01/03/06

L'anno dei 2 Papi .C'eravamo anche noi (2005)

L’ANNO DEI DUE PAPI
C’ERAVAMO ANCHE NOI
GUIDA SICURA PER DARE SPERANZA
I NOSTRI PAPI
Foto omesse
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L’ANNO DEI DUE PAPI
COMMEMORAZIONE DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
nella Messa funebre celebrata in S. Ippolito giovedì 7 aprile 2005,
vigilia dei solenni funerali previsti in S. Pietro venerdì 8 aprile, ore 10.
 Giovanni Paolo II nel giorno del solenne
inizio del suo ministero di Pastore universale
della Chiesa, il 22 ottobre 1978. 
(foto Archivio)

Ringrazio tutti voi per avere accolto l’invito, questa sera, alla vigilia dei solenni funerali, che si terranno  domani in Piazza S. Pietro a Roma, del compianto Papa Giovanni Paolo II, come da più parti già chiamato “Magno”, cioè “Grande”, a celebrare questa Eucaristia per lui e a commemorarne la nobile figura.
Un particolare ringraziamento al Sindaco e a tutte le Autorità presenti.
Alla notizia della scomparsa del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, avvenuta sabato 2 aprile alle ore 21,37, tutto il mondo si è fermato e inchinato, in segno di lutto, per la morte di un grande uomo. Di un grande “uomo di Dio”. E, forse, proprio in questa circostanza, tutti noi abbiamo provato viva consapevolezza di quanto sia stata forte nelle coscienze la parola del suo Magistero. Un affetto verso il Romano Pontefice
che proviene non solo dall’Italia, in cui il Papa, pur essendo di tutti, lo sentiamo particolarmente nostro, ma da ovunque, nel mondo, giungono testimonianze e tributi di stima, di affetto e di sincere condoglianze. Stiamo tutti constatando, con positivo stupore, come stiano arrivando a Roma folle straripanti da ogni parte del pianeta per dargli domani un ultimo saluto terreno.
Ed anche noi, questa sera, idealmente, vogliamo sentirci presenti nella Patriarcale Basilica di S. Pietro, a pregare accanto alla Sua Persona, riconoscenti per il bene ricevuto. Il Papa è là, rivestito con i paramenti rossi, stabiliti dalla Chiesa, tra l’altro, per la Commemorazione degli Apostoli. Il Papa è successore dell’Apostolo Pietro.
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Ognuno di noi, in questi tanti anni, lo ha sentito nei vari discorsi, ha visto la sua persona innumerevoli volte sugli schermi televisivi, sia nel corso di solenni celebrazioni, ma  anche a contatto con gli uomini di ogni ceto sociale. Ha dialogato con i potenti della terra per ricercare il bene dell’uomo; ma anche e soprattutto
lo ha visto piegarsi sulle povertà, sulle sofferenze, i dolori e i problemi dell’umanità.
Il giovane Karol, nato il 18 maggio 1920 a Wadowice (Krakow), perse la mamma all’età di appena nove anni, il papà quando ne aveva ventuno, ed anche l’unico fratello, medico. Ha sperimentato il pesante lavoro nelle miniere di pietra, poi alla fabbrica Solvay, come operaio. Ha sedimentato nella coscienza, in unione a tutto il popolo polacco, l’umiliazione e l’intima sofferenza nel vedere soffocata la libertà di pensiero e delle proprie convinzioni sociali e religiose. Ha, inoltre, provato sofferenza fisica per l’attentato in Piazza S. Pietro ed ancora in vari ricoveri avvenuti nel corso della sua vita.
Abbiamo seguito con interesse gli innumerevoli Viaggi Apostolici nel mondo. All’inizio, con stupore, non riuscendo a comprendere pienamente questa sua scelta di recarsi in ogni angolo della terra. Solo gradualmente, in seguito, abbiamo compreso l’anelito dell’Apostolo, che si è posto sulle orme di Paolo di Tarso, anch’egli Apostolo-missionario, come Giovanni Paolo II. Ha voluto incontrarsi e confrontarsi con ogni cultura, popolo e razza. Ha voluto confermare i fratelli nella fede. Ha voluto piegarsi sopra ogni tipo di umana povertà, per recare sollievo e speranza. Ha fatto udire forte la sua voce a difesa dei diritti dell’uomo, talvolta sopraffatto da ideologie estreme. Non ha avuto timore, a questo riguardo, di recarsi in luoghi che vorrei definire “politicamente scomodi” a denunciare con forza e, in pari tempo, con rispetto, gli abusi contro la libertà dell’uomo e la sua dignità. Una voce amata la sua, ma anche scomoda. Si è fatto strenuo difensore della pace. Tra i molti viaggi, desidero ricordare la sua storica visita a Susa, avvenuta la domenica 14 luglio 1991. Molti di noi erano presenti. In quell’occasione Beatificò, nel corso di una solenne celebrazione tenuta
sulla Piazza della cattedrale, il Vescovo di Susa Mons. Giuseppe Edoardo Rosaz.
