20/08/16

Attualità 2015


La Cappella di S. Giacomo alle Grange Frejus
Il tetto è fatto. Ora tocca alla facciata. (foto P. Grimaldi)
Anche la Cappella di San Giacomo alle Grange Frejus, dopo che negli anni passati si sono restaurate le altre Cappelle del territorio, è tornata allo splendore iniziale. «La Cappella venne ricostruita nei pressi di una precedente più antica e benedetta il 25 luglio 1685 essendo Parroco Jerome André, coadiuvato da Claude Poncet Parroco di Melezet e Jean de Nevache sacerdote e, come si legge nell’Atto di Benedizione, la predica tenuta da Antoine Joseph Charbonnel dottore di teologia e Parroco di Nevache, alla presenza di numerosi fedeli. Questa Cappella deve servire da succursale alla Parrocchia per i villaggi di montagna di Serre, Mardovine, Chalances e Grauviére ...». 


L’arco è adesso libero dalla parete, ripresentando la
facciata della Cappella com’era in originale. 
(foto P. Grimaldi)
A distanza di 330 anni esatti (senza tenere conto degli interventi parziali di manutenzione di cui l’ultimo nell’anno 1996) il 25 luglio 2015, festa liturgica di S. Giacomo Apostolo, ha avuto luogo la benedizione dei radicali restauri, compiuta dal Parroco prima di inziare la celebrazione della Messa, come disposto dai libri liturgici. Il progetto – elaborato dall’arch. Mauro Mainardi – ha previsto, nel primo lotto dei lavori avvenuto nell’autunno 2014, il rifacimento del manto di copertura del tetto, sostituendo le vecchie lamiere con la posa di lastre irregolari di pietra, secondo la tipologia e tecnica locali, previa collocazione di doppio tavolato con membrana impermeabile traspirante per garantire la perfetta impermeabilizzazione. Il lavoro è stato compiuto, ognuno con le sue competenze, dalle Ditte Cogribe di Paolo Grimaldi e Xhaberami. Ciò che è maggiormente degno di nota è stata l’intuizione dello Studio di Architettura per avere identificato l’originale apertura sulla facciata, che all’inizio dell’800 venne murata, come documentato in fase d’opera dalle iscrizioni impresse sulle pareti, lasciando una semplice porta per accedere all’interno.

Il secondo lotto dei lavori – compiuto nella primavera 2015 – ha contemplato la demolizione del muro e il ripristino della cancellata di legno, come doveva essere in origine, sullo stile del Santuarietto di N. D. du Charmaix (di ferro) e assai simile a quella di Sainte-Marie a Fontouverte. Le pareti laterali esterne e quella di fondo sono state scrostate e rintonacate con speciali prodotti come suggerito dalla Soprintendenza. La parte lignea l’ha eseguita la Ditta di Andrea Mainardi e quella di lattoneria Cosimo Spataro. La Ditta Bruno Romanello ha decorato l’interno.
Al momento la spesa complessiva, comprendente sia la progettazione con la parcella dei professionisti
che dei lavori eseguiti, supera i 50.000 Euro. Manca ancora qualche fattura.

Un caloroso ringraziamento è indirizzato alla “Fondazione Mario e Anna Magnetto” per avere patrocinato l’opera con la copertura finanziaria.
La fiducia è, anche quella, che le Cappelle di montagna, curate e restaurate, divengano, per coloro che soprattutto d’estate salgono tra i boschi, luogo di sosta, di riflessione, di preghiera e di incontro con Dio.
***



LA FESTA DI SAN GIACOMO
Dopo una notte di pioggia il mattino si presentava sereno. Il gran caldo dei giorni precedenti aveva ceduto al vento fresco che veniva dal nord. Il calendario indicava il 25 luglio: il giorno di San Giacomo. Come tutti gli anni era prevista la processione alle Grange del Frejus, con destinazione la Cappella di montagna dedicata all’Apostolo di Gesù. La comitiva era numerosa, con tanti bambini festosi, quasi come in gita scolastica, ma questa volta la meta era ambiziosa: incontrare il Signore nella maestosità della natura, cercandolo anche con la fatica fisica.
Il sentiero che porta in alto si snoda nel bosco; a quell’ora prevaleva l’ombra, ma sui tratti esposti il sole era già forte. Ad ogni stazione di preghiera scorrevano le letture, le meditazioni, il Rosario recitato con partecipazione dai piccoli pellegrini.
Salendo, Bardonecchia sembrava sempre più lontana, e così gli affanni della nostra quotidianità, mentre prendevano risalto i fiori e gli alberi con i colori che l’estate aveva disteso sul paesaggio con l’eleganza del pittore. Il cielo si presentava azzurro intenso, perfetto, come ricordavo di averlo visto tutte le volte che percorsi quella strada anche in altre stagioni.
