27/04/20

Cosa sono e a cosa servono le mascherine

Ricerca di Guido Ambrois


Le mascherine sono dispositivi filtranti atti a proteggere da polveri fini acquose e oleose, aerosol, fumo. Normalmente vengono utilizzate per compiere lavori particolari, nelle sale operatorie.  In questa situazione particolare si utilizzano per combattere la diffusione del COVID 19 (corona virus). Si possono suddividere in:
1 - Mascherine semplici. Si tratta di prodotti a bassa efficienza, generici, adatta per il filtraggio di particelle fini e polveri  non tossiche, come silice, lana di vetro, grafite, cemento, zolfo, carbone, metalli ferrosi o legno tenero.
2 - Mascherine chirurgiche.  Sono quelle mascherine rettangolari fatte di tre strati di tessuto-non-tessuto plissettato che si indossano sul volto grazie a un nasello, elastici o lacci. Devono soddisfare alcuni requisiti tecnici stabiliti per legge e passare alcuni test specifici che verificano se la mascherina blocca le goccioline contaminate da batteri. Devono avere il marchio CE ma attualmente e temporaneamente si possono vendere legalmente prodotti che vengono autocertificati dai produttori. Le mascherine chirurgiche non proteggono chi le indossa, ma le altre persone.
3 - Maschere filtranti facciali, identificate con sigla FFP (filtering face piece) ed un numero da 1 a 3 secondo della loro efficacia filtrante. Sono realizzate in modo da bloccare il passaggio di particelle di dimensioni estremamente piccole, dell’ordine del mezzo micron, impedendo a chi le porta di inalarle. Sono dispositivi che bloccano a tutti gli effetti eventuali aerosol infetti da virus, ma anche fumi pericolosi, fibre e polveri ed hanno l’obbligo di riportare il marchio CE. In ambito sanitario vengono usate le FFP2 e 3, che hanno un’efficacia filtrante rispettivamente del 92% e del 98% e sono le più indicate per bloccare i virus.
FFP1 - offrono protezione da polveri non da aerosol tossici. Non sono adatte per la protezione dai virus.
FFP2 - proteggono da polveri, fumo e aerosol solidi e liquidi dannosi per la salute. Devono catturare almeno il 92%  delle particelle che si trovano nell'aria fino a dimensioni di 0,6 μm.
FFP3 - offrono la massima protezione possibile da polveri, fumo e aerosol solidi e liquidi tossici, sostanze nocive cancerogene e radioattive, microrganismi patogeni come virus, batteri e funghi e dannosi per la salute dall'inquinamento dell'aria respirabile filtrando almeno il 98% delle particelle con dimensioni fino a 0,6 μm.
In generale possiamo dire che le mascherine di tipo chirurgico, proteggono gli altri dalle secrezioni di chi le indossa e non viceversa, mentre quelle filtranti (con le dovute differenze), agiscono al contrario, proteggendo chi le indossa da agenti esterni pericolosi, virus e non solo.
La capacità filtrante della mascherina non è però infinita: dopo qualche ora di utilizzo il tessuto perde di efficacia, anche se la capacità filtrante non si annulla del tutto. Se sono monouso, queste maschere vanno gettate dopo un turno di utilizzo o dopo un determinato numero di ore.

Come agiscono le mascherine.
I coronavirus hanno dimensioni di 100-150 nanometri di diametro (600 volte più piccoli di un capello) e si trasmettono mediante goccioline (droplets) delle secrezioni di naso e bocca che vengono emanate durante la normale respirazione, quando si parla, e in grandi quantità in caso di tosse e starnuti. In particolare, lo starnuto può spingere queste goccioline ad una distanza fino a 4 metri. Queste goccioline possono raggiungere anche dimensioni di pochi micron nel caso di formazione di aerosol, come accade in alcune manovre sanitarie.

Mascherine chirurgiche
Sono formate da due o tre strati di tessuto costituito da fibre di poliestere o polipropilene. Lo strato esposto all’esterno è costituito da un materiale che ha la funzione di conferire resistenza meccanica alla mascherina con eventuale trattamento idrofobo. Lo strato intermedio è costituito da microfibre di diametro 1-3 micron; questo strato svolge la funzione filtrante. Un eventuale terzo strato è a contatto con il volto e protegge la cute dallo strato filtrante.
Capacità filtrante: pressoché totale verso l’esterno (superiore al 95% per i batteri), mentre hanno una ridotta capacità filtrante dall’esterno verso chi le indossa, di circa il 20%, principalmente dovuta alla scarsa aderenza al volto.
A che cosa servono: se ben indossate, sono molto efficaci nell’impedire a chi le indossa di contagiare altre persone.
Sono destinate a limitare la trasmissione di agenti infettivi da parte del personale ai pazienti durante le procedure chirurgiche e altre attività mediche con requisiti simili. Possono anche essere indossate dai pazienti e da altre persone per ridurre il rischio di diffusione delle infezioni, in particolare in situazioni epidemiche o pandemiche, come l’attuale.
Non garantiscono una protezione elevata nei confronti del virus che proviene dall’esterno, proprio perché non aderiscono bene al volto e non trattengono le particelle fini e molto fini generate, ad esempio, dall’aerosol


