17/10/19

Bardonecchia e la Grande Guerra (2018) "Giovanni Ferdinando Masset"



di Antonella Filippi


Giovanni Ferdinando Masset
Medaglia di Bronzo al Valor Militare

Giovanni Masset tornò dalla guerra con una medaglia al valore ed una grave mutilazione ad
una gamba. Figlio di una famiglia contadina di Rochemolles che viveva dell’economia di montagna, con molti campi da coltivare e fieno da tagliare, con le bestie che in estate venivano portate nella grangia a Mouchequite, Giovanni raggiunse nella sua vita traguardi importanti fino ad essere insignito delle onorificenze di Cavaliere della Repubblica.
I suoi genitori, Giovanni Francesco, nato nel 1852 ed Emilia Souberan, nata nel 1860, avevano avuto quattro figli: Delfina il 10 marzo 1886, Giovanni il 13 marzo 1892, Antonio il 31 dicembre 1894 e Francesco il 30 aprile 1899. Nel 1899 la famiglia ricevette una cospicua
eredità dallo zio, il canonico Giovanni Masset: il capofamiglia pensò di usare questa fortuna per migliorare il tenore di vita e trasferirsi a Susa dove comprò una bella cascina con la vigna, l’orto e molti alberi da frutta. Messi in vendita i beni di Rochemolles, i Masset ripresero l’attività di contadini in pianura dove le condizioni ambientali permettevano lavoro e guadagno soddisfacenti. I figli Giovanni e Antonio poterono frequentare le scuole superiori presso i Fratelli delle scuole cristiane di Susa; il padre lavorava nei campi e la madre con Delfina badava alle faccende domestiche. Ma quando ormai tutto sembrava ben avviato il padre morì di polmonite fulminante. Era il 1902 e mamma Emilia non ebbe molto tempo per piangere: si tirò su le maniche e prese in mano l’attività della cascina dove si produceva vino che era venduto in buona quantità nella cantina di proprietà. Ma il destino volse ancora a sfavore di questa donna forte e determinata: in attesa della vendita dei beni di Rochemolles, il debito con la vecchia proprietaria non era del tutto liquidato e costei, senza alcuno scrupolo, si riprese la cascina e la rivendette. La signora Emilia, rimasta senza casa e senza lavoro, fu aiutata dal parroco della Cattedrale di Susa, Monsignor Antonio Tonda, che le trovò una sistemazione in Susa.


Giovanni Masset con la moglie Cecilia e i cinque figli, in occasione
della prima Comunione del piccolo Ugo. 1950 circa.
Il figlio Antonio emigrò in Francia per lavorare come operaio nell’acciaieria di La Praz; tornò
in Italia nel 1918 per la mobilitazione e dopo breve periodo in zona di guerra fu esonerato dal servizio e assegnato ai servizi sedentari. Con la fine delle ostilità tornò in Francia dove visse fino alla morte. Francesco, ragazzo del ’99, giunse al fronte nel marzo del 1918 e fu assegnato alla compagnia presidiaria. Dopo la guerra, entrò all’Enel dove lavorò fino alla pensione.
Delfina si sposò a Susa con Giuseppe Chiapusso e andò a vivere a Chambery. Ma la gioia
della nascita di un figlio fu funestata da una grave setticemia conseguenza del parto che si portò via Delfina, giovanissima, nel 1907 a soli 20 anni. La nonna Emilia prese con sé il piccolo Giuseppe e lo allevò come una madre.
Giovanni, invece, proseguì invece i suoi studi a Grugliasco presso l’ordine religioso dei Maristi e nel 1910 raggiunse la licenza tecnica. Andò a lavorare in Germania, a Friburgo, dove rimase fino all’inizio della guerra.
Nel febbraio 1915 Giovanni ricevette la chiamata alle armi a Pinerolo; giudicato non idoneo per le truppe alpine fu richiamato nel giugno ed assegnato alla fanteria. Giovanni era caporale nel 158° reggimento fanteria, brigata Liguria, che agli inizi delle ostilità era dislocata sulle rive dell’Isonzo, a Canale, dove dall’altra parte del fiume c’erano gli austriaci. Un giorno, ricordava Giovanni Masset nelle sue memorie, il nemico con un proiettile shrapnel colpì un maiale in un campo di meliga: i soldati lo portarono in una casa abbandonata e piena di provviste e se lo cucinarono.
Alla ripresa delle operazioni offensive d’autunno, il 158° reggimento venne spostato nella zona di Santa Maria e Santa Lucia di Tolmino: le posizioni avversarie ben difese e imprendibili resero lo scontro più duro e Masset ricordava che morirono molti amici e compagni.
A febbraio 1916 ebbe la licenza invernale e tornò a Susa a casa della mamma e insieme andarono a trovare i parenti a Rochemolles in mezzo a metri di neve che rendevano l’accesso al paese quasi impossibile. (1
Rientrato al corpo, nel marzo del 1916, fu inviato ad Azzida (frazione del comune di San Pietro al Natisone, in provincia di Udine) per seguire il corso di allievi ufficiali. Nel giugno rientrò al fronte con il grado di aspirante ufficiale e fu assegnato al 115° reggimento fanteria, brigata Treviso, destinato a Cormons sull’Isonzo, nei pressi di Gorizia. Era in fase di preparazione la grande offensiva di agosto per prendere Gorizia e fin dal giugno 1916 uomini e mezzi avevano iniziato ad affluire in gran segreto per poter prendere di sorpresa gli austriaci ancora impegnati nella fase finale della Strafexpedition sul fronte trentino. Il 6 agosto iniziò la Sesta battaglia dell’Isonzo con un poderoso fuoco di cannoni: gli austriaci si ritirarono alla sinistra del fiume e l’8 agosto abbandonarono Gorizia. Giovanni Masset partecipò a questa battaglia e con la sua brigata occupò Sant’Andrea e Vertoiba, nelle vicinanze di Gorizia.
Il 10 ottobre 1916 iniziò l’Ottava battaglia dell’Isonzo: dopo un forte bombardamento i soldati
uscirono dalle trincee e in tre giorni di furiosi combattimenti, di attacchi e contrattacchi, arrivarono alla conquista della linea nemica ad est di Vertoiba: la brigata Treviso aveva perso sul campo 51 ufficiali e 1217 soldati. Il sottotenente Masset il 13 ottobre prese parte all’assalto delle posizioni nemiche, giungendo fin sotto il monte San Marco a Vertoiba. In quel giorno l’azione del Masset, che si buttò sul nemico trascinando con sé i suoi soldati, fu premiata con la medaglia di bronzo al valor militare: “Unico subalterno della compagnia, durante un intenso bombardamento, con ammirevole audacia trascinava i suoi uomini entusiasmandoli con l’esempio, e costringendo il nemico alla ritirata” (2.