Finalmente la meta. La Cappella di San Giacomo, appena restaurata, subito benedetta da don Franco, aveva una solennità semplice ed austera. Nel prato antistante, tutto era preparato con cura per la celebrazione della Santa Messa, preceduta dagli antichi riti di benedizione della campagna e del pane da distribuire ai fedeli al termine della funzione.
Il Parroco ricordò la storia delle Grange, le persone che lì vissero ed infine i benefattori che generosamente contribuirono al recupero della Cappella. Le preghiere dei fedeli nel silenzio accarezzato dal vento suggellavano un momento di vera intimità condivisa nella fede.
Dopo i canti, prima che il gruppo si sciogliesse, un altro bel momento di socializzazione con la colazione offerta dai proprietari delle Grange. Intanto le persone entravano a visitare la chiesetta per apprezzarne il restauro. Anch’io volli ammirarlo. Davanti al piccolo altare, sullo scalino basso, trovai un giovane uomo non vedente, accompagnato da una donna, entrambi inginocchiati in preghiera. Il silenzio era assoluto. All’uscita li salutai e quel signore raccontò, alla presenza del sacerdote, la sua situazione diventata tale in età adulta e dopo la conclusione degli studi universitari. Pur manifestando un’ombra di tristezza, sembrava sereno. Aveva maturato una sensibilità nuova e sapeva vedere e comunicare con il cuore. Rimanemmo pensosi accanto a lui, forse stavamo imparando qualcosa d’importante e non scritto sui grandi libri...
Continuo ancora oggi a pensare e a riflettere sul messaggio di quell’incontro, il valore più intenso del giorno di San Giacomo.


Il ripristino della cancellata di legno, come doveva essere
in origine. (foto P. Grimaldi)
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Maria Fiorenza Verde
Quante iniziative per l’estate!
Bardonecchia non finisce di stupire per l’estate 2015! Oltre agli incontri letterari, la presentazione di libri, la presenza di attori rinomati, anche la Parrocchia di Sant’Ippolito ha un suo nutrito programma. Dal 18 al 31 luglio per “Musica d’Estate” ospita gli affollati concerti di pianoforte. Ma le uscite più caratteristiche, sotto forma di Processioni, sono le salite in gruppo per la festa delle Cappelle di montagna: la Visitazione al Monserrat, San Benedetto alle Grange Moutte, Santa Margherita alla Rhô, Santa Maria Maddalena al Châffaux, San Giacomo alle Grange Frejus, Sant’Anna al Bramafam, Santa Chiara al Bersac, San Bartolomeo al Vernet.
Bellissimo e coinvolgente vedere il Parroco, in piena forma, attorniato da un nugolo di ragazzini, di cui il più piccolo è Federico e ha poco più di cinque anni, portare la Croce, essere pronti per le 8 del mattino, allegri e vivaci, rispondere alle domande del Parroco sul Rosario e recitarlo a turno con gli adulti. All’arrivo, servire Messa, partecipare il più possibile in silenzio poi... via a correre per i prati, con in mano il pane benedetto, facendo colazione con i dolci offerti dai custodi delle varie Cappelle. Ai più assidui vengono anche consegnate le Credenziali del Pellegrino, sulla falsariga di San Giacomo di Compostela.
Una gran bella esperienza che arricchirà e rimarrà nel cuore di questi piccoli e grandi cristiani.
Daniela Varetto
Santa Maria Maddalena al Châffaux
Stamane, 22 di luglio, stiamo salendo lungo il cammino verso le Grange Châffaux, dove ci aspetta la Cappella dedicata alle Sante Maria Maddalena e Caterina d’Alessandria, recentemente restaurata dopo la comparsa di affreschi cinquecenteschi. Maddalena e Caterina: figure che trovano ricordo in particolare nella cultura popolare delle nostre regioni, quelle che una parlata quasi comune, in gran parte mutuamente comprensibile, collega al di qua e di là delle Alpi ed attraverso le valli.
Dopo una partenza razzo guidata da un simpatico Thomas che alpino non è, ma ha il merito di ricordarci che Cristo ha parlato di prossimo senza aggettivi qualificativi, la salita è ripida ed il passo lento e ritmato lascia scandire i pensieri tra una decina e l’altra del Rosario.