Le mascherine chirurgiche sono monouso e non ci sono procedure, scientificamente validate, per la loro «disinfezione». L’utilizzo di disinfettanti o vapori di aria calda potrebbero danneggiarne il tessuto, facendo perdere la sua efficacia come barriera. In assenza di una nuova mascherina, si può lasciarla all’aria aperta per almeno 12 ore prima di riutilizzarla, stando sempre bene attenti a non toccare la parte esterna della mascherina. Se si può ancor meglio lasciala all’aria per 4 giorni così si è certi che un eventuale traccia di virus si è spenta. Bisogna però essere consapevoli che l’efficacia della mascherina non sarà identica a prima, quindi è ancora più cruciale «mantenere sempre le distanze di sicurezza».
Filtranti facciali FFP1, FFP2 e FFP3
Il materiale che li costituisce, ha un’alta capacità di filtraggio dell’aria. Sono realizzati con tessuti-non-tessuti con proprietà e funzionalità differente. Lo strato esterno della mascherina protegge dalle particelle di dimensioni più grandi, lo strato intermedio filtra le particelle più piccole. Lo strato interno, a contatto con il volto, ha la doppia funzione di mantenere la forma della maschera e di proteggere la maschera dall’umidità prodotta con il respiro, tosse o starnuti. Lo strato filtrante agisce meccanicamente (come un setaccio) per particelle fino a 10 micron di diametro. Sotto queste dimensioni, le fibre cariche elettrostaticamente attirano e catturano le particelle. Tutte aderiscono bene al viso, e sono disponibili in versione con e senza valvola.
Capacità filtrante delle FFP senza valvola
FFP1: dall’esterno verso l’operatore e viceversa è del 72%.
FFP2: la capacità filtrante in entrambe le direzioni è del 92% e le dimensioni dei pori filtranti sono più grandi di quella del virus, ma bloccano le particelle con l’effetto elettrostatico e i virus che non viaggiano sotto forma di areosol, come accade nella maggior parte dei casi. Sono ben tollerate e devono essere cambiate meno di frequente, perché il potere filtrante si mantiene.
FFP3: hanno una capacità filtrante verso l’interno ed esterno pari al 98%. Sono quelle che proteggono in modo pressoché totale, perché i pori filtranti sono più piccoli del virus, e i valori sono simili a quelli delle mascherine chirurgiche. Controindicazioni: possono essere mal tollerate da chi li indossa, perché si accumula all’interno della mascherina l’aria espirata, inumidendo il materiale della maschera e rendendo complessivamente più faticosa la respirazione. Inoltre, l’umidità della maschera ne riduce il potere filtrante in entrata e, pertanto, devono essere
cambiate frequentemente.



Capacità filtrante delle FFP con valvola
Hanno la caratteristica di consentire una agevole respirazione, ma proteggono chi le indossa e non gli altri, perché attraverso la valvola esce il respiro e quasi tutto quello che c’è dentro. Le FFP1 hanno una capacità filtrante in entrata del 72%. Le FFP2 del 92%, mentre le FFP3 del 98%. In uscita filtrano non più del 20%. Per questo motivo le maschere filtranti facciali con valvola sono da destinarsi all’uso sanitario, nei reparti dove sono ricoverati casi infetti, per la protezione degli operatori. Non devono essere usate al di fuori dell’ambiente ospedaliero, perché le persone infette (quindi anche gli asintomatici) che le indossano potrebbero trasmettere la malattia ad altre persone.



