18/02/07

Attualità (2006)

CERIMONIA DI CONSEGNA DEI DIPLOMI DI RICONOSCIMENTO A.N.A. AI REDUCI DELLA 2ª GUERRA MONDIALE
ABBIAMO UN VICEPARROCO
GLI OCCHI LIMPIDI DI ALFONSO BELLANDO
I 40 ANNI DELL’AUTOSCUOLA ALPINA
MOSTRA TROFEI E MESSA DI S. UBERTO
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CERIMONIA DI CONSEGNA
DEI DIPLOMI DI RICONOSCIMENTO A.N.A.
AI REDUCI DELLA 2ª GUERRA MONDIALE
25 aprile 2006
Gli Alpini premiati.
Da sinistra: Aldo Allemand, Antonio Vallory, Luigi Ferrero, il fratello di Giuseppe Nuvolone ed i figli di Giorgio Chareun e di Ezio Visintainer.
LA RICORRENZA della celebrazione della Liberazione, il 25 aprile 2006, è stata quest’anno arricchita da una toccante cerimonia svoltasi su iniziativa dell’Associazione Nazionale Alpini ed organizzata dal Gruppo Alpini di Bardonecchia.
In occasione del 61° Anniversario di quella pagina di storia fondamentale per il nostro Paese rappresentata dalla Liberazione, è stata infatti celebrata la Santa Messa, officiata da don Franco Tonda, presso la chiesa parrocchiale di Sant’Ippolito, alla presenza delle autorità civili e militari, delle Associazioni Combattentistiche e dell’Associazione Nazionale Ex-Internati, cui è seguita la deposizione di una corona d’alloro presso il Parco della Rimembranza al Monumento ai Caduti.
La giornata è poi proseguita presso la Sala Consiliare del Comune di Bardonecchia, dove il Sindaco Francesco Avato, i delegati del Comitato di Presidenza Nazionale dell’Associazione Nazionale Alpini e gli stessi Alpini della locale Sezione, hanno consegnato agli ultimi Alpini di Bardonecchia, reduci della Seconda Guerra Mondiale, un Diploma di riconoscimento firmato dal Presidente Nazionale Corrado Perona.
Si è trattato, infatti, del compimento di un’iniziativa che ha interessato tutta l’Italia e con la quale l’A.N.A, in occasione del 60° Anniversario della conclusione del Secondo Conflitto Mondiale, ha voluto omaggiare gli Alpini ancora in vita che vi hanno combattuto e che meritano, insieme ai loro Compagni “andati avanti”, un giusto tributo di riconoscenza e gratitudine.
È stato dunque con viva emozione da parte di tutti che i concittadini Aldo Allemand, Giorgio Chareun, Luigi Ferrero, Giuseppe Nuvolone, Antonio Vallory ed Ezio Visintainer hanno ricevuto il Diploma. A ritirare la Pergamena di Riconoscimento per gli Alpini Giorgio Chareun ed Ezio Visintainer sono stati i rispettivi figlia e figlio, poiché, nel corso dei mesi intercorsi tra il nascere dell’iniziativa e l’effettiva organizzazione della cerimonia di consegna, questi due Alpini sono purtroppo mancati. Per Giuseppe Nuvolone, impossibilitato
da motivi di salute, invece, il Diploma è stato ritirato dal fratello, Alpino anch’egli.
Di lì a pochi giorni, purtroppo, anche lui è poi mancato.
Con i discorsi del Delegato di Comitato di Presidenza Nazionale, del Presidente della Sezione A.N.A. di Bardonecchia, Renato Nervo, del Sindaco (Alpino) Avato e di Chiara Marino, sono stati brevemente ricordati i giorni della guerra del 1940 e delle battaglie combattutesi tra Italia e Francia sul Monte Tabor, i giorni della partenza dei soldati per il fronte (Francia, Jugoslavia, Grecia, Albania, Russia), i giorni della resa e della deportazione, dei lager tedeschi ed austriaci (rievocati ogni anno con la Giornata della Memoria),
della fame, della morte, del dolore ed i convulsi giorni della primavera del 1945 e della Liberazione.
I partecipanti hanno poi avuto l’occasione di poter ascoltare uno dei premiati, l’Alpino Luigi Ferrero, che, con ammirevole lucidità, ha narrato parte della sua esperienza di guerra.
