02/03/06

I magnifici sette (2005)

Chi posasse il piede a 45° e 04’ di latitudine Nord ed a 5° e 45’ di longitudine Est, salendo a quota 1.313,709 sul livello del mare, sarebbe esattamente sul punto trigonometrico del nuovo campanile della chiesa parrocchiale dei Santi Ippolito e Giorgio in Bardonecchia.
Foto dei Parroci esposte in Sacrestia. Da sinistra: don G. Vachet, don G. Tournoud, don F. Gallasso, don A. Rousset.
Questa costruzione sorge sulle rovine dell’originale chiesa parrocchiale, incendiata, andata a fuoco assieme a gran parte del Borgo Vecchio, dichiarata inagibile dai tecnici del Genio Civile dello Stato Sabaudo per il crollo di un pilastro e decadenza generale della struttura, chiusa al culto il 16 maggio del 1806, essendo Parroco l’ottantasettenne Pierre Suspize. Girando alle spalle della stessa ed alzando gli occhi verso la montagna ed il Borgo Vecchio, si può notare una piccola croce in ferro che svetta sul tetto di una costruzione a ridosso della casa parrocchiale; là era situata una cappella dedicata alla Confraternita di S. Ippolito che temporaneamente venne adibita a chiesa parrocchiale; in seguito l’edificio restante, sconsacrato e venduto, fu poi ereditato dai sigg. Barneaud, attuali proprietari.
Dovette sembrare molto riduttivo, limitato, persino avvilente officiare in una chiesa parrocchiale provvisoria come quella della Confraternita di S. Ippolito, al neo eletto Parroco di Bardonecchia, don Joseph Marie Vachet, tanto che si convinse ad intraprendere la costruzione della nuova chiesa: era il 1826, ma questa impresa la illustreremo in dettaglio un’altra volta!

È d’uopo rammentare che l’Alta Valle di Susa ed in particolare la conca di Bardonecchia e la Valle Stretta rimasero sottoposte al Regno di Francia dal 1446 al 1713 quando, dopo il Trattato di Utrecht, vennero assegnate ai Duchi di Savoia entrando a far parte, in seguito, del Regno con l’Unità d’Italia (1861). Tuttavia il Trattato di Parigi del 1947 passava la Valle Stretta di nuovo sotto la sovranità francese, come è tuttora, anche se la maggior parte di terreni e boschi restava di proprietà dei cittadini italiani del Melezet. Era quindi normale e del tutto naturale il bilinguismo, tanto che non è raro rinvenire negli archivi municipali documenti schematicamente stampati in italiano ma compilati in francese; d’altra parte ancor oggi la gran parte dei residenti ha cognomi francofoni. Ordunque il primo dei nostri magnifici sette nasce a Les Arnaud (o Les Arnauts), frazione del Comune autonomo di Melezet, il 31 maggio 1794 da Francesco Vachet ed Annamaria Vallory.
Studi classici ad Oulx, quindi la sua inclinazione ecclesiastica lo porta al Seminario vescovile di Susa. A tal proposito giova ricordare che le parrocchie dell’Alta Valle, prima sotto la giurisdizione di Pinerolo, proprio nel 1794 erano passate alla neo istituita Diocesi di Susa, retta dal suo primo Vescovo Mons. Giuseppe Francesco Maria Ferraris. A19 anni il giovane Vachet fu arruolato nella Grande Armata Francese in guerra, dove ottenne promozioni ed incarichi responsabili. Bloccato nell’assedio di Amburgo, in seguito prigioniero in Germania e quindi liberato, alla disfatta dell’Armata Francese rientrò nella sua terra natia. Su consiglio del Vescovo di Susa, Mons. Prin, riprese i suoi studi di filosofia e teologia presso il Seminario di Susa, venendo ordinato sacerdote il 29 giugno del 1819. Per due anni Rettore del Carmine a Melezet, in seguito alla morte del Parroco don Domenico Chalmas, nel 1822 veniva nominato successore del suo vecchio precettore.
