti (Godefroy et
Girard, Les orfèvres du Dauphiné, 1985).
Croce Processionale, Parr. St. Marcellin - Névache. |
Anche la croce processionale di Névache è in
argento, in parte dorato, modellato su una base in legno. Il Cristo non ha
corona di spine e non è sormontato da un titulus. I bracci sono ricoperti da un
decoro di tralci di vite, i personaggi rappresentati sono la Vergine, il
pellicano, S. Giovanni, Maria Maddalena e, sul dietro, Dio Padre e i simboli
dei quattro Evangelisti. Il nodo è in rame argentato. Sono presenti due
punzoni: il primo della città di Grenoble utilizzato dal 1408 in poi, e il
secondo composto dalle lettere G P è stato attribuito a Guillaume Polon,
attivo nel quartiere di S. Jean a Grenoble nella prima metà del XV sec.
Croce Processionale lignea, Parr. S. Lorenzo - Les Arnauds. |
Il nostro Museo espone per la prima volta una croce
processionale, molto ben conservata, proveniente dalla parrocchiale San
Bartolomeo Apostolo di Chateau-Beaulard. È in argento e rame dorato, con
figure applicate a sbalzo, sulla faccia che ospita l’Eterno e i simboli degli
Evangelisti sono incastonati quattro vetri colorati, sull’altro lato, vi sono
il Cristo crocefisso, la Vergine e San Giovanni, e su un solo terminale si
trova una analoga decorazione in vetro. È stata datata fine XV secolo, è
presente un punzone, di cui non si conosce l’autore, ed è stata paragonata
stilisticamente prossima alla croce dell’Abbazia di San Michele alla Chiusa per
una forte propensione all’espressività patetica nei personaggi della Vergine e
San Giovanni (Valle di Susa Arte e Storia, 1977).
Più recente, ma molto particolare, è la croce processionale in
legno di Les Arnauds, ben conservata con ornamenti accuratamente dorati e con figurette dipinte a
colori nitidi. Su una faccia sono
rappresentati il Cristo crocifisso, la Madonna e le tre Marie, sul lato opposto
troviamo un’Assunta e varie teste alate di cherubini. Non sono rappresentati gli
Evangelisti, a differenza di molte altre croci. La foggia di questa croce e del
suo nodo denotano una preziosa opera di cesello che secondo G. Gentile (Valle
di Susa…1977) potrebbe risalire al primo terzo del ’700 ed essere stata
eseguita da un intagliatore di Grenoble.
Daniela Ferrero Mainardi