11/07/18

La Grande Guerra - BENIAMINO STEFANO BOMPARD (2017)

BENIAMINO STEFANO BOMPARD

Stefano Bompard fu il penultimo bambino a nascere al Chaffaux (3): era il 10 ottobre 1893, sua mamma Margherita stava zappando le patate quando le vennero le doglie, corse nella stalla e diede alla luce il suo primogenito. Ci sembra di vedere questa giovane donna con il pancione di nove mesi che continua nei suoi lavori pesanti fino all’ultimo minuto della sua gravidanza: altri tempi!
Stefano, Tien in patois, visse tutta la sua giovinezza tra Bardonecchia, il Chaffaux e i vasti pascoli sopra il Pian delle Stelle.
Quando partì militare nel settembre 1914 con il 45º reggimento fanteria, brigata Reggio, dovette raggiungere la sede di Sassari e si trovò per la prima volta davanti al mare a Genova; scrisse allora una cartolina: «Cara mamma, non ti vedrò mai più!».
Tutta quell’acqua che lui non aveva mai visto gli aveva dato la sola certezza che per lui sarebbe stata la fine. Per quasi otto mesi non riuscì più a dare sue notizie: in famiglia erano certi che oramai fosse stato inghiottito dalle acque. Un giorno la mamma e la sorella Francesca, di passaggio a Torino e in attesa del treno a Porta Nuova, videro giungere una compagnia di soldati e la sorella, sospirando, disse alla mamma: «Che bello se trovassimo anche il nostro Tien». In quel momento lui arrivò e se le strinse in un lungo abbraccio.