Ogni dispositivo, inoltre, ha una sua durata massima. Le mascherine si dividono in riutilizzabili (R) e monouso (NR). Una mascherina monouso ha una durata limitata che varia in base al suo utilizzo e, generalmente, deve essere sostituita quando si riscontra un’alta resistenza respiratoria.
I filtranti facciali FFP1, FFP 2 e FFP 3 possono essere riusabili solo se non sottoposti a usura del materiale (se non sono rovinati). I trattamenti possibili di rigenerazione sono tre: 1) esposizione ad alta temperatura (superiore a 60°) in ambiente umido; 2) esposizioni ai raggi ultravioletti; 3) trattamento con soluzioni idroalcoliche al 60/70%. Quest’ultimo è il trattamento più promettente in termini di penetrazione di tutti gli strati della maschera e mantenimento delle proprietà meccaniche, inclusa la forma. Sulla validità di questi metodi non vi è accordo scientifico. A casa, se si vuole riutilizzare questi tipi di mascherine, è possibile adottare come metodi di sterilizzazione un disinfettante spray, il vapore del ferro da stiro (senza toccare col ferro la mascherina), oppure lampade UV. Si sottolinea, ancora una volta, che non sono metodi di cui sia stata accertata l’effettiva validità oltre al possibile rischio di venire in contatto con il virus o deteriorare la mascherina.
Chi non volesse utilizzare le mascherine chirurgiche, le quali assicurano livelli di protezione inferiori ma sufficienti per la vita quotidiana, la scelta tra FPP2 e FPP3 deve essere effettuata in base alle reali necessità di utilizzo.
Con la mascherina chirurgica chi la indossa viene potenzialmente raggiunto dall'80% delle particelle pericolose. Ma il soggetto che le indossa non infetta gli altri. Le protezioni più efficaci sono fornite dalle mascherine FFp2 e FFp3 senza filtro o valvola, in cui le percentuali di contagiarsi e contagiare gli altri quasi si azzerano. Ma sono anche quelle meno facili da portare, dato che se correttamente indossate rendono difficile la respirazione. Per le persone che vogliono indossarle nella quotidianità, ad esempio per recarsi al lavoro, prendere i mezzi pubblici o fare la spesa, è più che
sufficiente una mascherina di tipo FPP2. Quelle FFp3 vanno riservate all’ambito ospedaliero.

Come indossare le mascherine.
L’utilità delle mascherine è indiscussa per chi presenta sintomi respiratori riconducibili all’infezione da corona virus ma, considerando la presenza di persone infette asintomatiche e quindi inconsapevoli diffusori del contagio, è più corretto dire che oltre al distanziamento sociale tutti devono indossare un dispositivo di protezione ogni volta che si esce di casa e quando, in generale, ci si trova a contatto con altre persone. La mascherina infatti è uno strumento utile solo quando può fungere da barriera fisica dalle goccioline emesse dalla bocca o dal naso, proteggendo chi le indossa e le persone che si trovano nelle vicinanze. Incominciano a circolare mascherine “decorate” con i più fantasiosi disegni, a volte “fai da te”. Occorre tener presente che la mascherina è uno strumento di protezione non un indumento da indossare secondo i nostri gusti e che la protezione potrebbe essere diminuita o nulla. Su quante ne servano ogni giorno a una persona, dipende dagli impegni e abitudini. La regola è che chi ha a disposizione la classica mascherina chirurgica, oggi la più comune, la deve cambiare dopo un uso all'incirca di 4 ore.
Massima attenzione va posta alle modalità con cui si usa la mascherina altrimenti questo dispositivo “invece di proteggerci può diventare una fonte di infezione a causa dei germi che potrebbero depositarsi sopra” (OMS) in particolare se ci si continua a toccare il volto con le mani per sistemarla. Prima di indossarla bisogna lavarsi le mani con acqua e sapone o strofinarle con una soluzione alcolica; poi bisogna indossarla prendendola dall'elastico, evitando di toccarla, assicurandosi che vengano coperti naso e bocca e che non ci siano spazi tra il viso e il dispositivo; evitare di toccarla mentre la si utilizza e sostituirla con una nuova non appena è umida e non riutilizzarla.
Altrettanto fondamentale è fare attenzione a come toglierla e a dove buttarla. Per toglierla vale la stessa regola che si deve seguire quando la si indossa e cioè prenderla dall'elastico ripiegandola verso la parte anteriore perché toccando la parte esterna con le mani si rischia di contagiarsi. Quindi è importante buttare la mascherina in un contenitore chiuso (da smaltire nell’indifferenziato) e lavarsi subito dopo le mani.  È assolutamente sconsigliabile togliere la mascherina e poggiarla in aree della casa delicate, come il tavolo della cucina o un mobile del bagno. Piuttosto è consigliabile avere una zona filtro all'ingresso della casa, ad es. un corridoio o, meglio ancora, in una parte all'esterno della casa.  
L’uso della mascherina non deve ingenerare un falso senso di sicurezza e far dimenticare lo scrupoloso rispetto delle regole e delle misure igieniche attualmente in vigore, in particolare quella della distanza tra le persone.