È stato il Papa che ha creduto nella santità, quella possibile a tutti, e ha dato alla Chiesa innumerevoli nuove figure di Santi e di Beati, a edificazione del popolo di Dio e come modelli di vita cristiana.
Giovanni Paolo II: un Papa che ha voluto e saputo dialogare con l’umanità intera, cercando vicinanza e rispetto con ogni diversa religione che è sulla terra. Compiendo, lui, per primo, giganteschi passi di avvicinamento, nel tentativo di far cadere steccati secolari.
La tomba di Giovanni Paolo II nelle Grotte Vaticane, meta di ininterrotto pellegrinaggio. (foto G. Tancini)
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Culmine di questo intenso e difficile dialogo è da ricordare la stupenda celebrazione della “purificazione della memoria”, nel corso dell’Anno Santo 2000, in cui il Santo Padre, a nome della Chiesa, ha voluto domandare perdono a Dio per varie incomprensioni e posizioni storiche del passato, facendo così risplendere nel mondo la vera luce della Chiesa di oggi che, nel rispetto di ognuno, indica a tutti la strada del Cielo.
Giovanni Paolo II ha profuso il suo ministero apostolico, durato oltre 26 anni, in larga parte a servizio dei giovani, definiti da lui stesso, in un raduno mondiale della gioventù, “le stelle del mattino”. Ha dialogato con loro, trasmettendo la sincerità del suo cuore e la sua fiducia. Anche le sue poche, incerte parole negli ultimi istanti di vita, sono state dirette a loro, mentre a frotte affluivano sotto la sua finestra a pregare per la sua salute: «Io vi ho cercato. Ora voi cercate me. Vi ringrazio».
Giovanni Paolo II era stato ordinato Sacerdote il 1° novembre 1946. Consacrato Vescovo il 28 settembre 1958. Creato Cardinale il 26 giugno 1967. Eletto Papa il 16 ottobre 1978. Egli ha vissuto il suo Sacerdozio, nelle varie tappe, come servizio all’uomo. Chiamato dalla Provvidenza a coprire posti particolarmente delicati, soprattutto nel ministero apostolico sulla Cattedra di Pietro. Ha parlato al mondo fino all’ultimo istante. Perso il vigore giovanile, affievolito il dono della salute, ha, in seguito, comunicato con la sofferenza
del corpo, restando ancorato al suo posto, là dove Dio lo aveva voluto, a tenere saldo il timone della Chiesa. Giovanni Paolo II ha amato la Chiesa con passione, senza venire meno mai ai contenuti della dottrina e alla sacra tradizione, della sua bimillenaria storia, dimostrando equilibrio e saggezza. In determinate circostanze, ponendosi contro la mentalità corrente, disposto ad accogliere giudizi contrari su argomenti morali ed etici importanti, incarnando in tal modo l’espressione della Chiesa primitiva: «Vogliamo ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini».
Egli per dare luce alle coscienze e aumentare l’amore a Cristo e alla Chiesa, nei suoi anni di Pontificato ha dato ai fedeli innumerevoli documenti: Lettere ed Esortazioni Apostoliche, Lettere Encicliche e tantissimi discorsi, di cui risulta ora impossibile elencare in modo dettagliato. Ha pensato ai sacerdoti, alle famiglie, agli anziani, ai giovani e a tutti gli ambienti più variegati della società. Sotto questo aspetto, già provato nella salute, ha ancora voluto donare alla Chiesa uno speciale Anno dedicato all’Eucaristia. È l’anno che stiamo vivendo. Soprattutto ha amato gli uomini con lo stesso amore di Cristo. Un amore che ora gli viene ricambiato da un affetto immenso a livello planetario.