Maddalena: sul suo conto si sono scritte migliaia di pagine, dalle sublimi a quelle quasi offensive, e queste, a ben vedere, possono rivelare l’intolleranza di una società maschilista nei confronti di una donna che le opportunità della vita avevano reso indipendente. La società ebraica del tempo non ammetteva la testimonianza delle donne, e mal tollerava che esse potessero avere opinioni indipendenti. Vero è che si tratta di un episodio di oltre mille anni prima, ma nella Bibbia, nel libro dei Numeri, si riporta che quando Maria ed Aronne si permisero di criticare il loro fratello Mosè per la moglie etiope, Dio punì Maria con sette giorni di lebbra bianca. In un ambiente culturale di queste tradizioni, non fa meraviglia che una donna intelligente, volitiva, indipendente forse per le possibilità economiche o le amicizie sulle quali poteva contare, fosse assai malvista. Eppure in tutti i Vangeli canonici la figura di Maddalena compare, e non in ruoli di secondo piano; nei testi apocrifi ha ancora maggior rilievo, ma il dato di fatto comune per ogni tradizione è che fu lei, ostinata, irriducibile, ad incontrare per prima Cristo risorto, e l’Apostolo Giovanni, in particolare, la descrive con immediatezza impressionante. Una donna; a tradire Gesù, fu un uomo.
Con il fiatone arriviamo alla terza tappa. Il terzo Mistero Glorioso ci ricorda la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli: gli Atti dicono che i discepoli erano riuniti per la festa ebraica della Pentecoste, ma non dice espressamente che ci fossero solo gli Undici più il nuovo cooptato Mattia, con esclusione delle donne. Sorrido tra me e me: certo che c’erano le donne! Trattandosi di un incontro conviviale, vuoi che tutti quegli uomini, ancora impressionati dagli eventi vissuti da poco, fossero capaci di prepararsi un pranzo da soli? Da che mondo è mondo, neanche una mela son capaci di staccarsi da un albero! Anche Maddalena dovette essere tra le necessarie, fortunate partecipanti, gratificate poi da tanto dono. Ave Maria...
E siamo finalmente alla Cappella; nell’attesa dei preparativi per la Messa, entro e dò uno sguardo a quegli antichi affreschi che avevo intravvisto in corso di restauro. La Maddalena, scarmigliata, con il vasetto degli unguenti dell’iconografia classica, sulla destra dell’altare; altre figure rappresentano con innocente crudezza il martirio di Santa Caterina, l’altra contitolare della chiesetta. La tradizione dice che Caterina di Alessandria, poco oltre 300 anni d.C., sia stata una bella giovane cristiana di nobile famiglia, istruita, con ottimo eloquio, che invitata dal tetrarca romano (probabilmente Massimino Daia, che la storia ricorda violento e suicida) alla festa per la propria instaurazione, si rifiutò di partecipare ai riti pagani e preferì affrontare il martirio.
Prendiamo posto di fronte all’altare sul prato aperto davanti alla chiesa; la capacità rappresentativa dell’artista, sconosciuto iconografo montano, mi ha lasciato un pensiero...
La Messa inizia ovviamente secondo il nuovo rito post-conciliare, ma non riesco a trattenere i ricordi di molti anni fa (era un altro secolo sì, ma non poi un altro evo!); ed è così che il bellissimo Salmo 43, tante volte udito e recitato da serviente fanciullo, che nella Messa in latino costituiva l’Introito: «Judica me Deus ... rendimi giustizia mio Dio, e separa la mia causa dalla gente non santa, strappami dalle mani dell’uomo iniquo e malizioso...» mi si collega nella mente al tragico destino di Caterina. Chissà se Caterina aveva origini egizie, o romane, o ebraiche e portava quel bel nome ellenizzante (da kàtaros, puro) come di moda nell’alta società d’allora?
In tal caso molto probabilmente conosceva il Salmo e l’avrà recitato vivendo il dramma della contraddizione terrena con la forza dei Santi fino all’ultimo versetto «Et introibo ad altare Dei ... e salirò all’altare di Dio, a Dio che allieta la mia giovinezza».
Quelle immagini di martirio, queste parole di confidenza in Dio che mi vien di porre sulle labbra di una giovinetta così lontana nel tempo, mi distraggono. Per la Messa in corso siamo al «Gloria in excelsis Deo!»: se attacco al primo versetto, faccio una stecca. «Confitebor tibi in cithara Deus, Deus meus»; mi unirò al coro a metà dell’inno.
Finita la Messa, mentre guardo i fiori e due improbabili funghi spuntati dal tronco cavo che funge per essi da vaso, mi chiedo perché queste figure di Sante siano così amate nella nostra tradizione.
Lessi in qualche studio antropologico che la donna presso le tribù celte e germaniche aveva un forte prestigio; basti ricordare la Boadicea a capo della rivolta antiromana dell’Anglia; c’è un monumento a Londra all’imbocco del ponte diWestminster. Ma non sono antropologo, non è mia capacità discuterne, però... Però so per certo per averlo sentito raccontare nella mia famiglia ed averlo visto fino a qualche decennio fa, che le donne delle nostre vallate erano sovente il perno della vita familiare; il marito a lavorare giù, nei paesi o nelle città del piano, o addirittura in Francia, tornava per qualche fine settimana, qualche festa grande, per i fieni da mietere, o per l’inverno gramo quando i lavori dell’edilizia o dell’agricoltura erano impossibili.
