03/06/10

AL TEMPO DI EMANUELE FILIBERTO DI SAVOIA (2009)

L’ANGOLO DELLA CULTURA

Testimoni della storia: un Trattato e un libro di preghiere

Dalla conferenza della dott.ssa Maria Luisa Moncassoli Tibone tenuta l’8 agosto al Palazzo delle Feste

San Luigi re di Francia, antenato
della sposa Margherita di Valois.
Nel 2009 si è celebrato il 450º anniversario della pace di Cateau Cambrésis, momento storico di portata europea, che concluse la lunga vicenda delle guerre tra Francia e Spagna. Protagonista di quell’evento fu il duca di Savoia Emanuele Filiberto, vincitore nel 1557 della determinante battaglia di San Quintino. Alla restituzione delle sue terre il Trattato di pace conservato nell’Archivio di Stato di Torino dedica molte pagine importanti. Un libro è stato pubblicato a ricordo della riconquista del ducato e del Trattato del 1559 che vide inoltre parte integrante dei patti il matrimonio del Duca Emanuele Filiberto di Savoia con Margherita di Valois, sorella del re di Francia Enrico II. Da questa unione nascerà l’erede che con il nome di Carlo Emanuele I guiderà la rinascita degli Stati sabaudi, proseguendo l’opera determinante del padre.
Il Lions Club di Torino Castello con il presidente Alessandro Braja, in collaborazione con Anisa Attività Torino e con gli interventi di eminenti studiosi e tutori dei beni culturali del Piemonte, ha realizzato il volume che ha richiesto un lavoro di équipe di grande responsabilità, per l’importanza degli argomenti. 



Le miniature per la preghiera


Testimone per gli onori tributati alla sposa, figlia del re di Francia, è il Libro di preghiere donato da Cristoforo Duc nobile di Moncalieri. Conservato a Torino, nella prestigiosa Biblioteca Reale, è un raro documento di assoluta bellezza. Fra le splendide immagini, è la miniatura famosa che rappresenta la Sindone nella Sainte Chapelle di Chambéry. Fu pubblicata in un volumetto che fu stampato dalla Commissione Culturale Interclub (Rotary, Lions, Soroptimist e Zonta) nel 1978, al tempo della grande Ostensione bandita per il terzo centenario dell’arrivo a Torino di San Carlo Borromeo che desiderava venerare la grande reliquia, al quale andarono incontro, nel castello di Lucento, proprio Emanuele Filiberto e il figlio giovinetto Carlo Emanuele (poi I).
Ostensione della Sindone, sorretta da tre
Vescovi, nella Sainte Chapelle di Chambéry.
La rappresentazione sindonica, una delle prime conosciute, occupa il terzo foglio del libro di preghiere dono di nozze a Margherita di Valois dall’humilissimo et fedelissimo vassallo Cristoforo Duc, nobile signore di Moncalieri che espletò importantissimi incarichi sia sotto Carlo II sia a fianco di Emanuele Filiberto nella battaglia di San Quintino. La  miniatura presenta la Sindone sorretta da tre Vescovi con piviale  e mitria sullo sfondo dell’altare della Sainte Chapelle di Chambéry adorno di un trittico con la crocifissione, la Madonna e i santi. La scena è racchiusa in una cornice dorata. Rivela una certa cura nella scelte dei colori, ma si articola su stilemi ancora quattrocenteschi. È opera di un miniatore di scuola francese, scelto in omaggio alla Duchessa, che è rappresentate nel libro anche in veste di Santa Margherita, alle spalle di un focoso drago.
Il libro di preghiere sollecitò e scandì quotidianamente la devozione della Duchessa che ebbe ben presto la  soddisfazione di ottenere un erede. La nascita avverrà al castello di Rivoli il 12 gennaio 1562 alle ore 12. Alla Biblioteca Reale di Torino le belle miniature sono documenti importanti di questo momento storico. Come scrive Clara Vitulo, direttrice della Reale, è il libro di preghiere, e non libro d’ore; in esso si susseguono infatti, anziché le preghiere tradizionalmente contenute nei libri d’ore, preghiere diverse, tra le quali si segnalano l’orazione alla Santa Sindone, il Padre Nostro, il salmo Obsecro te, l’Orazione alla Vergine Maria, le invocazioni a Santa Brigida, Sant’Agata, Santa Apollonia e Santa Margherita. Ai testi composti in elegante grafia umanistica corsiva, racchiusi entro ricche cornici decorate con fiori, animali, ghirlande, stemmi, motti, mascheroni – tra i quali occhieggiano numerose le margherite e le perle,0020allusive al nome e alle virtù della duchessa, affiancate alle virtù guerriere dello sposo – si alternano decorazioni a piena pagina che rappresentano nell’ordine: San Luigi re di Francia, il beato Amedeo di Savoia, l’ostensione della Santa Sindone, Santa Margherita di Antiochia e un cartiglio araldico (...). San Luigi e il beato Amedeo, raffigurati in armi entro pesanti cornici architettoniche con il mantello d’ermellino rispettivamente di colore azzurro con i gigli di Francia e rosso porpora,  ogliono testimoniare la “santità”, le virtù religiose delle casate di entrambi gli sposi (...).
Ritratto di Emanuele Filiberto di Savoia sposo.