Il Signore lo ha chiamato nei giorni dell’ottava di Pasqua, nei quali la Chiesa, per una intera settimana, vive come un lungo, prolungato giorno di annuncio della risurrezione di Cristo “primizia di coloro che risorgono dai morti”. Anche in questo, vogliamo riconoscere un segno della Provvidenza. Dalla morte di Giovanni Paolo II, il cui annuncio è giunto ovunque, cogliamo un ultimo, importante, insegnamento: nella morte vi è il “Dies Natalis”, cioè il giorno della nascita alla nuova vita. Dalla terra al Cielo. Dalla morte alla vita. Per ricordare in tal modo agli uomini il senso della vita e della morte, il senso della storia. Il mistero di Dio che è Dio dei viventi.
Dalla gloria del Cielo, accolto da Cristo e dalla Vergine Maria di cui è stato particolarmente devoto, faccia ora sentire la sua spirituale presenza e voglia indicare l’uomo che dovrà raccogliere la sua eredità spirituale, prendere il suo posto e continuare la difficile missione di Vicario di Cristo e pastore universale del Popolo di Dio. Riposi in pace.
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C’ERAVAMO ANCHE NOI
Ecosì siamo partiti. Devo ringraziare l’entusiasmo e l’incoscienza di mio figlio, che hanno avuto la meglio sul buonsenso e sulla razionalità dei miei amici e parenti, tutti pronti a darmi della pazza per quest’idea di andare a Roma a salutare l’ultima volta il nostro Papa. Ma noi sentivamo di dover andare, non so spiegare il motivo.
Così eccoci sul treno per Roma: l’idea è quella di fermarci a dormire da mia madre e la mattina presto andare a San Pietro, ma gli SMS della Protezione Civile e la radio avvertono che a causa dell’enorme moltitudine che si è formata gli accessi si chiuderanno alle 22. Allora cambio di programma: con tutti i bagagli dalla stazione Termini andiamo direttamente a San Pietro, alle 21,15 siamo in coda. Qui comincia il più bel viaggio della mia vita, solo un chilometro e mezzo in 14 ore, ma ne valeva la pena.
Vicino a noi c’è tutto il mondo: giovani con la chitarra e donne anziane vestite di nero, famiglie con bambini e religiosi di ogni Ordine, italiani di Roma, Catania, Firenze, Lodi, Milano, polacchi, francesi, inglesi, spagnoli, tedeschi, messicani... Non ho mai respirato tanta serenità: c’è tristezza, gli occhi lucidi, ma si canta e si battono le mani, si parla con i vicini in tutte le lingue e, se non ci si riesce, a gesti.
I volontari della Protezione Civile ed i militari che ci assistono sono gentilissimi, ci danno coperte (meno male, la notte è fredda e umida!), acqua, bustine di zucchero, e sempre una parola buona.
All’alba riusciamo ad immetterci in via della Conciliazione, si vede la cupola di San Pietro che piano piano si illumina con il sole e si avvicina come in un miraggio.
Sempre più si canta e si prega: e poi ecco, siamo nella Basilica, qui la folla ammutolisce, si sentono solo i canti gregoriani che dagli altoparlanti fanno compagnia a Giovanni Paolo. All’improvviso arriviamo di fronte al Santo Padre, vicini, quasi a toccarlo, il tempo di farsi il segno della croce, di accarezzare con lo sguardo quel volto scavato dalla sofferenza, magro come mai l’abbiamo visto, e le guardie ti fanno allontanare. Sono pochi secondi, solo una manciata, ma che danno un senso a tutto.
Usciamo nel sole caldo della mattina, sono le 11,30 e ovunque si giri lo sguardo c’è un mare di folla con le bandiere e gli striscioni, che aspetta con calma il proprio turno.
Ripartiamo la sera dopo, in un treno carico di pellegrini, orfani del Santo Padre ma sereni.
«Vieni servo buono e fedele a prendere parte alla gioia del tuo Signore» (mt. 25,21). (foto Archivio)
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E quelle 14 ore in coda, in piedi nella notte fredda, non sono poi state così tragiche,ci hanno fatto sentire così intimamente vicini a Dio e alla comunità cristiana di tutto il mondo. Non potrò mai dimenticare il ragazzo messicano che piangendo mi diceva che Wojtyla rimaneva nel suo cuore e nel cuore di tutti noi, la signora siciliana vestita di nero con i piedi gonfi che continuava a camminare, i ragazzi (quanti, quanti giovani!) che cantando affrontavano il freddo della notte, il poliziotto che ha preso in braccio Simone per fargli scavalcare le transenne, la giovane suora che alle tre di mattina ha dovuto rinunciare e tornare in convento, i polacchi che non parlavano una parola di italiano ma sorridevano a tutti, Simone che “non mollava” addormentato sullo sgabello...