Negli altri mesi le mogli reggevano la famiglia: un paio di mucche, qualche capra per i prati più magri e pendenti, erbe da tagliare su ripe scivolose, qualche biada striminzita da cogliere per le famiglie più fortunate.
Certo che meritavano ed ottenevano rispetto quelle donne; le pari opportunità se le guadagnavano sul campo, con poche parole, tanta fatica, tanto amore. E quale poteva esser un modello rappresentativo, se non quello di donne forti, indipendenti, intelligenti, volitive... Scendo ormai a valle, attraverso il bosco ricco di ombre fugaci sotto il mezzogiorno di sole... le mie nonne si chiamavano Caterina e Maddalena: i miei nonni, entrambi, Giovanni...
Un bacio, ed una lacrima dentro.
Claudio Chiabotto
50 anni dell’Istituto Frejus
Il prof. Giovanni Valentini,
direttore dell’Istituto Frejus.
L’ingegner Francesco Valentini, che aveva tra l’altro frequentato il ginnasio di Oulx negli anni ’20 e aveva continuato i suoi studi presso il liceo Cavour di Torino, conosceva bene la situazione dell’alta valle pur lavorando come direttore tecnico della RIV di Villar Perosa, anche perché lo zio era stato capostazione ad Oulx. L’Istituto Frejus nasce per sua volontà poiché, constatata l’unica presenza scolastica in alta valle di scuola secondaria superiore, rappresentata dal liceo classico di Oulx, elabora un progetto per offrire alternative scolastiche.
Infatti gli allievi che frequentano i licei non si adattano facilmente a lavori di carattere tecnico e amministrativo, caratteristiche richieste dal mondo del lavoro, e continuano gli studi all’Università, spesso inoltre non rientrano più in alta valle depauperando la stessa di forze nuove e preparate culturalmente che però non trovavano richieste dagli operatori economici.
Così nel 1966 in via Medail n. 42, al primo piano, viene inaugurato il corso di ragioneria e quello delle magistrali dell’Istituto Frejus: due aule più presidenza e laboratorio (foto 1). Primo preside dell’Istituto il professor Carlo Massara (papà del dott. Paolo Massara), successivamente per alcuni anni la moglie, Celine Rousset Massara, negli anni ’80 il prof. Piero Rachetto e successivamente la prof.ssa Miranda Robino Valentini.


Constatato il successo dell’iniziativa, la scuola, già nell’anno successivo 1967, viene trasferita in via Genova n. 4, nella sontuosa villa dei fratelli Fila (foto 2). Al termine del secondo anno, la scuola magistrale viene chiusa, anche per non interferire con l’analoga scuola legalmente riconosciuta delle suore a Susa, prosegue invece il corso di ragioneria e nell’a.s. 1970/71 viene sostenuto il primo esame di maturità con un piccolo ma magnifico trio: Tessiore Sandro, Allemand Antonio e Gorlier Roberto.
Nel corso degli anni successivi cresce rapidamente il numero degli allievi, tanto che agli inizi degli anni ’70 si procede ad un primo ampliamento che verrà completato quando, nei primi anni ’80, viene inaugurato il collegio ed il liceo scientifico. (foto 3)
Il successo è immediato e i risultati scolastici alla maturità sono rappresentati da molti 60/60 quali, a memoria: Cassolini Sabrina, Massara Silvia, Pagliano Stefano, Brugnoni Corrado, Costardi Emanuela, Tricarico Caterina, GiovinazzoMichele, Savino Chiara, Cester Roberto, Core Cristina, Gallicet Alessandro, Garnier Lucia, Fontana Stefania, Fantini Paolo, Baesso Agnese, Di Martino Giuseppe, Negri Sara, Ferro Lorena, Romano Roberto, Monnet Marina, Prato Silvia, Blanc Luca, Rossi Fabio, Stabia Sandra eMonica, Borla Federica, FolcatAlessandra, Contu Stefania, Mulas Enrico, Torre Gianfranco, Perron Cabus Valentina, Blanc Andrea.
Contemporaneamente analoghi risultati vengono ottenuti anche nel mondo dello sport, dimostrando
che la presunta incompatibilità tra scuola e sport, con una buona organizzazione, è ampiamente superabile. Ricordiamo, a memoria, Enrico Rossi, Laura Raiteri, Tescari Fabrizio, Landstatter Konrad, i fratelli Keonigsrainer , Senigagliesi Stefano, Artini Nicola, Luca Pesando, Fabio De Crignis, Canzi Blanc Matteo, Cereghini Davide, Del Dio Simone, Cazzaniga Paolo, PavanelloWilliam, Ardau Tiziano,Vachet Luca, i fratelli Timon,Matteoli Andrea, Maset Fabio, Vottero Luca, Pasquinelli Francesca e Barbara, Mosconi Paolo e Roberta, Vianello Andrea, Borgogno Davide.