La grande emozione che ha pervaso tutti, a conclusione di questa indimenticabile giornata, può essere riassunta esprimendo felicità per aver potuto condividere la preziosa esperienza di aver ascoltato la voce di chi ha sacrificato la propria giovinezza combattendo, rammarico ed omaggio alla memoria per coloro i quali sono “andati avanti”, gratitudine poiché a loro dobbiamo la costruzione della nostra Italia e della nostra Europa su basi di civiltà, fratellanza ed eguaglianza ed infine monito e segno di Pace per le generazioni future, affinché il sacrificio degli Alpini e di tutti i soldati del Secondo Conflitto Mondiale non venga mai vanificato.
Chiara Marino

ABBIAMO UN VICEPARROCO
ASEI ANNI DI DISTANZA dalle ultime due Ordinazioni, sabato 1° luglio 2006 la Diocesi di Susa ha la gioia di avere in dono dal Signore un nuovo Sacerdote.
È don Antonello Taccori, che il Vescovo di Susa ha benevolmente destinato come viceparroco alla nostra Parrocchia di Bardonecchia.
L’Ordinazione è avvenuta nella Cattedrale di Susa gremita di fedeli. Assai significative le parole del Rettore del Seminario, con le quali ha presentato l’ordinando al Vescovo: «... la principale caratteristica di don Antonello è quella di non fermarsi davanti alle difficoltà e di trovare sempre una soluzione ad ogni problema. Questo gli permetterà di essere uno strumento di pace, che seminerà dove andrà ad offrire il suo ministero». Anche l’omelia del Vescovo Mons. Alfonso Badini Confalonieri si è rivelata di particolare spessore, ed ha richiamato quelli che devono essere i pilastri principali della vita del Sacerdote: l’Eucaristia e il ministero della Riconciliazione: «Con il Sacerdozio che oggi ti viene conferito dovrai essere instancabile ponte tra Dio e l’umanità, ma ricorda ... che il sacerdote deve essere innanzitutto uomo di preghiera. Solo l’unione con Dio potrà rendere fecondo il tuo ministero pastorale e la tua stessa vita».
Don Antonello, dopo alcune esperienze, prima come seminarista e poi come Diacono, in alcune differenti  Parrocchie, compie nella nostra Parrocchia di S. Ippolito la sua prima esperienza come sacerdote novello. Viene in una parrocchia a vocazione turistica, e ha bisogno di un periodo di allenamento, prima di conoscere le sue particolari caratteristiche. Gli domandiamo soprattutto di occuparsi dei ragazzi e dei giovani, perché abbiano in lui una guida per la loro formazione umana e cristiana. L’entusiasmo non gli manca e riuscirà
sicuramente a lasciare traccia nel cuore di tanta gioventù. 
«Un buon pastore, secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare a una Parrocchia, e un dono dei più preziosi della misericordia di Dio» (S. Curato d’Ars).
[foto Giorgio Elia- omessa]
GLI OCCHI LIMPIDI
DI ALFONSO BELLANDO
COME PER EFFETTO di una scelta, Alfonso Bellando, il cui nome suona così familiare agli abitanti di Bardonecchia (e in realtà una parentela lo univa al Monsignore che per tanti anni aveva guidato la Parrocchia) si è spento improvvisamente fra le nostre montagne. Piace pensare che l’ultima immagine cosciente che i suoi occhi hanno contemplato siano stati i pini del Colomion, che fronteggiavano la finestra della stanza in cui lui lavorava a dare gli ultimi tocchi al libro sulla vocazione europeistica di quella Torino che per tutta la vita aveva amato e celebrato. Quella stanza era il luogo in cui la penna scorreva più facilmente, con la stessa scioltezza che aveva permesso la nascita dei suoi articoli e dei suoi libri su Torino e sul carattere internazionalistico di questa città così ricca di cultura.
Aveva gli occhi limpidi, Alfonso. Fin da quando, da ragazzina, avevo letto un libro di Virgilio Brocchi intitolato “Gli occhi limpidi”, questa formula si è trasformata in me in un paradigma a cui automaticamente ho commisurato nella vita le persone che mi avveniva di conoscere. Quanto sono rari gli occhi veramente limpidi! Ebbene, negli occhi di Alfonso era rimasta intatta la capacità di meravigliarsi, di capire, di partecipare e soprattutto di credere in una umanità rivolta al bene, all’aiuto reciproco, e di trasmettere questa fiducia agli altri, senza rinunciare per questo all’equilibrio volterriano e spiritoso di un critico benevolo qual è sempre stato, capace di frantumare qualsiasi fanatismo. Con estrema limpidezza e onestà era da sempre rimasto fedele a questa sua vocazione europeista e internazionalista, svolgendo un’attività che considerava una missione, identificandolo con la propria vita.
