06/02/09

A Bardonecchia la Colonia Astigiana (2008)


Quando mons. Bellando aprì le porte di Bardonecchia
alla Colonia Astigiana

NEL 2010 CADRÀ IL 60º DI FONDAZIONE    
(60 anni di attività già nel 2009)

Domenica 13 agosto 2006, il Vescovo di Asti Mons. Francesco Ravinale ha presieduto in Sant’Ippolito la S. Messa delle ore 11, celebrata in onore del Martire Patrono di Bardonecchia. All’inizio della solenne funzione, il Parroco don Franco Tonda ha rivolto al Prelato il saluto ed il ringraziamento a nome di tutta la comunità, rimarcando la storica amicizia tra Susa e Asti. In particolare ha menzionato la data del 1º settembre 1358, quando l’astigiano Bonifacio Rotario portò sulla Vetta eccelsa del Rocciamelone l’immagine taumaturga della Vergine. Inoltre ha ricordato la presenza, in Bardonecchia, della Colonia Astigiana “Porta Paradisi”, fondata nel luglio 1950 dall’indimenticabile don Aquilino Molino  (co-fondatori sono due sacerdoti: don Natale Nebiolo, allora viceparroco a Casabianca, e don Giuseppe Bodda, allora viceparroco a Castello d’Annone).
Gli stabili della Colonia, oggi diretta da don Attilio Novo (economo della Diocesi di Asti), sorgono sopra il “Borgo Vecchio”, a quota 1.350, dove inizia la strada che sale alle Grange della Rhô.
Nel pomeriggio, prima e dopo il Vespro, Mons. Ravinale si è recato, quasi come in “visita pastorale”, alla Colonia, dove l’aspettavano i direttori, le maestranze ed i numerosi villeggianti.
Asti e Susa, dunque, unite non solo nel nome di Rotario. A Bardonecchia, nella parrocchia di Sant’Ippolito, fervono già i preparativi per il 60º di fondazione della Colonia Astigiana “Porta Paradisi”, che cadrà nel 2010 (don Molino, però, volle celebrare il venticinquesimo anno di attività nell’estate del 1974, considerando cioè il 1950 come effettivo primo anno di “attività colonistica”). Sarà invitato a presiedere il Card. Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio e Segretario di Stato emerito, concelebranti i Vescovi delle due Diocesi.
Alle origini della Colonia troviamo una figura nobile della Chiesa, che è sempre scolpita nei nostri cuori: mons. Francesco Bellando. Fu proprio l’amato Parroco di Bardonecchia ad accogliere in paese don Molino, fondatore della “Casa astigiana”, in quel lontano e piovoso 13 giugno 1950. «Ci presentiamo al Parroco locale  – scrive don Molino nel libro “Colonia Famiglia gioiosa” (Scuola Tipografica S. Giuseppe, Asti, 1974) –, rev. don Francesco Bellando: è il primo contatto con lui, inizio di una serie ininterrotta di contatti sempre improntati a cordialità squisitamente signorile. Non avevamo sbagliato porta. Don Bellando si immedesima subito della situazione. Raccoglie idee, riflette; e poi suggerisce una casa prospiciente la piazza della chiesa parrocchiale. Appartiene all’avv. Agnes, residente a Susa [...]».
La Colonia astigiana iniziò così la sua attività, ai primi di luglio del 1950. Trascorso appena un anno, nel giugno 1951 l’attività colonistica venne trasferita nella sede attuale (gli stabili ristrutturati erano ex capannoni militari edificati nel 1939), sopra il Borgo Vecchio, dove inizia la mulattiera che sale alle Grange della Rhô. L’atto di acquisto dei terreni venne stipulato a Bardonecchia, in una sala gentilmente concessa dal Parroco don Bellando, il 23 agosto 1950, notaio il dott. Venanzio Ferraris (l’atto notarile porta il N. di Rep. 5911, registrato a Susa l’11 settembre 1950, al n. 214). Per l’acquisto dei fabbricati, già in uso da quattro anni della Colonia, occorse aspettare il 30 settembre 1954.
I caseggiati della Colonia-pensionato (nel 1953 venne istituita la “Casa per ferie” e l’anno seguente il “soggiorno gruppi giovanili”) dominano dall’alto il paese e sono baciati dai primi raggi del sole nascente. La cerchia dei monti retrostanti, denominati “Catena dei Re Magi”, costituisce una barriera-riparo che offre uno spettacolo panoramico di incomparabile bellezza di aspetto dolomitico.
Molte furono, nel tempo, le personalità di Chiesa che desiderarono visitare e furono ospiti della Colonia; ne citiamo alcune: Mons. Renato Spallanzani, allora Segretario del Vicariato di Roma (poi Vescovo Ausiliare di Siena); Mons. Giuseppe Garneri, Vescovo di Susa, che definì l’opera della Porta Paradisi «santa e provvidenziale»; Mons. Giuseppe Monticone, archivista di Propaganda Fide; Mons.
Carlo Rossi, allora Vescovo di Biella; Mons. Tomaso Berutti, allora Vescovo di Peng-Pu in Cina; Mons. Gioacchino Pedicini, allora Vescovo di Avellino; Mons. Guido Casullo, allora Vescovo di Nusco (poi Vescovo missionario in Brasile); S.Em. il Cardinale Enrico Dante, che fu per lunghi anni a fianco dei Papi; il citato Cardinale Angelo Sodano; oltre naturalmente a tutti i Vescovi di Asti: Umberto Rossi, Giacomo Cannonero, Nicola Cavanna, Franco Sibilla, Severino Poletto (oggi Cardinale Arcivescovo di Torino) e “Padre” Francesco Ravinale.
Parlando di uomini di Chiesa legati a Bardonecchia, non si può dimenticare il compianto canonico professore Angelo Fasolio, cappellano, padre spirituale e fedele collaboratore della Colonia, il quale per tanti anni celebrò e fu apprezzato predicatore in Sant’Ippolito alla S. Messa domenicale delle ore 10.
Quando si trattò di dare un nome alla Colonia Astigiana, non ci furono esitazioni: “Porta Paradisi”, in omaggio alla Madonna del Portone, tanto venerata dagli astigiani nell’antico santuario cittadino. Fu il compianto Vescovo Umberto Rossi (1879/1952), in occasione del Giubileo episcopale di Papa Pio XII, ad ottenere dal Pontefice la proclamazione di N. S. Porta Paradisi a compatrona della Diocesi di Asti (era l’8 novembre 1946).
«Così il nome della Madonna del Portone – scrive ancora don Molino nel citato libro –  viene invocato da cento e cento cuori (circa 450 persone ogni anno) in quest’angolo rinomato della Diocesi di Susa, che tanti legami, antichi e recenti, ha con la Diocesi di Asti. E la Madonna del Portone, da questa Colonia che è “sua”, veglia sui bimbi, in quella terra che ospita la Madonna del Rocciamelone, dono dei bimbi  d’Italia...».
Quasi a voler anticipare quell’antico quanto solido legame nel nome di Maria “Porta del Cielo”, nella facciata dell’Ottocentesca chiesa parrocchiale di Sant’Ippolito vi è scritto: “Domus Dei et Porta Coeli”.
 Stefano Masino