30/03/06

Pier Giorgio Frassati a Bardonecchia (2005)


Il Beato Pier Giorgio Frassati
sui campi di sci di Bardonecchia
Ai Giochi Olimpici invernali previsti dal 10 al 26 febbraio 2006, c’è un “iscritto” in più nell’albo
d’oro dello spirito: il suo nome è Pier Giorgio Frassati. Sulle stesse piste dove i grandi campioni si misureranno Pier Giorgio – fino all’inverno 1925 – si buttava a capofitto, con la sua gioiosa voglia di respirare a pieni polmoni la vita e con la travolgente passione per la montagna, per la neve, secondo il suo motto: «Verso l’alto!». È un fatto innegabile che ci sia anche la viva memoria di Pier Giorgio nel cuore del grande evento olimpico.  La sciatrice statunitense Rebecca Dussault gareggerà, nel fondo, proprio con il nome di Pier Giorgio scritto sugli sci. (...)
Pier Giorgio era animato dalla passione delle escursioni in montagna. Era amante della musica, dello sport. Scrive il 14 febbraio 1925 alla sorella Luciana:
Pier Giorgio Frassati con gli sci in occasione di
una gara a Bardonecchia, il 22 febbraio 1925
«Per carnevale si andrà in montagna, si era pensato al Gran San Bernardo ... probabilmente si finirà a Bardonecchia, tanto più che io desidererei partecipare alle gare di 15 km che si svolgeranno domenica». E Bardonecchia è una delle sedi olimpiche. (...)
Come si fa a diventare santi a 24 anni? La risposta di Pier Giorgio è semplice e sorridente: vivendo una vita normale, pienamente inserito nella quotidianità.
Egli era nato a Torino il 6 aprile 1901, Sabato Santo. Completati gli studi superiori, si iscrive a ingegneria industriale mineraria al Politecnico di Torino. «Sarò ingegnere minerario per servire ancora di più Cristo tra i minatori», scrive ad un amico. C’è Cristo in ogni sua azione, anche quella apparentemente più superficiale. (...) Gli studi non gli impediscono di inserirsi nell’attività politica e sociale con un impeto travolgente. Entra nella Fuci e nella Gioventù Cattolica portando sempre, all’occhiello, con fierezza, il distintivo.
La carità è il cuore della sua esistenza. Per lui carità significa dare se stesso senza risparmio.
Questa carità scaturisce in Pier Giorgio dalla Comunione quotidiana, dal Rosario (la corona la portava sempre in tasca, anche sulle piste da sci), dalle adorazioni eucaristiche notturne, dalla lettura degli scritti di San Paolo. Scaturisce dalla consapevolezza gioiosa di far parte di una comunità cristiana: è iscritto alla Congregazione mariana, all’Apostolato della Preghiera, alla Confraternita del Rosario, alla San Vincenzo, al Terz’Ordine domenicano. Non ha paura di testimoniare la sua fede e di proclamarsi cristiano in ogni occasione: a Roma, durante una manifestazione della Gioventù Cattolica, difende con i pugni, energicamente e con coraggio, la bandiera del suo circolo dall’assalto delle guardie regie.
Due mesi prima della laurea la sua esuberante e consapevole giovinezza viene stroncata in cinque giorni di atroci sofferenze da una poliomielite fulminante, contratta probabilmente assistendo i malati. Muore il 4 luglio 1925. La sua ultima preoccupazione sono stati i poveri. I funerali rivelano a tutti, a cominciare dalla sua famiglia, la rete di amicizie cristiane che Pier Giorgio era riuscito a tessere senza farsi “pubblicità”. La causa di Canonizzazione si apre nel 1932. Nel 1989 Giovanni Paolo II si reca a pregare sulla tomba di Pier Giorgio a Pollone per «rendere omaggio a un giovane che ha saputo testimoniare Cristo con singolare efficacia ... Anch’io nella mia giovinezza ho sentito il benefico influsso del suo esempio e, da studente, sono rimasto impressionato dalla forza della sua testimonianza cristiana».
Il 20 maggio 1990, in Piazza S. Pietro, Giovanni Paolo II proclama Beato «il giovane dalle otto beatitudini». (. ..) Pier Giorgio è ancora oggi una valanga di vita, ma è anche e soprattutto “qualcosa di più”: ha incontrato Gesù nella sua vita, e da quel momento ha respirato fino in fondo il senso, la gioia, la bellezza. Non ha mai vivacchiato. Ha vissuto.
Ecco cosa porterà “in più” ai Giochi Olimpici nella sua terra, sulle piste a lui care (...).
Gianpaolo Mattei
Da “L’Osservatore Romano” del 25-1-2006