Andando indietro nel tempo incontro i primi uffici della S.I.O.I. (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale) l’organismo che lui ha da sempre guidato a Torino con passione e onestà, aiutato dalla sua grande fede nella vocazione unitaria dell’Europa, che percorreva spesso per partecipare a convegni internazionali, Questi primi uffici si trovavano in via Po, nel palazzo dell’Università; lì noi professori giovani alle prime armi imparavamo a conoscere le istituzioni europee e mondiali.
Più tardi la sede della S.I.O.I. si trasferì a Palazzo Bricherasio, dove Alfonso lavorò per tanti anni, convocando storici, diplomatici, economisti, per continuare ad alimentare e illustrare ai giovani le idee di pace e collaborazione internazionale, allargando sempre più le sue attività al settore studentesco e favorendo gli scambi fra vari Paesi e vari Continenti. Le conversazioni si svolgevano in quella bellissima sala piena di dorature, di stucchi e di dipinti che anche oggi la Fondazione Bricherasio riserva alle cerimonie e alle mostre più prestigiose. Successivamente la S.I.O.I. si allargò al B.I.T. di Italia ’61, trasferendovi la sua ricca biblioteca (ricordo di averla sfruttata ampiamente per la mia tesi di psicologia) e collocando lì definitivamente i suoi uffici e i corsi internazionali a cui affluivano studenti da tutte le parti del mondo per seguire i trimestri di perfezionamento nelle materie in cui erano specializzati. Questo è stato l’ambiente dal quale sono usciti tanti disposti a mette98 re una parte della loro vita (che per il resto rimane una vita normalissima, fatta di famiglia e di lavoro) al servizio di ideali che prescindono dalle frontiere, al servizio di persone meno fortunate, con generosità e con semplicità, non solo a Strasburgo e a Ginevra, ma  spesso sul campo, nelle zone più difficili, come fa suo figlio Costanzo, responsabile dell’associazione NUTRIPA, passando in Africa un mese all’anno della sua vita di pediatra professionista al servizio dei bambini del Rwanda. L’internazionalismo ha segnato anche la vita del figlio maggiore, Edoardo, giornalista all’ONU. Tutte queste attività Alfonso le ha svolte con la serenità che è sempre riuscito a diffondere su quanti lo circondavano e che derivava dalla sua onestà, dalla sua dirittura aliena da qualsiasi tipo di compromesso, dalla sua fedeltà agli ideali che erano stati fin dal primo dopoguerra quelli del gruppo di giovani descritto nel più noto dei suoi molti libri, “Quei ragazzi del Caffè Fiorio”, scritto per i cinquant’anni della S.I.O.I. torinese nel 1996. Già nel titolo, che echeggiava il gruppo romano (I ragazzi di via Panisperna) che sta all’origine di una delle più grandi scoperte di portata mondiale, viene sottolineata la vocazione internazionalista della nostra città, proprio quella che costituiva l’argomento del libro che stava terminando. La vocazione di Torino affonda le sue radici nei secoli. In quel libro la crescita e lo sviluppo dell’ideale europeo e internazionale ci scorrono davanti agli occhi, diffusi con fede dal drappello di quei giovani che Bobbio ha definito “irenici”, portatori convinti dell’ideale della pace.
Logico che tanta limpidezza di sentire si trovasse in armonia con le montagne di Bardonecchia e il cielo al di sopra di esse, a cui Alfonso Bellando pareva ispirarsi durante tutti i mesi in cui aveva scelto questo luogo per lavorare ai suoi libri. Le nostre montagne sono come un tempio, e a chi riesce ad entrare in consonanza con esse non possono che ispirare pensieri alti che gli allargano lo spirito. Sono gli stessi sentimenti che a Bardonecchia riesce a far provare il tradizionale concerto di altura che fino a pochi anni fa anche Alfonso veniva ad ascoltare a Pian del Sole, in mezzo a quella chiostra che mi ha sempre ricordato la perfezione brevissima di “Mezzogiorno alpino”.