Nel frattempo viene perfezionato un accordo tra il preside dell’Istituto Frejus GiovanniValentini e il presidente della Federazione Sport Invernali, Generale Valentino, per cui il college Frejus diventa College F.I.S.I - A.O.C. Questa importante notizia viene riportata dai telegiornali diMediaset, da “La Stampa” e dal “Corriere della Sera”. L’Istituto è presente con cinque classi dell’istituto tecnico commerciale e 5 classi del liceo scientifico, superando i 150 allievi ogni anno.
Negli anni 2000 viene chiuso il liceo scientifico e la ragioneria viene rimodellata nel corso: amministrazione, finanza e marketing, l’unico nuovo corso voluto dal Ministero della Pubblica Istruzione dalla riforma del 1929. L’Istituto da legalmente riconosciuto ottiene di diventare paritario, il che significa che acquista le stesse caratteristiche degli analoghi Istituti statali: uguali programmi ed esami di maturità in sede.
Un’intensa progettualità voluta dalla direzione in collaborazione con un corpo docenti molto qualificato e da adeguati investimenti, porta l’Istituto ad essere la prima scuola superore in Italia “Total Tablet”. Questa nuova impostazione didattica viene ripresa anche dai principali telegiornali italiani e testate giornalistiche quali: “Il sole 24 ore”, il “Corriere della Sera”, “La Stampa”, “La Repubblica” e da due Assessori regionali – Cirio e Ravello – che riconoscono l’Istituto come scuola leader della Regione Piemonte nelle innovazioni tecnologiche. Si dà così l’avvio ad un’impostazione metodologica che viene ripresa in molte scuole italiane.
Anche in questi anni molti sono gli allievi atleti che emergono nel campo dello sport e della scuola come Marsaglia Eugenio, Bellet Alessia e tanti altri. Ricordiamo a memoria: Marsaglia Matteo e Francesca, Borsotti Giovanni e Camilla, Bugnone Francesca, Casse Francesco, Eydallin Elisabetta, Marco e Simone, Tisserand Dario, Roux Emanuele, Richetta Federico, Bortolotti Ilaria, Calilli Alessandro, Perron Danila, Guglielmina Alessia e Chiara, Gatti Alberto e Francesca, De Marchi Giacomo, Casse Clotilde, Armand Alessandro, Lantelme Giulia e Federica, Falcone Matteo e tanti altri allievi che hanno ottenuto il massimo dei voti senza essere atleti, tanto per citarne uno salito ai fasti della cronaca come l’avvocato Davide Baratto.
Nell’anno scolastico 2014/2015 è stato attivato il corso del liceo delle scienze umane ma con indirizzo economico-sociale, per dare un’impronta anche pratica all’impostazione umanistica tipica dei licei.
Fino alla maturità 2014/2015 sono stati licenziati agli esami di maturità 1.682 studenti ed attualmente è frequentata da circa 80 studenti di cui una ventina del collegio. Molti sono allievi atleti e ne ricordiamo alcuni tra cui: Teglia Lorenzo, i fratelli Bellet Alessia e Lorenzo, Franzoso Matteo, Gardano Carola, i fratelli Allemand Sara e Daniel, le sorelle Sanna Micaela e Marika, le sorelle Lava Alessia e Cassandra, Maiocco Maria Delfina, Audibert Charlotte, Duò Matteo, Calzati Andrea, Borgogno Mattia, Peretti Andrea, Borgis Rebecca, Baccon Francesca, Dente Lorenzo, i fratelli Timon Alessia e Alberto.
Questa sintesi di 50 anni di storia dell’Istituto Frejus non vuole e non può essere comprensiva di tanti avvenimenti, di professori, di allievi, di famiglie e di campioni, ma solo una traccia che certamente ha contribuito a segnare la storia dell’alta valle e di Bardonecchia in particolare.
G.V.

Il Cantico delle Creature
Copertina del libretto “Il Cantico delle
Creature”, illustrato da Anna Scarpetta.
La conca di Bardonecchia a sud delle Alpi ha le caratteristiche della Bella Italia a cui appartiene: il sole, il clima mite, l’aria dolce e limpida attraverso la quale vediamo il cielo con i suoi colori tersi, i profili delle montagne e la luna e le stelle, abbondante acqua, vegetazione varia e rigogliosa, tantissimi fiori ... la città costruita con gusto e misura, ricca di segni lasciati da chi ci ha preceduto e ricca di possibilità diversificate. Vogliamo essere fieri di questo territorio, come nel passato, nel presente e nel futuro per poterci confrontare ed esprimere, ora e sempre; allora ho pensato di far pubblicare, illustrato con fotografie da me riprese nella conca, il Cantico di Fratello Sole o Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi, il Santo proclamato Patrono d’Italia assieme a Santa Caterina da Siena nel 1939 da Papa Pio XII.