Nozze a garanzia di pace

Secondo consuetudini largamente osservate, in passato, nelle stipulazioni di trattati di pace, anche in quello di Le  Cateau erano contemplate promesse matrimoniali regali. Era l’opinione corrente che le nozze tra membri delle corti interessate avrebbero facilitato il mantenimento della pace e soprattutto avrebbero garantito lo svolgersi di relazioni cordiali ed amichevoli tra due Stati già contendenti.
Tutta la nostra storia europea medievale e rinascimentale è colma di convenzioni matrimoniali regali coincidenti con trattati di pace: la semplice scorsa degli avvenimenti successivi a quei trattati e a quelle nozze dimostra quanto siano stati deboli e fallaci i legami familiari contratti con le Corti europee a suggello delle paci. Le nozze previste dal Trattato erano due: quelle tra Filippo II di Spagna, vedovo da poco di Maria d’Inghilterra e Elisabetta, una fanciulla di 13 anni, figlia del re di Francia; quella di Emanuele Filiberto e la sorella di quest’ultimo, Margherita di Berry, di cinque anni più anziana dello sposo.
La promessa matrimoniale sabaudo-francese era condizione integrante della restituzione delle terre occupate; le nozze sarebbero state un mero “negozio” dinastico se, scorrendo i vari antefatti del periodo della giovinezza di Emanuele Filiberto non fosse già apparso alcune volte il nome di Margherita di Francia come proposta sposa del Principe in progetti di riconciliazione tra le Corti di Francia e di Savoia.
La Principessa aveva già incontrato in passato il giovane sabaudo e, quanto concordemente scrissero i biografi, essa nutriva verso di lui un profondo affetto. Emanuele Filiberto avrebbe invece preferito – come ci è tramandato – una sposa più giovane e con maggiori probabilità di figliolanza; in ossequio alla ragion di stato e comprendendo che quel matrimonio avrebbe contribuito a stabilire condizioni cordiali con la Corte di Parigi, il Duca aveva espresso il suo consenso al contratto che in tal modo fu inserito negli articoli di Le Cateau.
Il carattere nobile e cristallino di Emanuele Filiberto lo disponeva così ad avvicinarsi al matrimonio con la sorella di Enrico II con il migliore impegno: non altrettanto sincere erano state le intenzioni dei contraenti spagnoli e francesi stranamente concordi nello stabilire il matrimonio tra Filiberto e Margherita.
Nel giugno del ’59 si celebrò il fidanzamento, pochi giorni dopo il matrimonio per procura di Filippo II con Elisabetta di Valois. Il 10 luglio erano previsti gli sponsali a Notre Dame (...).
Una minaccia sventata
Se a Nizza non tutti avevano parteggiato per il Duca di Savoia, egli, con mirabile equilibrio non fece pesare le differenze di comportamento e di giudizio che le diverse posizioni avevano generato. Emanuele Filiberto decise però di esercitare il suo potere con fermezza e la decisione che gli avevano valso il soprannome di “Cabeza de hierro”, Testa di Ferro.
Scrive Amoretti: «La sposa Margherita, che era rimasta in Francia colpita da una affezione polmonare – a cui andava soggetta – ed aveva quindi indugiato per regolare i molti suoi interessi e per completare il ricco corredo che intendeva portare in Piemonte, si era avviata verso Marsiglia nel gennaio del 1560, a piccole tappe. Nel porto provenzale era venuto ad attenderla Emanuele Filiberto che l’aveva quindi condotta in galera a Nizza. (...) Nel giugno 1560 un’improvvisa offesa venuta dal mare, uno sbarco di nove galeotte algerine a Capo St. Hospice, fece correre allo stesso Duca il gravissimo pericolo di essere ucciso o catturato dai predoni. (...) Cominciava così, con un evento che sembrava un aneddoto, il lungo cammino che Emanuele Filiberto avrebbe compiuto, a seguito del Trattato di Cateau Cambrésis: un’esperienza di governo di grande responsabilità e fermezza, volta alle riforme, al rafforzamento del Ducato, alla cura delle popolazioni ritrovate. Un grande rinnovamento sociale e politico che dal trattato del 3 aprile 1559 aveva preso inizio».
Ritratto di Margherita di Valois.