Nei quattro anni della sua Prevostura al Melezet, ebbe particolare cura delle bellezze artistiche delle varie cappelle, a ciò indirizzato dall’esempio di un suo zio, l’Abate Antonio Orcellet, Parroco della Basilica degli Invalidi a Parigi, frequentato durante il suo soggiorno militare nella Ville Lumiere. Nel 1826 la morte di don Mathieu Roude lo porta a succedergli come Parroco e Vicario Foraneo di Bardonecchia.
Il 9 settembre del 1827 veniva posata la prima pietra, la pièrre fondamentale, della nuova chiesa; regnante re Carlo Felice che contribuiva con £. 3.800 di allora; Francesco Vincenzo Lombard Vescovo a Susa e Matteo Francesco Gerard Sindaco di Bardonecchia.
Non senza difficoltà ma con l’aiuto di tutti, parrocchiani compresi, l’opera fu portata a compimento da don Vachet.
L’ANGOLO DELLA CULTURA
Da sinistra: don E. Coda, don A. Fontan, mons. F. Bellando.
90
Nell’inverno del 1829 furono adattati all’abside della chiesa gli stalli del coro, artisticamente intagliati, provenienti dalla “liquidazione” dell’Abbazia di Novalesa, chiusa nel frattempo. È bene al riguardo ricordare, a testimonianza dell’enorme valore storico ed artistico del coro che ancor oggi, da poco restaurato, si può ammirare dietro l’altar maggiore della chiesa, che l’Abbazia di Novalesa fu fondata nel 726 da Abbone, governatore di Susa e della Maurienne, ed alla medesima Abbazia lo stesso Abbone assegnò “in dote” Bardonecchia ed il suo territorio.
Nel 1830 avviene l’ultimazione del nuovo campanile (quello vecchio risultava... troppo corto rispetto alla nuova chiesa), opera realizzata con l’autotassazione di tutti i bardonecchiesi oltre a 2.000 lire donate dal cav. Des Geneys.
Nel 1832 don Vachet, forse con le briciole che gli restavano dall’enorme sforzo finanziario per la costruzione della nuova chiesa, per il nuovo campanile acquista a Briançon un orologio che, innovazione tecnologica per l’epoca, batteva... anche i quarti, con buona pace del circondario! L’usura ed il tempo non lo hanno tramandato a noi, sicché l’attuale orologio non è quello di allora.
Anno del Signore 1833, il 14 del mese di luglio Mons. Pietro Antonio Cirio, Vescovo di Susa, consacra la nuova chiesa parrocchiale di Bardonecchia dedicandola ai Santi Martiri Ippolito e Giorgio.
L’ANGOLO DELLA CULTURA
91
Nel 1844 don Vachet riceve in dono dal cav. Giovanni Guiffrey da Parigi, suo vecchio benefattore per la costruzione della nuova chiesa, la porticina in oro del tabernacolo con lo stemma della famiglia de Guiffrey.
1857: inizia il traforo ferroviario del Frejus, geniale intuizione del solo G. F. Medail? Leggiamo cosa scrive  i suo pugno in proposito don Vachet:
L’ANGOLO DELLA CULTURA
Significando che: gli feci presente (all’ing. Beraud) delle conoscenze che avevo in fatto di geologia e delle osservazioni che ...
Non era quindi uno sprovveduto, ed ancora nello stesso scritto afferma:
Il tutto tradotto sta a dire: Il sig Giuseppe Medail, di Francesco, di Bardonecchia, imprenditore a Lione convenne con me che questo traforo non si poteva fare tra Bardonecchia e Modane, se non bucando la montagna del Frejus: l’ho esortato fortemente di fare un appunto da presentare al Ministero dei Lavori Pubblici...
Al modico prezzo di 4.500 franchi, nel 1862 fu commissionata la costruzione dell’ancora attuale organo alla Ditta Collino Padre & Figlio di Torino. Alla spesa contribuirono, oltre ad una pubblica sottoscrizione, il Vescovo di Susa Mons. Giovanni Antonio Odone e l’ing. Sommeiller direttore dei lavori del traforo del Frejus. Fu questa l’ultima realizzazione di don Vachet. Infatti nella notte tra il 20 ed il 21 agosto 1868 una o più mani sacrileghe ponevano tragicamente fine alla sua vita terrena con 12 pugnalate al fianco, nella sua stanza da letto.