Il Cantico, scritto nell’anno 1225 in italiano, viene considerato come uno dei primi gioielli della letteratura italiana nascente. Probabilmente molti di noi o dei nostri familiari conoscono solo alcuni versetti, ma non hanno ancora avuto modo di leggerlo tutto.
Combinazione vuole che l’edizione di Susalibri, la casa editrice a cui mi sono rivolta, sia proprio del giugno 2015, mese in cui è uscita l’Enciclica «Laudato si’» del Papa che ha scelto come nome Francesco per il suo Pontificato.
Il Cantico delle Creature è un magnifico inno e poiché esso proviene dal profondo dell’anima del suo autore, così come ogni opera poetica, entra in comunione con l’anima del lettore e rivela un messaggio universale. Tuttavia anche un messaggio universale è più comprensibile e ritenuto a noi prossimo se assaporato nella quotidianità, nelle nostre case e nell’ambiente in cui viviamo.
Il 17 agosto al Palazzo delle Feste il Sindaco e Assessore alla cultura e turismo prof. Roberto Borgis, lapresidente del consiglio di biblioteca e giornalista del quotidiano francese “Le Dauphiné” Luisa Maletto e la sottoscritta abbiamo presentato la pubblicazione. Abbiamo presentato il Cantico come opera poetica, cercando attraverso di essa a quale forma di riconciliazione tra l’uomo e la natura può portare un’opera d’arte. Abbiamo presentato le fotografie da me riprese in tutte le stagioni e in tutte le frazioni, scattate ad hoc per illustrare ognuna alcuni versetti. Ho cercato un luogo da fotografare per ogni strofa. Dalla poesia ho trovato la natura e, viceversa, ho scoperto con meraviglia come la natura trovata nella conca è – ben si presta ad illustrare – la poesia del Cantico delle Creature.
“La montagna attraverso gli occhi dei fotografi” – Poiché sono socia del Club Alpino Italiano, Sezione di Bardonecchia, ho contribuito al Milano Mountain Film Festival, Terre Alte Emozioni dal Mondo, Festival Internazionale del Cinema di Montagna, organizzato dall’Associazione Montagna Italia e dalla sezione CAI Edelweiss, partecipando al concorso fotografico con la foto che illustra i versetti: “per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento”, ripresa sulla strada per la frazione Gleise. Sono pervenute oltre 50 iscrizioni provenienti da tutta Italia. La foto è stata scelta tra le finaliste che sono state proiettate all’inizio di ogni serata del Festival tenutosi dal 24 al 31 ottobre al Teatro Arca di Milano.
La pubblicazione è acquistabile, ma è anche catalogata nella biblioteca comunale di Bardonecchia e non solo... Monsignor Franco Buzzi, Prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano e Presidente dell’Accademia Ambrosiana, che viene a celebrare la Messa nella mia parrocchia a Milano, ha ricevuto ed inserito la pubblicazione in tre lingue – italiano, francese, inglese – nella storica biblioteca, fondata e aperta all’inizio del Seicento, voluta dal Cardinale Federico Borromeo che pensò alla biblioteca non come un semplice luogo di raccolta dei libri, ma come centro di produzione culturale. Oggi la Biblioteca Ambrosiana di Milano, oltre che garantire la conservazione di un patrimonio librario e artistico di immenso valore, porta avanti da secoli un lavoro culturale d’alto livello e di respiro universale.
Anna Scarpetta

Ostensione della Santa Sindone
Grande entusiasmo ha suscitato l’Ostensione della Santa Sindone, nel Duomo di Torino, dal 12 aprile al 24 giugno 2015. Ogni ora, dalle 7,30 del mattino alle 19,30 del pomeriggio, sono passate davanti alla Santa Immagine circa 600 persone. I pellegrini per raggiungere il Duomo, dopo avere percorso i Giardini Reali, hanno potuto sostare nel grande tendone allestito appositamente per offrire una pre-lettura della Sindone, attraverso un filmato che ha aiutato a comprendere i segni della passione di Gesù impressi sul Sacro Telo. Seimila sono stati i volontari che, nei due mesi di ostensione, si sono alternati per assistere e aiutare i pellegrini. Questa ostensione, che ha avuto come motto “L’Amore pìù grande”, è stata voluta in occasione dei 200 anni dalla nascita di San Giovanni Bosco, l’apostolo del giovani. La Diocesi di Susa ha vissuto il suo pellegrinaggio, guidato dal Vescovo Mons. Alfonso Badini Confalonieri, nel pomeriggio di mercoledì 6 maggio.