Tien ricordava sovente quel momento: amava raccogliere i suoi tre nipotini, Alda, Claudia e Renato, e alla sera raccontava. Raccontava della guerra e della sua giovinezza, tanti piccoli grandi episodi che i nipoti non avrebbero più scordato.
Il Gran Lagazuoi davanti alle Tofane.
Stefano, come tanti altri ragazzini di Bardonecchia, nell’estate aiutava l’economia della famiglia e il suo compito era quello di badare alle mucche in altura. Erano poco più che bambini e trascorrevano le loro giornate nei pascoli, correndo liberi nei prati, inventandosi giochi per trascorrere il tempo mentre guardavano le mandrie. Era da tempo che in paese si raccontava di una lince che vagava tra le montagne, qualcuno forse l’aveva avvistata, i bambini non l’avevano mai vista e ne avevano paura. Quel giorno Tien e il suo amichetto Augusto Moutoux erano al pascolo in traversière, in alto, sopra il Pian delle Stelle: erano entrati in un fortino, giocavano spensierati, quando videro sbucare un animale bianco. Era la lince, pensarono: terrorizzati iniziarono a scendere di corsa verso casa e non si fermarono più fino al Chaffaux. Ma non era la lince, era solo la povera capra bianca di Luigi Gerard del Chatelard!! Quante risate alle spalle dei due poveri ragazzi. E Tien, ormai anziano, rideva ancora con i suoi nipoti sulla storia della lince.
Un altro episodio, purtroppo triste, Stefano Bompard raccontava ai nipoti. Era il 21 agosto 1901, il nonno di Tien, Antonio Bompard, classe 1843, aveva finito prima del tempo di fare il fieno e decise di salire sopra il Pian delle Stelle per raggiungere suo nipote e controllare le manze al pascolo. Era agosto ma c’era ancora una comba piena di neve e per spostare la mandria era necessario attraversarla: Antonio sapeva per esperienza che quella neve accumulata non avrebbe retto, sotto era certamente vuota poiché la neve a contatto con il terreno si era sciolta. Per provarne la tenuta prese un grosso sasso, lo lanciò, ma la crosta di neve si ruppe, e lo inghiottì.
_____
3 Ernestina Bompard fu l’ultima bambina a nascere al Chaffaux, il 22 luglio 1894.
-----
Antonio morì così, sotto gli occhi di suo nipote Stefano, a soli 58 anni. Tien, legatissimo al nonno, fece poi fare in suo ricordo una lapide con il marmo verde della cava del frejus. fu portata nel luogo della disgrazia, in Cunvieran, e si fece sul posto una sentita cerimonia religiosa.
Stefano Bompard partì per il fronte con l’entrata in guerra dell’Italia, subito dopo il rientro da Sassari.
Il 24 maggio 1915 la brigata Reggio era dislocata sul fronte delle Dolomiti con la 4ª armata, esattamente tra i due piccoli borghi di Perarolo e Tai di Cadore, poco distanti da Cortina. Gli austro-ungarici si erano ritirati da Cortina (che faceva parte dell’Impero) all’inizio dell’ostilità spostando il
fronte sulle Dolomiti: dal Sasso di Stria al passo di Valparola, dalle cime del Lagazuoi alle tofane.
Le splendide vette dolomitiche diventarono teatro di inutili massacri e di gesti eroici, fino alla ritirata di Caporetto quando i nostri soldati, che tanto avevano sofferto per quelle cime, dovettero abbandonare il Cadore.
Baraccamenti sulla cengia Martini.
Gli austriaci dominavano dall’alto il nemico e con pochi uomini, tiratori scelti, potevano difendere le loro postazioni: essere più alti aveva inoltre il vantaggio di avere la forza di gravità dalla propria parte, si poteva combattere anche facendo rotolare sassi e bombe. fino ai primi di giugno la 4ª armata ritardò l’offensiva senza alcun motivo evidente e questo diede agli austriaci il tempo di trincerarsi dentro le montagne che divennero delle roccaforti naturali, e di approntare barriere di filo spinato. Era la prima volta che nella millenaria storia della guerra le battaglie si combattevano sulle montagne e tutte le tattiche, tutte le conoscenze militari valide fino a quel momento, scomparvero; non esistevano altri modi di combattimento se non quelli di arrampicarsi sulle rocce e di tentare l’impossibile.
I soldati si portavano sulle spalle i cannoni, i muli salivano con i carichi di vettovaglie, di acqua, di
munizioni e di esplosivo, si costruivano teleferiche per sveltire le operazioni. Ma le teleferiche erano sotto il tiro nemico e bisognava salire con il buio, in silenzio, senza accendere la sigaretta che avrebbe segnalato ai cecchini la presenza di uomini.
Il 13 giugno il 45º reggimento (e quindi il nostro Stefano) iniziò, con le altre truppe della divisione, una azione offensiva per impossessarsi delle postazioni nemiche, a più di 2000 metri di altitudine, tra Val travenanzes e la Valparola sotto il gruppo dolomitico del Lagazuoi, da dove gli austriaci difesero con ferocia le loro postazioni.
Stefano Bompard, attendente a Torino, secondo da sinistra
Solo l’11 luglio i nostri riuscirono a impadronirsi del col di Bois e della cima Falzarego a 2547 metri. Il 45º reggimento riuscì ad aggrapparsi poco sotto la cima a poca distanza dal nemico e da quella posizione tentarono la conquista di un grosso roccione che per la sua forma era chiamato il Castelletto, a ridosso della tofana I, che gli Austriaci avevano trasformato in un bunker formidabile a protezione della alta Val Travenanzes.
I tentativi dei fanti della brigata Reggio (tra cui presumibilmente Stefano Bompard) e degli alpini del Belluno e Val Chisone vennero respinti dai difensori.
Il 18 ottobre 1915 un gruppo di alpini al comando del tenente Martini riuscì nella notte a scalare il Lagazuoi e a raggiunge una fenditura naturale della roccia che divenne la postazione italiana: qui vennero scavati cunicoli nella roccia, si costruirono nidi d’aquila in legno addossati alla montagna, si approntarono una cucina e un’infermeria. Alla fine del 1915 gli austriaci si resero conto che l’unico modo per snidare gli italiani era quello di far crollare loro addosso la montagna: iniziò la guerra di mine che continuò fino al 1917. La montagna si sbriciolava sui soldati e le esplosioni si vedevano fino a Cortina.
Stefano Bompard il 21 febbraio 1916, non si sa per quale motivo, partì dal fronte e rientrò a Torino:
fu certamente la sua salvezza. Si sa per certo, dai ricordi dei nipoti, che fece fino alla fine della guerra l’attendente ad un ufficiale.
1923, Stefano e Letizia Bompard sposi
Stefano Bompard della guerra ricordava i luoghi, le Tofane e Pocol, e alcuni episodi. Lui era addetto a portare i viveri in prima linea con un asino: una volta, mentre scendeva, fu avvistato dal nemico e incominciarono a piovere colpi di artiglieria, lui saltò dietro una roccia salvandosi ma l’asino era scappato e non riuscì più a trovarlo. Quante volte i nipoti prendendo in giro il nonno gli dicevano: «Nonno, andiamo a cercare il tuo asino sulle tofane?». Un altro episodio, certamente più drammatico, accadde nelle trincee: un comandante aveva programmato un attacco, dovevano uscire dalla trincea e scagliarsi fuori dove sarebbero certamente stati falciati dal nemico. Così poco valeva la vita dei soldati in prima linea, solo carne da cannone. Loro erano disperati, speravano nell’arrivo dei rinforzi programmati per il giorno dopo, ma il comandante non cedeva. Proprio mentre stava per ordinare l’attacco e controllava in piedi fuori della trincea con il binocolo, fu colpito in fronte e cadde ferito a morte: per lui era finita ma i suoi soldati si erano salvati.
Terminata la guerra Stefano Bompard entrò in ferrovia ma ben presto decise di mettersi in proprio con un’attività di commercio: era un uomo intraprendente e l’attività di dipendente gli andava stretta. Iniziò con la bassa valle un commercio di prodotti della sua terra: fieno, patate, segale, orzo e avena. fu grazie a questi suoi spostamenti che conobbe il suo futuro suocero, un commerciante di bestiame di Chiomonte. Si sposò nel 1923 con Letizia Remolif, a suo dire la più bella ragazza di Chiomonte.
Ebbero un solo figlio, Giorgio, che a sua volta gli diede tre nipoti.
Stefano Bompard morì il 4 settembre 1977. Gli sarebbe sempre piaciuto tornare sulle Tofane, per vedere i luoghi della “sua guerra”: chiese tante volte al nipote Renato di accompagnarlo, ma gli anni passavano e le Tofane rimasero solo nei suoi ricordi. E ancora oggi Renato si porta nel cuore il rimorso di non avere accontentato il nonno.

FONTI: Testimonianza di Alda, Claudia e Renato Bompard • Archivio di Stato di Torino, foglio matricolare di Bompard Beniamino Stefano • Mark Thompson, La guerra bianca. Vita e morte sul fronte italiano 1915-1919,Milano, ilSaggiatore, 2014 • Giovanni Cenacchi,Mario Vianelli,Teatri di guerra sulle Dolomiti. 1915-1917: guida ai campi di battaglia, Milano, Mondadori, 2006 • Documentazione fotografica della famiglia Bompard.