Si dette la colpa a qualcuno dei duemila operai che lavoravano al traforo, ma questa è un’altra storia della quale contiamo di occuparci in seguito. È certo che la vita dell’operaio che tanto lavoro aveva fatto nella Vigna del Signore, non meritava un così triste epilogo. Il secondo dei nostri magnifici sette fu Jean Baptiste Tournoud, che succedette a don Vachet. Era originario del Puys e resse la parrocchia dal 1868 al 1900. Nel 1875 redasse una minuziosa e molto precisa Statistica del Patrimonio del Beneficio Parrocchiale di S.
Ippolito e di S. Giacomo in Bardonecchia, preziosissimo inventario ancor oggi ben conservato   negli archivi parrocchiali.
92
Il terzo dei nostri fu don Francesco Gallasso. Era originario di Giaglione e subentrò a don Tournoud nel luglio del 1900, accolto dalla popolazione con a capo il Sindaco Pellerin e tutto il Consiglio Comunale, mentre il Teologo Augusto Suspize, dopo la consegna della Sacra Stola, pronunciava un forbito ed inspirato discorso, come riportato dal Rocciamelone dell’8 luglio 1900. Governò la parrocchia dal 1900 al 1930 e non doveva essere un tipo tanto dolce se annotava nel registro parrocchiale nomi e cognomi di baldi giovanotti
del posto che si erano resi protagonisti di episodi poco edificanti (non era una novità già allora visto che la storia si è più volte ripetuta anche ai giorni nostri) non solo, ma bacchettava perfino le autorità competenti per la loro “tolleranza” o più verosimilmente per il loro immobilismo.
L’ANGOLO DELLA CULTURA
Non ci sarebbe da meravigliarsi se qualcuno ancora in buona salute si riconoscesse nei nomi così descritti da don Gallasso! Ma non è tutto, leggiamo ancora:
93
C’è ancora da aggiungere, per dovere di cronaca, che don Gallasso celebrò il VI Congresso Eucaristico Diocesano nel venticinquennale di Parrocchia. Il quarto fu veramente un magnifico! Infatti mons. Agostino Rousset succedette a don Gallasso nel 1930; in occasione del suo ingresso parrocchiale, dal Vaticano partiva un telegramma s di Benedizione Apostolica datato 8 novembre 1930, a firma di un certo... Cardinale
Pacelli, che da lì a 9 anni sarebbe salito al soglio Pontificio col nome di Pio XII.
Grande rilievo fu dato all’avvenimento: “La Valsusa” di quel tempo riportava con dovizia di particolari l’ingresso del novello Parroco in Bardonecchia, ricevuto dal Podestà Andrea Alemanno, dal cav. Bellando e dal sig. Amprimo quali delegati del Comune; cittadina pavesata a festa, cortei in costume, fiori e luci dappertutto; vermouth di rito al Municipio offerto dal Podestà, pranzo per 200 ospiti dai coniugi Amprimo, ricevimento e musica polifonica al Savoia del cav. Bellando; dopo le funzioni il “giro” passò al novello Prevosto che offrì un ricevimento alle autorità tutte, Banda e Polifonica compresi; dopo di che tutti fecero ...allegro ritorno a casa.
Mons. Rousset era nato a Beaulard nel 1887; alunno del Seminario di Susa, laureato in Teologia a Torino nel 1912, fu ben presto chiamato a Reggio Calabria dal fratello Mons. Rinaldo, Arcivescovo di quella città, dove ricoprì varie ed importanti mansioni. In seguito alle peggiorate condizioni di salute del fratello Arcivescovo, ebbe dalla Santa Sede la nomina di Protonotario apostolico ad instar participantium, supplendo così il fratello nelle varie mansioni episcopali. Fu pure l’anima organizzatrice del Primo Congresso Eucaristico Calabrese. Popolarissimo e benamato in quella Regione, morto l’Arcivescovo, mons. Rousset venne
chiamato a Roma quale addetto all’Ufficio Centrale dell’Azione Cattolica Italiana. Assistente dei Fucini dell’Alma Città, a lui vennero affidate delicate missioni all’estero. AMilano, trasferito quale Vice Assistente Generale della G.F.C.I., collaborò a varie riviste dell’A. C.I., peregrinando in tutte le regioni per conferenze, esercizi e sopralluoghi vari. Durante la sua breve prevostura, ebbe occasione di benedire il nuovo cimitero della cittadina, delegato a ciò dall’allora Vescovo di Susa Mons. Umberto Rossi con apposita concessione datata  23 giugno 1931 e ben conservata nell’archivio parrocchiale. Durante la sua prevostura, il censimento contava nella cittadina 1.550 maschi, 619 femmine, 432 famiglie, 2.167 cattolici ed appena 2 “acattolici”.