Al centro, seduta, Onorina Vallory, accompagnata dal 
Barelliere Oftal Giuseppe Miccichè, in Piazza Vittorio Veneto 
a Torino alla Messa del Papa. (foto: coll. G. Miccichè)
Anche la nostra Parrocchia si è resa presente con una trentina di partecipanti. Il momento più atteso è sicuramente stato quello di domenica 21 giugno quando il Papa, dopo avere venerato il Sacro Lenzuolo, ha celebrato la Messa in Piazza Vittorio Veneto e, nel pomeriggio, si è recato alla Basilica di Maria Ausiliatrice, alla Piccola Casa della Divina Provvidenza (Cottolengo) e, da ultimo, ha incontrato i giovani con il loro entusiasmo e la loro spontaneità. Qui di seguito riportiamo alcune riflessioni da parte di chi è stato in pellegrinaggio a Torino. – Sabato 23 maggio gli alunni della Scuola Media di Bardonecchia, accompagnati dalle professoresse Rocca e Tria, sono andati a Torino in visita alla Santa Sindone. In questa stessa occasione abbiamo visitato anche il Museo della Sindone, la chiesa del Santo Sudario e la Basilica di Maria Ausiliatrice, con la Cappella Pinardi e le camerette di Don Bosco. Nella mattinata, in Duomo, siamo stati molto impressionati dal numero di pellegrini che si fermano in preghiera davanti alla Sindone, e anche dal numero di volontari che seguono 1’intensa attività che questa ostensione richiede. In questo bicentenario della nascita di Don Bosco abbiamo visitato i luoghi dov’è nata la sua opera a Valdocco e riflettuto sulla dedizione che questo sacerdote ha avuto verso i ragazzi del suo tempo. La giornata si è conclusa con la Messa celebrata nell’Oratorio di Don Bosco. (Sofia Silvestro - III A) – Domenica 21 giugno il Papa, in visita a Torino per l’Ostensione della Sindone, ha celebrato la Messa in Piazza Vittorio stracolma di fedeli. Appena giunto si è recato verso gli ammalati, posizionati nelle prime file, come suo solito per salutarli e donare qualche parola di conforto.
Tra gli altri era presente anche l’Oftal. Per il Gruppo di Bardonecchia, il barelliere Giuseppe Miccichè ha avuto la fortuna di accompagnare Onorina Vallory: «È stata una grande emozione poter incontrare il Santo Padre. Un’esperienza toccante e indimenticabile».
(Giuseppe Miccichè)

1916: una Messa al campo di cent’anni fa
«La Messa al campo. I Cappellani Militari avevano il rango di Ufficiali, da tenente in su. Erano presenti nelle vicinanze del fronte e nelle località di rincalzo e in prima linea. Qui il Cappellano celebra unaMessa in suffragio dei Granatieri di Sardegna caduti in battaglia: probabilmente attorno al 18 settembre 1916, giorno in cui al Reggimento fu concesso un periodo di riposo, dopo la battaglia sul Monte Cengio e attorno a Gorizia».
La foto è tratta dal libro “1916: l’Italia impara a fare la guerra” che documenta altre Messe al campo e  Cappellani Militari al fronte; oltre ad alcune centinaia di foto inedite dai vari fronti in conflitto.
Ci furono anche Cappellani che, trovandosi in prima linea, caduti tutti gli ufficiali comandanti di quel reparto, si sostituirono ad essi nel guidare i soldati in quella fase di combattimento.
Tra i Cappellani Militari 1915/18, ci fu anche un tenente che fece poi “carriera” fino a diventare “Papa”... tale Angelo Roncalli che prese il nome di Giovanni XXIII. Ai suoi solenni funerali celebrati nella Basilica di San Pietro era presente, a fianco del feretro, caso unico nella storia, anche la Bandiera di guerra dei Granatieri di Sardegna.
Ricordo anche di un sacerdote arruolato a seguito della mobilitazione generale che, essendo diplomato, pretese di frequentare la Scuola Ufficiali e, come ufficiale, assunse il comando di un plotone, e, quando occorse, andò in linea alla testa dei suoi uomini. Ma ebbe il vezzo di portare sempre la sua pistola scarica. E gli andò sempre bene. Fece poi “carriera” fino a diventare... Cardinale!
Giuseppe de Franceschi

Giubileo Straordinario della Misericordia
Argomentare con parole semplici e di facile comprensione a riguardo di concetti complessi e dal profondo significato è compito assai arduo. Mi riferisco al significato dell’indulgenza che è il principale frutto spirituale dell’Anno Santo. Il discorso deve partire dalla disobbedienza dell’uomo nei confronti di Dio, cioè dal peccato, che interrompe l’unione dell’anima con il suo Creatore, alterandone così la relazione. Tra i tanti esempi offerti dalla Bibbia cito solo: «Ho udito i tuoi passi nel giardino, ho avuto paura perché sono nudo e mi sono nascosto» (Genesi);
«Ecco, tu ti sei adirato perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli.
Siamo diventati tutti come cosa impura e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia» (Isaia).
Dal peccato si esce attraverso un percorso di purificazione. Il pentimento e la riconciliazione sacramentale sono la via per il ritorno al Signore. È indispensabile sradicare le radici che il peccato introduce nella vita dell’uomo.