Non importa se il mio ginocchio fa male, torno a casa con nelle orecchie i canti più belli, negli occhi la folla sterminata che offriva il suo affetto al Santo Padre, nel cuore la pace e l’amore del nostro Papa e del Signore.
Grazie, Padre Nostro, di averci dato Papa Wojtyla e grazie per averci permesso di tributargli l’ultimo saluto.
Piera e Simone Cianfarani

GUIDA SICURA PER DARE SPERANZA
Abbiamo attraversato la tristezza del Venerdì Santo; abbiamo pianto; ci siamo sentiti orfani di un Padre che tutto si è consumato per Cristo e per la sua Chiesa. Abbiamo pregato.
Abbiamo atteso. Abbiamo implorato il Sacro Cuore di Gesù. Ed ecco che il Signore dalle fibre più intime del suo Cuore ci dona il Successore di Pietro.
Il nuovo Papa Benedetto XVI.
«Tu sei Pietro e su questa pietra
edificherò la mia Chiesa»
(Mt. 16,18). 
(foto Archivio)
Non siamo più soli. Pietro è con noi.
La navigazione riprende la rotta; il cammino riprende il ritmo del viandante. Grazie Padre santo, per aver detto “sì”. Un “sì” che anche noi diciamo a Te. Senza riserve e con amore.
Hanno fatto Papa di gran lunga il migliore dei Cardinali. Lo si era visto nei giorni della sede vacante. Il Prefetto della Fede, è sembrato la naturale conclusione della ricerca di una grande personalità che  proseguisse la linea di Giovanni Paolo II.
Il Card. Joseph Ratzinger è stato eletto velocemente al quarto scrutinio il giorno 19 aprile 2005. È stato scelto un Cardinale forte per l’unità della Chiesa: la guida sicura per dare speranza agli uomini di oggi.
Egli come Cardinale Decano del Sacro Collegio aveva presieduto la liturgia funebre del suo predecessore, tenendo un’omelia quanto mai illuminata. Come anche quella pronunciata prima di entrare in Conclave nella Messa “Pro eligendo Summo Pontifice”, sottolineando la necessità di avere una fede chiara e di mantenere la fiducia che la barca di Pietro non verrà sballottata dai venti contrari, dagli errori e dalle mode. Forte anche il no alla dittatura del relativismo, perché solo Cristo è la misericordia inviata agli uomini.
Questa visione della Chiesa è perfettamente nella continuità con il Pontificato di Giovanni Paolo II. Dal 1981 il Card. Ratzinger era stato il suo braccio destro, per quanto riguarda la difesa e la promozione della fede. Questi ha guidato la Chiesa e si è lanciato in tante iniziative con sicurezza, perché alle spalle a sostenerlo aveva uno come Ratzinger.
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In un’intervista del luglio 1989, il Card. Ratzinger tenne a sfatare la leggenda che si era costruita su di lui, a causa del suo ruolo di capo dell’ex Sant’Uffizio. Tenne a dire col sorriso: «Non sono il Grande Inquisitore. Quando esamino i fattori negativi presenti nella Chiesa di oggi, parto sempre da questa speranza: è il Signore ad avere in mano la Chiesa». Con questo spirito “lieve” Benedetto XVI a 78 anni di età ha accettato questo carico straordinario sulle spalle, di essere il 263° successore di Pietro, perché sa che non è solo a portarlo.
Una sua frase ci sembra profetica per il ministero di Papa che ora riveste: «Essere autorità nella Chiesa è
possibile quando diventa chiaro che la persona rivestita di autorità non fa ciò che vuole, ma è obbediente alla
volontà del Signore per quel suo incarico ».
Leggiamo anche qualche suo pensiero a riguardo della vita liturgica della Chiesa:
«Direi per quanto meno il servizio della parola deve essere tenuto nella lingua materna: in ogni caso sarei a favore di una maggiore apertura nei confronti del latino. Oggi il latino nella Messa ci pare quasi un peccato. Ma così ci si preclude anche la possibilità di comunicare tra parlanti di lingue diverse, che è così preziosa
in territori misti. (...) Pensiamo alle località turistiche: dove sarebbe bello riconoscersi tutti in qualche cosa di comune. Dovremmo quindi tenere presente anche questo. Se nemmeno nelle grandi liturgie romane si può più cantare il Kyrie e il Sanctus, se nessuno sa più nemmeno cosa significhi Gloria, allora si è verificato un depauperamento culturale e il venire meno di elementi comuni. Da questo punto di vista direi che il servizio della parola dovrebbe essere tenuto in ogni caso nella lingua madre, ma ci dovrebbe essere una parte recitata in latino che garantisca la possibilità di ritrovarci in qualcosa che ci unisce. (...) Per il cattolico la liturgia è la Patria comune, è la fonte stessa della sua identità: anche per questo deve essere “predeterminata”, “imperturbabile”, perché attraverso il rito si manifesta la Santità di Dio. Invece, la rivolta contro quella che è
stata chiamata “la vecchia rigidità rubricistica” ... ha coinvolto anche la liturgia nel vortice del “fai da te”, banalizzandola perché l’ha resa conforme alla nostra mediocre misura.
