10/02/09

Bardonecchia nella 1ª Guerra Mondiale


I combattenti di Bardonecchia nella 
1ª Guerra Mondiale (1914-’18)

In loro ricordo nel 90º anniversario dalla fine del conflitto
Illustrano l’articolo alcune foto in rappresentanza di tutti i soldati bardonecchiesi che partirono per la guerra ( N.d.R. ).

«[...] Questo è l’Isonzo e qui meglio mi sono riconosciuto una docile fibra dell’universo
[...] Questa è la mia nostalgia che in ognuno mi traspare ora ch’è notte che la mia vita mi pare una corolla di tenebre» (Giuseppe Ungaretti -  I Fiumi  - Trincee del Carso - 16 agosto 1916)

Nel 2008 ricorre il 90º anniversario della fine del Primo conflitto mondiale, poiché il 4 novembre 1918, all’indomani della vittoriosa battaglia di Vittorio Veneto e della firma dell’armistizio da parte dell’Austria-Ungheria, terminarono le ostilità su tutto il fronte italiano. Ed è pensando al tempo trascorso da quel giorno che si è deciso di dedicare ai nostri coraggiosi concittadini che hanno partecipato alla “Grande Guerra” questo affettuoso ricordo, poiché essa richiese un tributo di giovani vite anche a Bardonecchia.
Remigio Bompard (papà di Milena e Nella Bompard
Dalla documentazione in nostro possesso risulta che circa un centinaio di abitanti del paese e delle sue frazioni partirono dalle montagne che conoscevano e amavano, chi alpino, chi fante, chi bersagliere, chi artigliere, per le zone di guerra: di essi ventisette morirono, sui campi di battaglia o per malattia contratta al fronte, lasciando vedove, orfani, padri e madri senza conforto e senza sostegni, in una realtà ancora rurale e sostanzialmente povera. Coloro che tornarono salvi ebbero l’animo segnato per sempre dal  ricordo indelebile della guerra di trincea, dei commilitoni morti, del freddo e della fame che patirono. Ancora oggi i lricordi, narrati dai figli e dai nipoti, parlano del dolore incancellabile provato dal momento in cui, nel furore delle battaglie, furono costretti ad uccidere e ad assistere a vere e proprie carneficine, ma parlano anche di eroismi, di grande solidarietà e di altruismo.
Tra le valorose gesta dei soldati bardonecchiesi e valsusini si annovera la gloriosa conquista del Monte Nero, la cui vetta (2.245 metri), ora in territorio sloveno, si trova tra le conche di Plezzo e Tolmino, in quella che era una posizione strategica per le sorti della guerra italo-austriaca: all’alba del 16 giugno 1915 gli alpini del Battaglione Exilles (appartenente al III Reggimento Alpini), del quale facevano parte molti dei soldati bardonecchiesi che qui omaggiamo, al comando del capitano Arbarello e del sottotenente Picco (che morì in questa valorosa azione), espugnarono le difese austroungariche assicurando così all’Italia il con trollo del massiccio montuoso.

L’ardita impresa degli alpini dell’Exilles completò l’opera di tutto il III Reggimento Alpini: in particolare fu determinante il contributo del Battaglione Susa, al quale apparteneva il sottotenente Barbier di Pier-  remenaud (Oulx), per la presa del contrafforte del Vrata-Potoce. La conquista del Monte Nero valse la medaglia d’argento al III Alpini ed è definita dalla sto- riografia militare come «uno splendido esempio di guerra da montagna, una delle imprese più importanti del primo periodo del conflitto».
Nel corso degli anni Sessanta del Novecento i reduci della Prima Guerra Mondiale vennero insigniti dell’onorificenza del Cavalierato di Vittorio Veneto.
Nessuno di questi cento combattenti è più tra noi, la loro voce si è spenta dunque per sempre, ma noi vogliamo perpetuare il ricordo di quello che fecero e di quello che furono: essi ci hanno preceduto vivendo la drammatica esperienza del Primo conflitto mondiale, ma non erano soltanto soldati, fanti, alpini, bersaglieri, artiglieri, ma erano, anche e soprattutto, i nostri padri, i nostri nonni, i nostri bisnonni e,  dunque, una parte della nostra vita, una parte del nostro cuore.
Gli anni che vanno dal 1914 al 1918 videro l’Italia e l’Europa coinvolte in quella che è stata poi definita la “Grande Guerra”: un conflitto che sconvolse profondamente il cuore del nostro Continente, l’ultimo condotto sulla base di dottrine di guerra e strategiche di stam po sette-ottocentesco ed il primo tecnologicamente moderno, esteso su larga scala.
La scintilla dello scoppio della guerra è convenzionalmente associata all’assassinio dell’erede al trono asburgico, avvenuto a Sarajevo il 28 giugno 1914 per mano di un indipendentista slavo, ma le ori-gini del conflitto risiedono in realtà nelle fragili condizioni delle relazioni fra le potenze europee tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, rese assai delicate dalle politiche coloniali, dalla questione balcanica e dalle rivalità anglo-tedesca e franco-tedesca.
Giovanni Agnès (nonno di Rosanna
e Augusta Chareun, deceduto a
 causa di malattia contratta al fronte).