Bisogna ricordare che la Confessione cancella la colpa del peccato ma non la pena, che ha bisogno della purificazione del Purgatorio. Aquesto riguardo, per maggior chiarezza, credo sia necessario riportare ciò che insegna il Diritto Canonico: «L’indulgenza è la remissione dinanzi  a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, dispensa ed applica autoritativamente il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi» (can. 992). L’indulgenza, dunque, libera dalla «pena temporale del peccato».
Papa Francesco, sabato 11 aprile 2015, vigilia della festa della Divina Misericordia, annuncia solennemente che l’8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione, aprirà l’Anno Santo Straordinario della Misericordia, a 50 anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II, che si chiuderà nella festa di Cristo Re dell’universo la domenica 20 dicembre 2016.
Gli Anni Santi si dividono in “ordinari”, quando cadono ad anni fissi, attualmente ogni 25 anni. In origine Bonifacio VIII nel 1300 ne aveva pensato uno ogni secolo. Già Clemente VI nel 1342 aveva ridotto la scadenza a 50 anni, poi Paolo II nel 1470 a 25 anni; e “straordinari” quando vengono indetti in occasioni particolari.
Si chiama Anno Santo anche perché è finalizzato a promuovere la santità della vita. L’Anno Santo è chiamato anche Giubileo. Il termine ha origine ebraiche. Leggendo il Libro del Levitico si apprende che il termine deriva da “jubilaeum”, dalla cui radice derivano tre parole: jobel, cioè ariete; jobil, che significa richiamo; jobal, che vuole dire remissione. Era il suono del corno di ariete che richiamava il popolo d’Israele al termine di ogni 49 anni per annunciare l’Anno Giubilare. Nell’Antico Testamento era finalizzato ad eliminare le condizioni di miseria, sofferenza, emarginazione. La legge stabiliva che nell’arco di quest’anno non si lavorasse nei campi e che gli schiavi fossero liberati. Oggi, per noi, il Giubileo fa riferimento alla missione di Cristo e alla salvezza da lui operata. Il Giubileo è il perdono totale. È la pienezza della misericordia di Dio. È l’indulgenza che la Chiesa concede a determinate condizioni (pellegrinaggio alla Porta Santa, Confessione e Comunione Sacramentale, recita del Credo, del Padre Nostro e di una preghiera secondo le intenzioni del Papa)
Il Papa ha voluto un Anno Santo straordinario della Misericordia. Cosa significa misericordia?
Il termine deriva dal latino “misericors” che contiene sia la radice “miserere” cioè avere pietà, compassione e “cor” cuore, cioè il nostro cuore deve accogliere tutti e in particolare i bisognosi.
La parola “misericordia” è la sintesi di un profondo sentimento di pietà che induce a soccorrere o a perdonare le miserie degli altri. La tradizione cristiana dal Vangelo ha elaborato le “sette opere di misericordia corporale”: dare da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati e seppellire i morti. Dalla Scrittura e dai Padri della Chiesa si desumono le sette opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.
Nella storia della Chiesa si è assistito a un proliferare di Ordini religiosi, Congregazioni e Confraternite finalizzate all’attuazione delle opere di misericordia. Nel nostro tempo, forse, almeno in parte, si sono dimenticate. È quindi assai opportuno questo tempo di grazia dell’Anno Santo della Misericordia per rilanciarle e ottenere un rinnovato stile di vita più autenticamente cristiana.
Ogni singola opera di misericordia meriterebbe una riflessione a sé.
Il Profeta Gioele scrive «Ritornate al Signore perché è misericordioso e pietoso». Tutta la Bolla di indizione dell’Anno Santo è un prezioso cesello di citazioni della DivinaMisericordia. Basterebbe soffermarsi sulle citazioni riguardanti le Preghiere Eucaristiche della Messa:
«... anche a noi tuoi ministri, peccatori, ma fiduciosi nella tua infinita misericordia concedi, o Signore,
di avere parte nella comunità dei tuoi apostoli e martiri» (Preg. Euc. 1ª); «Di noi tutti abbi misericordia» (Preg. Euc. 2ª); «Ricongiungi a te, Padre misericordioso, tutti i tuoi figli ovunque dispersi» (Preg. Euc. 3ª); «Padre misericordioso, concedi a noi, tuoi figli, di ottenere con la Beata Maria Vergine, con gli Apostoli e i Santi, l’eredità eterna del tuo regno» (Preg. Euc. 4ª).
Parlando della Misericordia, non possiamo, da ultimo, dimenticare le parole di quella meravigliosa preghiera alla Vergine che è la Salve Regina che inizia con “Madre di Misericordia” e si conclude con l’invocazione “Rivolgi a noi i tuoi occhi misericordiosi”.
Marco Rissone