(...) Bisogna riflettere seriamente sulle cose e non accusare gli altri di essere “partigiani di San Pio V”. È un settarismo che non accetto più... Ogni generazione ha il compito di migliorare e rendere più conforme allo spirito delle origini la liturgia. E penso che effettivamente oggi c’è motivo di lavorare molto in questo senso, e “riformare la riforma”. Senza rivoluzioni, ma un cambiamento ci deve essere. Dichiarare impossibile a priori ogni miglioramento mi sembra un dogmatismo assurdo».
(Da “Benedetto XVI - il custode della fede”, di Andrea Tornielli, pagg. 209-217).
Il nuovo Papa Benedetto XVI. «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt. 16,18). (foto Archivio)
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I NOSTRI PAPI
Permettetemi di riportare alcuni pensieri letti in un quaderno posto nella Cappella di un Soggiorno per anziani della mia
città di residenza, scritti in occasione della Messa funebre di Papa Giovanni Paolo II e poi per l’elezione di Benedetto  XVI.
«Un abbraccio, carissimo Padre. Ricordo quei momenti dopo il Conclave della Tua elezione. Davanti alla televisione attendevamo. Poi la presentazione: Karol Wojtyla. Veramente, perplessità per il nome. Ma dopo le Tue prime parole che qui ripeto, forse non proprio esattamente, io iniziai a comprendere chi  veramente Tu eri: “Vengo da un Paese lontano. Non so bene pronunciare la vostra lingua. La nostra lingua. Se sbaglio corriggetemi”.
In verità quel “correggetemi” pronunciato in un certo modo. Sorrisi subito e Ti apprezzai tanto. “Correggetemi”: forse all’inizio, Prelati, con comprensibile titubanza avranno corretto qualche Tua parola, ma realmente Tu, con i Tuoi pensieri e i Tuoi pronunciamenti hai corretto tante idee. Sei stato, come riportato in un articolo de “La Stampa”: “Un mistico, lontano dalle competizioni mondane; un pacifista assoluto; un equamente censore del comunismo e del capitalismo”. Il Tuo motto: “Totus Tuus” - Tutto della Madonna. Hai allacciato concrete amicizie con Ebrei, Musulmani e persone di Religioni diverse. Tanti di questi, durante gli ultimi giorni della Tua vita, hanno pregato per te. Ora sei con Lui. Con quel Dio che ha illuminato tutta la Tua vita.
Hanno intervistato alcune persone chiedendo loro di quale Paese vorrebbero fosse il nuovo Papa. Se la stessa domanda l’avessero rivolta a me, avrei detto: “Da qualsiasi Paese”. Di qualsiasi colore, purché sappia proseguire la Tua stessa strada, con la Tua stessa sicurezza».
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«“Cari fratelli e care sorelle: dopo il Grande Papa Giovanni Paolo II, i Signori Cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore...”.
Ecco il successore di Giovanni Paolo II, il Papa Benedetto XVI. Un modesto successore di Pietro.
Ed ancora: “Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi del Suo aiuto permanente, andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà e Maria, Sua Santissima Madre sta dalla nostra parte”.
Quell’“Andiamo avanti”, è una indicazione del suo futuro programma. Un proseguimento sulla stessa strada del Grande e con Maria che “sta dalla nostra parte”.
Attingendo ancora da “La Stampa”, il Cardinale Ersilio Tonini afferma: “Sì, tra i due Papi, differiscono toni e spiritualità, però rimane intatto il senso della grande passione per Cristo: ‘Aprite le porte a Cristo’, esclamava Papa Wojtyla. ‘Andate incontro a Cristo’, dice Papa Ratzinger”».
Beppe Tonino

Giovanni Paolo II e il Card. JosephRatzinger. (foto Archivio)
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