1 L’inverno del 1916-17 fu molto rigido, con grande freddo e la tanta neve; alla stazione di Bardonecchia la temperatura arrivò a 25 gradi sotto zero e la neve oltrepassò i tre metri. (Dal manoscritto di Massimino Gendre, archivio Livio Agnes).

2 In: Istituto del Nastro azzurro. Sezione di Torino (a cura di), Decorati al valor militare di Torino e provincia: 1833-1933, Torino, Chiantore, 1933.

La brigata Treviso fu inviata a riposo e nel febbraio 1917 ritornò in prima linea per tenere le posizioni conquistate. Il 28 febbraio 1917 Masset fu ferito al volto nella zona sottociliare, nel combattimento a quota 102 nei pressi di Gorizia (foglio matricolare). Lui non ne parla nelle sue memorie, nelle quali invece leggiamo la notizia dell’altra grave ferita che lo lasciò mutilato ad una gamba per il resto della vita. “Il 13 aprile sono comandato di pattuglia fuori dai reticolati per prendere due cecchini che sparano alla nostra corvée. Usciamo alle 4 del mattino con l’attendente ed il Sergente e ne pugnaliamo uno, l’altro scappa e dà l’allarme, e noi fuggiamo; siamo inseguiti da fucilieria e bombe a mano ed una bomba mi cade davanti e scoppia, faccio in tempo a buttarmi a terra e rimango ferito da 52 schegge alla gamba, il mio attendente mi trascina nella trincea e sono caricato in barella ed avviato all’Ospedale di Gorizia, distante 2 km, nei camminamenti. Da Gorizia sono inviato a Cividale, poi a Udine al «Contumaciale» dove rimango fino ad agosto: mi tolgono numerose schegge alle gambe, poi mi mandano al «Morelli di Popolo» di Torino, sotto le cure del Prof. Oliva, poi a san Vito,
poi ad Acqui, ed a luglio 1919 rientro a Susa.” Per Giovanni Masset era finita la guerra e la lunga e dolorosa trafila nei diversi ospedali militari, da cui uscì vivo ma con l’articolazione del ginocchio irrimediabilmente persa.
Nel settembre 1919 iniziò a Susa il suo impiego in banca dove lavorò fino alla pensione. Nel novembre del ’19 si sposò con Cecilia Vallory: la giovane coppia si stabilì a Susa dove nacquero cinque figli: Pierino nel 1920, Giovanni nel 1922, Giuseppe nel 1926, Umberto nel 1937 e infine Ugo nel 1943. La buona posizione del padre in banca consentì a tutti i figli di frequentare le scuole superiori e anche l’università.
Giovanni fu presidente della Associazione mutilati di guerra di Susa dal 1919 al 1964 e presidente della Società militare di Susa dal 1946 al 1964, anno in cui si dimise da tutte le cariche per dedicarsi alla sua famiglia.
Dopo una vita dedicata al lavoro e alla famiglia, Giovanni Masset morì il 16 marzo 1980.

FONTI Testimonianza del figlio Ugo Masset.
Archivio di Stato di Torino, foglio matricolare di Masset Giovanni Ferdinando.
Memorie di Giovanni Masset, testo dattiloscritto.
Archivio famiglia Masset, “Genealogia Masset” libro dattiloscritto di Angelo Masset.