A Bardonecchia, se non fosse per una via che porta il suo nome, di Giovanni Giolitti non ci sarebbe più ricordo. Eppure il grande statista aveva scelto la conca di Bardonecchia per fuggire al caldo estivo della sua originaria Cavour fin dal 1903 e per ben 24 anni fu un affezionato “villeggiante” che non mancava di soggiornare un’estate tra le nostre montagne, anche nei momenti in cui la situazione politica italiana era più difficile. Fino a non molti anni fa, le persone anziane del paese ricordavano ancora la figura alta e ritta del Giolitti, con il largo cappello, che faceva la passeggiata fino alle pendici del Bramafam per bere con il suo inseparabile bicchiere, l’acqua salubre che sgorga dalla fontana che ora porta il suo nome.
Oggi che la memoria è scomparsa possiamo provare a ripercorrere, attraverso le cronache dei giornali dell’epoca, quei lunghi 25 anni, ridando vita ai tempi in cui il piccolo paese di montagna si stava trasformando in un elegante luogo di villeggiatura.
Nelle cronache del tempo troviamo quasi sempre notizia della partenza di Giolitti da Roma per Bardonecchia. Come vivesse la capitale quell’allontanamento di Giolitti fino all’ultimo lembo d’Italia non è dato saperlo; certamente suscitò prima una curiosità che col tempo divenne abitudine. D’altronde Giolitti a Bardonecchia non era legato da tradizioni di famiglia, non possedeva una casa come nella sua Cavour, e qualche invidia quel piccolo paese di montagna, che era stato scelto per le villeggiature dal grande uomo politico, doveva pur averla suscitata.
Giolitti aveva scelto Bardonecchia per l’ambiente semplice e raccolto, quello che lui preferiva, lontano dai fasti della vita pubblica. La casa che lo ospitava era quella del notaio Suspize, dove affittava un semplice appartamento al primo piano; con la moglie, donna Rosa, trascorreva giorni tranquilli, tra lunghe passeggiate e chiacchierate amichevoli con le vecchie conoscenze del paese.
E Bardonecchia rispondeva all’onore di avere ogni anno nella sua valle colui che diede il suo nome all’epoca in cui viveva: si facevano preparativi festosi, le autorità attendevano il treno presidenziale, la gente accorreva ad accogliere il Presidente. Possiamo immaginare come i nostri montanari si preparassero all’arrivo di Giolitti, come i bambini del paese attendessero quel momento di festa. Giolitti doveva amare quella semplicità, quel calore sincero, quella autenticità della gente di montagna.