Una duchessa di forte carattere

Ultimogenita della regina Claudia, consorte di Francesco I di Francia, Margherita di Valois perse sua madre in tenera età. Crebbe tuttavia in una corte lussuosa. Come testimoniano gli ambasciatori veneziani, il sovrano di Francia  considerava ornamento determinante di una corte le dame: ad esse procurava abiti ricchi e gioielli preziosi. In questo clima di lusso e di eleganza la principessa di Valois, duchessa di Berry, privilegiava tuttavia la cultura: si interessava di musica e teatro, così come del suo ducato, governato con ferma magnanimità, faceva un centro culturale importante, connotato a Bourges, da una Università, celebre per gli studi giuridici. Poeti famosi, del circolo della Pléiade, le dedicarono versi: Ronsard, tra gli altri, le offrì un celebre canto pastorale. Quando Margherita, già sposa di Emanuele Filiberto, si preparò a partire per la sua destinazione matrimoniale in Piemonte, fu rimpianta da tutti. Ne considerarono grave la mancanza, fra le donne prestigiose, sia Caterina de’ Medici che Diana di Francia, la figlia della omonima dama di Poitiers. «Sans repos et sans cesse» Ronsard rimpiangeva «cette belle déesse... honneur de notre temps dont la vertu fleurit comme un primtemps». Sul versante della devozione è stato ampiamente discusso l’atteggiamento di patrocinatrice di eretici che la duchessa Margherita affiancò al suo essere «cattolica e buonissima cristiana». ( ... ) Sono riconosciute da coloro che di Lei scrissero, le virtù che ne facevano «l’angelo del Piemonte »: cortesia e dignità, giudizio e indulgenza, ingegno e studio, semplicità di maniere e magnificenza di atti, il tutto dominato da cordialità e sapienza.
Le preci, che il Libro di preghiere citato proponeva quotidianamente, raggiunsero lo scopo: due anni dopo le nozze, contro ogni infausta previsione, Madama Margherita divenne feconda e, come s’è accennato, nel Castello di Rivoli il 12 gennaio 1562 partorì il piccolo principe. Si avverava l’auspicio del Pontefice che, al momento di concedere la dispensa alle nozze esclamava: «fiat masculus» e anche la previsione di Nostradamus che aveva visitato come medico la Duchessa, predicendo la nascita di un maschio. La cerimonia del battesimo ufficiale del principe avverrà solo cinque anni dopo. Fu un grande spettacolo e Agostino Bucci ne diede accurata relazione, conservata alla Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino. Inizialmente sepolta all’Abbazia di Hautecombe, ora Margherita riposa, per volontà di Carlo Alberto, nella Sacra di San Michele, in vista di quel castello di Rivoli dove aveva dato alla luce il suo desiderato erede.
Maria Luisa Moncassoli Tibone