Elena Cappellano

I 40 ANNI DELL’AUTOSCUOLA ALPINA 
PER IL geom. Anastasio Sciarrillo gestire un’autoscuola non significa solo gestire un’impresa, bensì “educare persone”. «L’autoscuola è una scuola a tutti gli effetti, è un luogo dove si impara,  non solo a guidare un veicolo, ma a rispettare prima di tutto se stessi e poi il prossimo». Così il geom. Sciarrillo, ricorda i suoi 41 anni di insegnamento presso la scuola da lui fondata e gestita, fino a qualche mese fa, cioè fino a quando ha lasciato le redini a Stefania Contu, la nuova titolare.
«Per 41 anni ho insegnato a tutta Bardonecchia e dintorni, comprese le discendenze», racconta con un po’ di nostalgia. «Facendo un calcolo, molto approssimativo per difetto, all’incirca saranno cinquemila le persone a cui ho insegnato a guidare, ma ribadisco: a rispettare delle regole. Fra gli allievi di spicco; i due sindaci, Mario Ambrois e l’attuale Francesco Avato, molti assessori e consiglieri, il vigile urbano Adriano Bertrando». Il geom. Sciarrillo, originario della Puglia, appena approdato a Bardonecchia nel 1963, trovò un immediato impiego come geometra presso un’impresa edile, ma dopo due anni decise di dare una svolta alla sua vita. «Da tempo avevo constatato che in tutta l’Alta Valle non esisteva un’autoscuola, perciò a settembre 1965 diedi inizio a questa attività. Non ero solo imprenditore, ma insegnante ed istruttore. Al mio fianco rimase sempre mia moglie Angela, in qualità di segretaria, e per diversi anni svolse funzioni di direttore il geom. Mario Rossetti. Abbiamo lavorato molto, anche perché eravamo gli unici in Alta Valle. Avevo anche chiesto l’autorizzazione a svolgere corsi a Sestriere e ad Oulx. Credo di aver percorso circa 400.000 km con gli allievi», prosegue il geom. Sciarrillo, mescolando le stranezze con qualche episodio poco piacevole. «Ricordo che una volta allontanai, con l’intervento dei Carabinieri, un marito geloso, che pretendeva di sorvegliare a vista la moglie durante una normale lezione di teoria tenuta ad una ventina di allievi. Siccome ssssla moglie era analfabeta, si sentiva in obbligo di tradurre il mio italiano in calabrese, disturbando naturalmente l’intera lezione. Posso affermare però che solo in un’occasione non sono riuscito ad insegnare a guidare: incredibile a dirsi, ho dovuto arrendermi di fronte ad un professore universitario di lettere: accademico di Francia!».
Ma il geom. Sciarrillo non è ancora riuscito a staccarsi definitivamente dall’autoscuola. Nonostante Stefania Contu sia la nuova titolare ed insegnante, coadiuvata da Andrea Giovannini e Maximilian Fardella, occasionalmente il geom. Sciarrillo si mette ancora al volante ad insegnare ai neofiti. «E pensare – dice il neopensionato –, quando in gioventù abitavo a Roma avevo iniziato a lavorare come giornalista». Ma forse quella sua segreta passione non l’ha mai abbandonato ed un saggio lo ha già offerto lo scorso anno scrivendo sul Bollettino parrocchiale la storia di sette Parroci, dopo un’approfondita ricerca eseguita tra gli archivi parrocchiali.
Luisa Maletto



MOSTRA TROFEI E MESSA DI S. UBERTO
IN ALTO Trofei di Capriolo e di Camoscio. In primo piano la Messa di Sant’Uberto celebrata da don Antonello Taccori, da poco Viceparroco di Bardonecchia, e conclusa con la preghiera del cacciatore di montagna letta dal col. de Franceschi. Presenti anche il Sindaco Francesco Avato, il presidente del C.A.TO.2 Pierpaolo Court e l’avv. Mauro Carena Presidente della Comunità Montana Alta Valsusa, che hanno avuto parole di saluto e di compiacimento. La Messa è stata celebrata domenica 16 luglio 2006 nell’ambito della “Mostra Trofei” realizzati sul territorio del Comprensorio Alpino “Alta Valle Susa” nelle stagioni venatorie 2004/2005 e 2005/2006. L’esposizione si è svolta nei locali della Scuola Elementare di Viale Bramafam, ottimamente allestita dai cacciatori coordinati da Carlo Florindi: 160 erano i Trofei di cervo, 390 di camoscio e 150 di capriolo.
Nel pomeriggio di sabato si era anche svolto un incontro sul... “Lupo in Valle Susa”! Notevole è stata nei due giorni la partecipazione di pubblico e visitatori, non solo di cacciatori...
(testo e foto a cura del t.col. G. de Franceschi)