L’ANGOLO DELLA CULTURA
94
Nell’inverno del 1930/31 una spaventosa valanga si abbatté  sulla valle di Rochemolles, portandosi via molte giovani vite. ABardonecchia rimase fino al 1933, ben presto chiamato al più alto incarico di Vescovo di Ventimiglia. Ricevette la Consacrazione Episcopale proprio nella sua Valle e precisamente a Bardonecchia nella chiesa di S. Ippolito. Mons. Rousset non perdeva occasione per far ritorno tra i suoi monti, tanto che
1’8 maggio 1949, su delega del Vescovo di Susa Mons. Ugliengo “malato” proprio in quel giorno, sarà tra i suoi antichi parrocchiani per cresimare 102 ragazzi e amministrare la Prima Comunione ad altri 40.
La collana dei nostri magnifici sette continua con l’avvento del quinto, don Eulalio Coda, originario di Villarfocchiardo, che succedette nel 1933 a Mons. Rousset. Nel 1935 ripristina l’orologio del campanile; ripristina l’altare di S. Giovanni Bosco, rinforza la tribuna.
Nel 1939, per la modica spesa di £. 50.210,40, ricostruisce il tetto della chiesa sostituendo le lastre di pietra scistosa di Rochemolles con lose di Luserna. Ancora a don Coda si devono la perlinatura della sacrestia e le vetrate istoriate. I tristi avvenimenti bellici generano una lacuna ed un vuoto nella cronistoria della Parrocchia, di certo si sa che dopo essere stato promosso Canonico della Cattedrale di Susa, il 23 settembre 1944 don Eulalio Coda, debilitato fisicamente e psicologicamente, lascia la parrocchia di Bardonecchia
ritirandosi a Villarfocchiardo presso la casa natale.
Il 2 del mese di ottobre del 1944, don Alfonso Fontan di Exilles, valligiano DOC, Teologo e maestro elementare, è chiamato a reggere la Parrocchia negli anni di guerra fino al 1946. È il sesto dei magnifici sette. Primo Rettore della Cappella di Maria Ausiliatrice nonché Canonico Onorario della Colleggiata di Oulx. La sua aspirazione era però l’insegnamento e ben presto a questo ritornò lasciando la Prevostura ed il Vicariato di Bardonecchia al suo successore.
Il 6 ottobre del 1946, il Molto Reverendo Sacerdote Dottor Cavalier Francesco Bellando, nominato con Decreto vescovile Parroco e Vicario Forense di Bardonecchia, prende possesso della sede a lui destinata, distolto dalla brillante carriera diplomatica ecclesiastica cui era avviato a Roma. È l’ultimo dei magnifici sette e certamente uno dei più grandi. A lui si deve l’ampliamento della due cappelle laterali della chiesa parrocchiale.
Figura imponente, voce possente, cultura infinita e sopraffina... ma questa è storia dei giorni nostri che tutti conosciamo, tanto che non vogliamo influenzare il ricordo che ognuno di noi ha di don Bellando con impressioni personali.
Dopo ininterrotti 46 anni di servizio pastorale, il 7 ottobre 1992 veniva rapito al Signore. «È l’ora di andare» furono le sue ultime parole raccolte al suo capezzale da don Paolo Di Pascale, don Claudio Jovine e don Franco Tonda suo successore. Sulla parete della sacrestia rivestita in legno, dove spiccano ben allineati i ritratti dei nostri magnifici sette, c’è ancora tanto spazio... ma queste sono storie che altri racconteranno.
Anastasio Sciarrillo
95