Da quel momento i fatti si susseguirono rapidi con l’attacco dell’Austria alla Serbia, l’immediata reazione della Russia zarista e l’entrata in guerra di Germania, Francia e Inghilterra: si misero dunque in moto i meccanismi delle alleanze militari e della mobilitazione generale, che richiesero il coinvolgimento di  masse enormi di persone ed il massimo sforzo produttivo da parte delle economie dei Paesi belligeranti. Si trovarono di fronte due schieramenti: la Triplice Alleanza, comprendente Germania, Impero Austro-Ungarico e Impero Ottomano (cui successivamente si aggiunsero Turchia e Bulgaria), e la Triplice Intesa, formata da Francia, Gran Bretagna e Impero Russo (cui si unirono poi Italia, Belgio, Serbia, Romania, Portogallo, Stati Uniti d’America, Giappone, Canada, Australia, Cina, Brasile). Nei teatri bellici fecero la loro comparsa le armi chimiche, le mitragliatrici, i lanciafiamme, i carri armati, l’aviazione militare utilizzò i bombardieri e nella guerra sul mare vennero impiegati i sottomarini. A nulla valse l’accorato appello del Pontefice, Benedetto XV, che a più riprese invocò la fine dell’«inutile strage, vergogna dell’Umanità»: il conflitto, da guerra di movimento, si trasformò ben presto in una logorante guerra di posizione, simboleggiata dalle trincee e caratterizzata dall’uso imponente dell’artiglieria e dei gas tossici.
La guerra di trincea fu un inferno di fuoco e fango a cielo aperto, dove per quattro anni milioni di soldati furono costretti a combattere, sotto terra e senza alcun riparo dalle intemperie e dal freddo, in balìa di attacchi nemici, malattie, fame, sete e di disastrose condizioni igieniche. Sanguinose battaglie costate innumerevoli vite umane spesso non portavano che alla conquista di qualche metro di terreno: «l’efficienza del massacro sopravanzava così ogni considerazione umanitaria», tanto che moltissimi furono i casi di shock psichico, di nevrosi, di autolesionismo e di diserzione. Alcune tra le più grandi e cruente battaglie della storia vennero combattute proprio nel corso del Primo conflitto mondiale: Marna,
Tannenberg e Laghi Masuri, Ypres, Verdun, Somme, Passchendaele, Jutland, Isonzo e Caporetto.
L’Italia, alleata di Germania e Austria-Ungheria, aveva, allo scoppio del conflitto, dichiarato la sua neutralità, ma visse, tra l’agosto del 1914 ed il maggio del 1915, un lacerante dissidio interno con Parlamento e opinione pubblica divisi tra neutralisti e interventisti, dissidio che si risolse con la firma del Patto di Londra e l’entrata in guerra a fianco delle potenze dell’Intesa (24 maggio 1915). L’esercito italiano (agli ordini del gen. Luigi Cadorna e, dopo il 1917, del gen. Armando Diaz), mobilitò circa 6 milioni di uomini e si scontrò dal 1915 al 1918 con quello austro-ungarico su un fronte che ebbe come teatro l’arco alpino dallo Stelvio al mare Adriatico. Lo sforzo bellico si concentrò in Friuli, nella Carnia e in Cadore e tra le battaglie principali combattute si annoverano quelle dell’Isonzo, dell’alto Cadore, di Asiago, di Gorizia, del Monte Ortigara e del Monte Grappa, del Piave, la disfatta di Caporetto e la vittoria di Vittorio Veneto.
Reduci e Caduti di Bardonecchia - Guerra 1915-1918.
L’anno 1917 vide il ritiro della Russia, sconvolta dalla Rivoluzione d’Ottobre, ed il decisivo intervento statunitense; la Prima guerra mondiale terminò nel 1918 con le offensive combattute sul fronte occidentale che determinarono la vittoria delle potenze dell’Intesa, il crollo dell’Impero asburgico e la capitolazione della Germania. Nel 1919 i trattati di pace di Parigi e Versailles sancirono alfine il nuovo assetto geopolitico europeo. Il tristissimo computo finale della guerra riporta che le vittime, morte sui vari fronti o per malattia, furono circa 10 milioni, di cui 650.000 italiane.
Da allora sono passati ben novant’anni, il Novecento si è concluso ed il mondo ha conosciuto profonde trasformazioni ma l’avvento del nuovo millennio, purtroppo, non ha coinciso con l’instaurarsi di una pace universale duratura: la guerra è ancora una costante della geo-politica attuale e molti conflitti perdurano ed insanguinano vaste regioni del pianeta, rendendo ancora di urgente attualità l’accorato appello che Papa Benedetto XV rivolse al mondo durante gli anni della Grande Guerra.
 Chiara Marino